Se il nemico lo hai in casa. Considerazioni di fondo sempre valide.

Se il nemico lo hai in casa siamo nei guai. A fronte di un mio articolo sul bisogno di cambiamento dei manager nel settore siderurgico italiano la Signora Claudia, un imprenditore, afferma: i nostri manager restano nel ruolo mediamente 25 anni. Ecco il guaio aggiungo. E’ chiaro il titolo di questo studio: se il nemico lo hai in casa intesi in tal senso quegli stessi manager che dovrebbero aiutare l’impresa.

La critica coglie non solo il manager come figura che è solitamente appassionata al suo lavoro. Si tratta di tutte ottime persone. Il guaio è che lavorano ma non pensano. Invecchiano ma non studiano. Lottano ma non ragionano. Dovremmo rendere migliori queste armi da guerra.

Al di là delle battute iniziali serve fare il punto. Con la lettrice dell’articolo già pubblicato dal titolo “Un argomento difficile”, ci siamo chiesti il perché l’Italia sia vista in forme diverse. Promettente per i grandi gruppi della siderurgia mondiale (d’estrazione tedesca). Deludente per gli operatori del mercato.

Qui si apre un grande dibattito: il mercato italiano è sicuramente poco trasparente. Non è finita, aggiungo gravato da una categoria di manager e imprenditori a basso ricambio.

L’osservazione che ho già scritto è stata: un manager, solitamente esaurisce la sua carica di produzione d’idee in un periodo massimo di anni 3. Questo accade in assenza di un percorso formativo costante. Il manager che non si forma nel tempo va cambiato. La Signora Claudia si domanda: quanti soldi dovrei investire per formare un manager sapendo che non lo fa nessuno?

Sulla questione di quanti soldi costa avere idee, nascono diverse considerazioni. Il mese scorso, in aprile presentai su questo sito SIDERWEB uno studio con allegato il “carlini 16”, ovvero un documento che collega il fatturato al numero dei dipendenti.
Ovviamente i dati contenuti in quel documento d’excel non sono affatto messi a caso, ma derivano da una domanda che un imprenditore mi ha fatto e a cui ho risposto, costruendo lo schema.

Esiste un rapporto ben preciso tra fatturato e dipendenti, che si chiama produttività del lavoro. Senza ripetersi in quanto già scritto, abbiamo descritto la percentuale d’incidenza sul fatturato del costo industriale del personale al massimo il 15%. Non solo. E’ stato anche spiegato che la singola unità lavorativa, mediamente dovrebbe produrre almeno 6 volte di più quanto è il suo costo del lavoro. Con queste premesse è raggiunto il punto di pareggio.

Rispolverati i concetti di base la domanda è quanto deve rendere un manager?

Ritengo che un “direttore” non debba solo applicare qualcosa che altri, più in alto nella catena di comando, hanno già deciso. Se così fosse non avremmo un manager ma appena un quadro. Il manager deve pensare, creare, trovare nuove idee e applicazioni da sperimentare, andare avanti, tornare indietro, studiare. A questo “diavolo a quattro” l’imprenditore assegna un tema e il manager cerca le soluzioni.

Un profilo di questo tipo è ad “alto esaurimento” nel senso che mangia idee, produce idee, consegna idee.

Tutti gli altri che sono abituali nel loro “tran tran” non sono manager, ma quadri e vanno pagati di conseguenza.

Un direttore del personale, ad esempio, incarna la politica del personale tesa a ridurne i costi e alzarne la produttività.

Un direttore commerciale, si chiede dove andare “a sbattere la testa” per spuntare quel 1% di fatturato in più.

Il responsabile della produzione non conduce soltanto l’attività di uno stabilimento ma ne analizza la contrazione dei costi, il riutilizzo delle energie etc.

Se un manager “vuole” tenersi il posto per 10 o 20 anni che problema c’è? Studia, cerca, pensa, legge, crea idee, le sperimenta, sbaglia, torna indietro e ricomincia da capo. Questo è un capo! Gli altri rientrano nella fattispecie se il nemico lo hai in casa.

La redditività di un manager, se per i dipendenti è pari a 6, da un produttore di idee c’è da attendersi almeno 10 o 12 volte il suo costo industriale.