Tratto dal taccuino americano Usa

Breaking news: la fine anticipata di una presidenza e l’uso dell’ostruzionismo

Ciò che in Italia è piuttosto comune nella fine anticipata della legislatura, negli USA rappresenta una novità. Di fatto con la questione del debito pubblico, la parte più decisa del partito repubblicano ha voluto vincere le elezioni adesso anzichè a novembre del prossimo anno.
La Presidenza obama è compromessa, la vera questione da decidere è chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, comunque di provenienza repubblicana.
Se a parole le grandi strategie sono facili da identificare entrare nel dettaglio è più difficile. Tre anni fa le menti più lucide seppero prevedere il fallimento dell’amministrazione in carica, per cui non c’è nulla di nuovo nel commentarne adesso, la vicenda però si complica perché:
a) nell’ambito della destra americana, composta sia dai repubblicani che esponenti dei “tea party”, troppo spesso i primi sono stati accondiscendenti con il governo di sinistra dell’attuale presidente, mentre si deve solo ai secondi, l’esasperazione della lotta fino alla messa in discussione delle capacità del presidente. In questo processo però manca una figura leader, nell’area repubblicana, che sappia unire le due fazioni. Sembra che l’unica in grado di svolgere questo ruolo sia la Signora Sarah Palin; le reali possibilità che possa far convergere su di sé il consenso, saranno da valutare a fine anno;
b) in casa democratica e con una presidenza agonizzante, considerato che non è possibile nell’ordinamento costituzionale statunitense un anticipo delle elezioni, c’è lo stallo politico in un momento che è il meno indicato per la nazione e tutti noi.
A ben guardare quanto preoccupa non è affatto il cambio d’amministrazione ormai scontato ma:
– come ha fatto un personaggio politicamente vuoto come obama a diventare presidente, utilizzando leve di psicologia di massa (yes we can) enucleando ciò che gli specialisti chiamano “fenomeno collettivo”;
– chiunque abbia la responsabilità della guida del paese ha un problema di fondo: educare l’America a spendere di meno, dimagrire e consumare anziché sprecare. Qui si tratta di una rivoluzione sociale in un grande processo d’educazione di massa, di cui però non si vedono gli anticipi in nessuna forza politica statunitense.
Fin qui la corrispondenza dagli USA, ma quali lezioni trarre da questa vicenda d’ostruzionismo, finalizzata all’eliminazione politica del presidente? Penso alle imprese italiane. Rivedo con gli occhi della memoria alcune pubblicità lette sulla stampa economica nazionale:
– “inizia la lunga marcia dei consumi in Cina”;
– “anche tu puoi investire sulla Mongolia”;
– “La Danieli che su 120 milioni d’investimenti, 90 sono all’estero e solo 30 in Italia.
Questi titoli vanno confrontati con altri:
a) corre l’inflazione in Cina: + 6,4%
b) rischio di rivolte popolari in Cina per il forte aumento dei prezzi alimentari.
Mettiamo a confronto 2 ostruzionismi. Da una parte un paese vuole liberarsi di un Presidente eletto per errore, dall’altra abbiamo i più bei nomi dell’industria italiana, che hanno “sposato” la Cina senza chiedersi nulla su questo paese. Si sono dimenticati che è una dittatura, che si sta armando per governare una parte del mondo (è il punto debole di tutti i dittatori) che sta per essere divorata del suo stesso male: l’economia che si ammala e produce inflazione, senza dimenticarsi gli scricchiolii da collasso sociale, la cui origine nasce da quello stesso subbuglio partito da Tunisi con destinazione Pechino.
Il punto è; quando si decidono gli investimenti all’estero, si soffre di una miopia clamorosa che limita le prospettive al solo campo economico. Laddove fra qualche ora, per esempio, fosse dichiarato un default negli USA (per poi qualche giorno dopo trovare l’accordo, però intanto il colpo al presidente è arrivato, compromettendo la sua elezione il prossimo anno) l’intero quadro sociale, economico e culturale, del mondo, viene modificato. Perché i nostri imprenditori sono così ostruzionisti nel considerare appena un aspetto dei tanti da studiare? Almeno l’impuntarsi dei tea party ha un senso, ma buttare soldi dalla finestra, investendo in ciò che non si capisce, che prospettive potrebbe avere? E’ probabile che gli staff decisionali delle nostre imprese siano formati da persone troppo giovani o poco informate o ancora unilateralmente indirizzate su alcuni aspetti, laddove la globalizzazione richiede una globale capacità d’analisi e osservazione. Questa attualmente non c’è, il che ci fa giocare una partita senza conoscerne le regole. Leggendo una recente intervista del Presidente dell’Acimit, Sandro Salmoiraghi questi dichiara: ormai andiamo a scovare la crescita negli angoli più remoti della terra, in Mongolia, Uzbekistan, Kazakhstan”. Il problema è che lo sviluppo non è un fatto squisitamente economico ma politico quindi culturale, ecco perché le imprese tedesche si muovono accompagnate dal governo. Considerare solo la parte economica, di un processo di sviluppo, significa sedersi a tavola senza fame; è uno spreco.
Tornando agli USA, la partita è far passare il paese attraverso una purga per disintossicarlo, dall’altra parte, da noi, c’è chi propaganda l’investimento in Mongolia senza minimante porsi il problema di stabilità per quelle aree.
Si parla di “rischio paese Italia”, alla faccia! E del rischio paese Cina che dovremmo dire? Infatti sul collasso sociale cinese stiamo scrivendo dei libri non di narrativa ma saggistica, storia, sociologia e antropologia. Però il ragionamento sull’ostruzionismo non sarebbe completo se non includessimo anche le riunioni condominiali, le vertenze sindacali, i litigi e incomprensioni di coppia, che ci vedono quotidianamente protagonisti di una presa di posizione vuota e sterile, finalizzata solo a dichiarare che esistiamo, indipendentemente dal suo valore. Certo le prese di posizioni “storiche” hanno un senso fondante, nei rapporti personali-privati e professionali, ma il più delle volte sono solo espressione di protagonismo della domenica.
La domenica, ecco l’unico giorno dove dovremmo riflettere, ma corrisponde, in termini di grandezza su un anno, alla dimensione del progresso cinese misurato su un secolo. Si tratta di un “foruncolo della storia” gonfiato dalle necessità dell’Occidente. Vale la pena investire impianti e speranze su qualcosa che passa e va perché costruito su una dittatura, ovvero la sabbia della storia?

Lo scopo del taccuino americano Usa è quello di prendere spunto da aspetti diversi e riordinarli in un ordine d’idee che sia utile a riunire 2 facciate della personalità umana: quella personale e professionale.

Mi spiego. Nell’era moderna la personalità degli Occidentali e comunque società evolute (non sono tutte quelle che rispondono ai 9 assetti culturali esistenti nel mondo) si è scissa almeno in 2 aspetti che generano un senso di solitudine e di non appartenenza da cui un disagio generalizzato. Il taccuino americano Usa risponde a questa necessità offrendo spunti e ragionamenti.

Foto tratte dal taccuino americano Usa: deserto di Sonora in Arizona all’alba

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