Sulle cartelle esattoriali va notato come la riflessione sia scaduta da un piano di giustizia a quello peggiore della politica.

Gentile prof Fornero, sono stato Suo allievo per microeconomia; Lei mi ha formato come economista qualche decennio fa. Mi spiace leggere le Sue parole a sfavore dell’applicazione della giustizia sulle cartelle esattoriali. E’ quindi necessario che Le rammenti:

  • in Europa, dove l’intera sinistra “ambisce” ad avere un ruolo, vige la circolazione del contante a 10.000 euro e le cartelle esattoriali valgono 3,5 anni. In italia siamo fermi a 5mila per il contante e le cartelle esattoriali sono ancora in attività dal 1999;
  • Lei è stata al Governo, ma nulla ha fatto sull’argomento, perchè ora vuole correggere il lavoro degli altri?
  • una cartella esattoriale spesso nasce con un automatismo che pochi conoscono, in pratica è lo Stato che vuole assolutamente partire con la cartella esattoriale in forma pregiudiziale, motivo per cui ce ne sono 16 milioni in giro su 55 milioni d’italiani residenti (più 5 milioni d’immigrati con carta d’identità e altri 5 milioni a piede libero – clandestini);
  • la presenza di un debito verso lo Stato, nei termini di una cartella, comporta il sequestro del 100% del reddito del lavoratore (che non essendo dipendente emette fattura come partita IVA) mentre a un dipendente è possibile sequestrare non oltre un quinto del suo reddito;  perchè c’è questa differenza che penalizza il lavoratore a partita Iva?;
  • non solo, la sola cartella “autorizza” il fisco ad inviare decine di comunicazioni per il sequestro presso terzi che hanno lo scopo reale di far perdere la fonte di reddito di quel momento azzerando ogni lavoro ottenuto; quindi si dovrà ricominciare con altri clienti ancora e ancora;

Francamente, una situazione di questo tipo, in essere da 24 anni (considerando quelle cartelle più vecchie) lascia molto perplessi sulla corretta applicazione della giustizia. Le hanno mai detto, Prof. Elsa Fornero che esiste il fine pena?

Sulle cartelle esattoriali serve il fine pena dove anche il tempo è denaro.