Si apre una stagione complessa. Rapporto Stampi al 10 ottobre 2011

Le attuali condizioni di mercato
Quanto emerge in ottobre, dalle rilevazioni della Ucisap, è un quadro critico su tutti i fronti; né consola vedere che i prezzi mantengono le loro quotazioni, considerando le prospettive d’inflazione che ci attendono nel futuro. Sicuramente se a settembre il calo più pronunciato ha coinvolto i preventivi, (- 30,5%) oggi se ne vedono gli effetti sugli ordini (-34%)

Le prospettive a sei mesi
Le previsioni a sei mesi sono peggiori rispetto ottobre, determinando un contesto critico dal quale se ne esce solo con un eccezionale scatto d’energia e fantasia organizzativa.

I dati di ottobre
Esaminando i dati reali, non ci sono modifiche da segnalare sull’orario medio settimanale per addetto, sia per piccoli che medi e grandi stampisti. Le stesse dinamiche emergono per il carico di lavoro in settimane. Come dire: la crisi c’è ma non si vede.
Studiando i dati d’ottobre dell’Ucisap
Ecco sinteticamente come si presentano le analisi dell’Ucisap

Ottimisti o pessimisti?
L’ordine di squadra è quello di commentare i diversi scenari del mercato, ma sempre con una vena d’ottimismo. Il rischio è che questo “stile” possa essere non educativo. Qui il punto non è essere ottimisti o pessimisti, ma realisti! I dati presentati in questo appuntamento mensile d’analisi sul mercato sono pessimi. Il punto però non è se questa tendenza riguarda solo settembre potendo cambiare in ottobre, al contrario, si apre un periodo molto lungo e difficile. Che senso ha dire il contrario quando non è vero? La soluzione dei problemi non è mentire sulle prospettive, al contrario organizzarsi! Del resto dai dati della Cerverd, (14 settembre 2011) negli ultimi 6 mesi, chiudono 40 imprese al giorno.
E’ venuta l’ora di tirare fuori ogni cosa di cui si è dotati anche perché i tempi per farlo successivamente non ci saranno.

La reazione alla crisi
Per reagire a qualcosa bisogna capire che cosa sta accadendo, dopodiché è possibile studiare le soluzioni. In linea di massima i grandi problemi oggi delle nostre imprese sono la lotta agli insoluti, da cui una crisi di liquidità. Non basta, associato a questi aspetti c’è un mercato che non sostiene il bisogno di fatturare e la piccola dimensione delle nostre imprese per agire sui mercati internazionali.
Queste 4 voci dovrebbero raccogliere la massa delle criticità che soffrono gli stampisti oggi. A ben guardare andrebbero aggiunti anche altri aspetti, quali la scarsa attitudine in ricerca & sviluppo (perdendo i connessi fondi stanziati dal Governo) e una fragilità patrimoniale delle imprese.

Un problema culturale
Quando si parla di patrimonializzazione d’impresa il problema si fa culturale. Vuol dire che in genere i nostri imprenditori utilizzano l’impresa come un lavoro da cui trarre sostentamento e benessere privato. Se questo aspetto è più che comprensibile, in realtà anche l’impresa è una “persona” benché giuridica (indipendentemente se sia di persone o capitali) e, come tutte le persone ha le sue necessità, quindi ha bisogno d’investimenti e patrimonio. Mettere un atleta in cura dimagrante, pretendendo che sostenga con successo una gara sportiva, non è la migliore delle strategie. Ne consegue che il ritiro degli utili dall’impresa è una procedura non corretta se si desidera dare all’azienda maggiore possibilità di resistenza nel tempo. Al contrario è contabilmente più corretto che il datore di lavoro sia stipendiato dalla sua azienda, mese per mese, anche se questo, in alcune tipologie d’impresa, potrebbe comportare un apparente maggiore aggravio di contributi. Il punto di vista di questa rubrica è però rivolto all’impresa, che va sostenuta anziché solo utilizzata.

Il primo problema: la lotta agli insoluti
Un insoluto deriva sempre da una scelta che un’impresa in crisi deve operare, non avendo liquidi a sufficienza per onorare tutte le scadenze. Se questo è comprensibile, vanno rispettati quei debitori che per tempo, con precisione si fanno vivi chiedendo la remissione della fattura in pagamento. Chi al contrario resta “muto” merita una durissima reazione.

Secondo problema: la crisi di liquidità
Ammettiamo che un componente della famiglia dell’imprenditore stia male. Ovviamente ogni energia è indirizzata verso questo dramma. Onestamente qual è la differenza tra una persona fisica della famiglia che soffre, con quella di una persona giuridica in pari difficoltà? Quando si svolge questo paragone, molti spiegano che c’è una differenza enorme tra il familiare e l’azienda. Se questo è comprensibile e condivisibile, sul piano umano, è anche importante, (si torna al discorso culturale) riabilitare il valore dell’impresa nella famiglia imprenditoriale italiana, pur convenendo che la perdita di un caro non è confrontabile con il fallimento dell’azienda, dal quale c’è comunque un ritorno e una riabilitazione per riprendersi in una nuova attività.

Terzo e quarto problema: siamo piccoli e non globalizzati!
Qui si rischia d’affermare l’ovvio. L’unico argomento veramente intelligente da proporre sono i cosiddetti “contratti in rete” attraverso i quali, pur mantenendo l’indipendenza sostanziale, ogni azienda può fare “massa” con altre, per agire sia sul campo della ricerca che dell’internazionalizzazione, risparmiando su tasse pagate in meno (in realtà accantonate e patrimonializzate) Questo strumento va capito e applicato, anche perché è l’unico mezzo effettivo per poter, in questa fase storica, reagire alla crisi.

Il quinto problema: ricerca e sviluppo
I finanziamenti per questa necessità ci sono, non è vero che manchino, il punto è costruire le effettive condizioni per utilizzarli. E’ anche vero che la crisi di liquidità delle nostre imprese, non si risolve con questo tipo d’interventi.. Però da qualche parte si dovrà anche iniziare! Sulla ricerca e sviluppo va sottolineato come ogni giorno, le nostre imprese applichino qualcosa che hanno “inventato”, loro stesse, ma che ormai, entrato nel quotidiano, non ci si fanno più caso. Per scoprire queste nicchie d’invenzione/miglioramento è saggio far visitare l’impresa a un ingegnere in automazione o di processo, per sottolineare quanto il normale sia eccezionale e valorizzarlo.
Buon lavoro