Stagista da sfruttare e sottopagare; questa è la prassi da Medio Evo della civiltà, che il sistema aziendale sta applicando da qualche anno a questa parte.

Chi ha permesso che una buona idea diventasse pessima nella sua applicazione? Non ci sono dubbi! Dal governo del Renzi (quello non eletto da nessuno eppure ha governato!) fino al governo Conte (ancora non eletto da nessuno).

L’Italia, grazie ai Presidenti della Repubblica Napolitano e Mattarella, ha ormai, una triste tradizione. I Capi di Governo sono privi di legittimità politica, perché eletti da nessuno, ma imposti dal Capo dello Stato, violando il dettato della Costituzione. E’ accaduto con il Prof. Monti, poi con il Sindaco dFirenze il Renzi e ora con l’avvocato Giuseppe Conte. 

Chiarito chi ha la responsabilità della pessima gestione degli stagisti nel sistema d’impresa, s’arrivi al nocciolo.

E’ stagista chi svolge 40 ore alla settimana, pagato 400-600-800 euro al mese contro i 1.200 di un apprendista o i 1400/1.500 di un operaio. La differenza l’intasca l’azienda come “lavoro in nero” legittimato. Caspita che razza di Confindustria che abbiamo nel Paese se s’approfitta dei ragazzi per far quadrare i conti.

Giulia Carlini è mia figlia, è stata sfruttata come stagista dal marchio Percassi. Ovviamente ha svolto 40 ore alla settimana per 6 mesi con grande passione a 600 euro al mese. Questo è un furto legalizzato. E’ colpevole l’azienda ed è colpevole lo Stato quindi il Governo.

COSA SI DOVREBBE FARE PER AVERE DIGNITA’ NELLA CORRETTA GESTIONE DI UNO STAGISTA?

In nome dello spirito della legge (che oggi è stato tradito) lo stagista dovrebbe ricevere una busta paga UGUALE all’apprendista. La differenza è che a quest’ultimo sono garantiti 3 anni prima di confermarlo (il 54% perderà il posto di lavoro quindi non sarà rinnovato). Il motivo del non rinnovo è che l’azienda lucra sui mancati oneri sociali versati all’INPS che ce li mette lo Stato.

E’ conveniente all’impresa prendere altri apprendista e lucrare ancora sui contributi che la legge consente non si versino. Il punto debole del meccanismo è che l’azienda può rinnovare all’infinito i contratti d’apprendistato senza subire alcuna contestazione da chi dovrebbe controllare la corretta applicazione del contratto d’apprendistato.

Sarebbe saggio che invece l’impresa, che non rinnova il contratto d’apprendistato, debba attendere almeno altri 3 anni prima d’assumere un nuovo apprendista.

Detto questo sul contratto d’apprendistato, lo stagista non può contare su 3 anni limitandosi a 6 mesi rinnovabili.

Anche in questo caso per lo stage sarebbe sano non permettere altri contratti se non dopo 12 mesi dal mancato rinnovo dell’ultimo stagista. La naturale evoluzione per uno stagista sarebbe di transitare dopo 12 mesi di stage nel contratto d’apprendistato.

Chiariti gli aspetti normativi del contratto di stage, quelli che non esistono ancora per carenza di diritto, lo stagista (come l’apprendista) rappresentano il FUTURO DELL’IMPRESA.

TRATTARE A PESCI IN FACCIA E ABUSARE DI UN “FIGLIOLO” SIGNIFICA ALLEVARE IN CASA UN NEMICO.

Le imprese sono così fragili che certamente non hanno bisogno di nemici che “sputtanano” l’azienda tra il sociale virtuale (social) e nel passa parola.

Lo stagista VA ALLEVATO E SENSIBILIZZATO AL PRODOTTO E ALL’AZIENDA QUALE FUTURO CONSUMATORE. 

Per avere stagisti e apprendisti, serve obbligatoriamente una politica d’educazione al prodotto, che si sommi alla formazione al lavoro obbligatoria per i secondi. Chi, come azienda, non è capace di svolgere questa funzione di sensibilizzazione verso lo stagista e formazione all’apprendista, può anche scomparire dal mercato, non la rimpiangeremo.

Concludendo:

  • lo statista va equiparato all’apprendista in termini retributivi;
  • il mancato rinnovo del contratto di un apprendista, deve comportare una penalizzazione per l’azienda (3 anni senza altri apprendisti)
  • la mancata trasformazione del contratto di stagista in apprendista, dev’essere penalizzante per l’impresa (12 mesi senza altri stagisti)
  • lo stagista va educato al bisogno del prodotto che l’azienda produce;
  • l’apprendista va formato al lavoro come prevede la legge;
  • per entrambi serve una POLITICA DEL PERSONALE che trasformi questi ragazzi in esteti entusiasti del marchio aziendale. Se i propri dipendenti non acquistano il prodotto d’azienda è dura imporlo sul mercato. Anche in caso di un’acciaieria, essere orgogliosi di far parte dell’azienda è come “comprarne” il prodotto specie se l’azienda ne assume i figli. Un’accorta politica del personale ne contrae i costi di gestione tra l’8 e il 12%. Gli imprenditori che sanno fare i conti sulle spalle dei ragazzini (che coraggiosi!) usino il pallottoliere per capire quanto guadagnerebbero se si dotassero di un direttore del personale.