Non si può tornare indietro è un concetto errato che si sente spesso. In realtà quando ci si rende conto di sbagliare SI DEVE tornare indietro!

Non si può tornare indietro è un concetto che si sente spesso quando si discute di abuso del web o di globalizzazione. Sorge una domanda. Perchè non si possono rivedere le posizioni sbagliate e correggerle? Questa posizione nell’assenza di possibilità di revisione e di critica è tipica della globalizzazione tesa a togliere confronto. E’ tipico del momento storico che si chiama “globalizzazione” annullare il libero dibattito usando le solite copertine di rito di fascista-populista etc. In realtà quando ci si accorge che la direzione è sbagliata serve immediatamente una revisione.

In realtà dagli anni della Prima guerra mondiale in poi è stata introdotta nella società occidentale il concetto di “fretta”. Le motivazioni sono comprensibili. Per secoli l’Occidente è rimasto incastrato in un senso religioso e politico oppressivo iniziato dal Maedio Evo e concluso appunto con il primo conflitto mondiale. Lo svecchiamento della società ha portato un’accelerazione in ogni cosa nel tentativo riuscito di vivere più vite in una. La “fretta” ha permesso di vivere più volte la stessa esistenza. Si pensi solo al tempo di trasporto sull’Oceano Atlantico tra l’Europa e il Nord America passato da 7 giorni di navigazione a 6 ore di volo.

La fretta ha quindi permesso di vivere di più e decisamente meglio rispetto al passato.

Come in tutto nella modernità però c’è un problema. A fronte di concetti validi, oggettivamente inoppugnabili, c’è anche una parte non corretta. Come dividere “la parte giusta da quella sbagliata”. Questa complessità è il vero problema della modernità e della globalizzazione.

In questa ardua selezione tra corretto e sbagliato, nello steso concetto, sopravvive il mito del non si può tornare indietro. Il non si può tornare indietro è un concetto che diventa oggi in questo modo pietra angolare tra l’arretrato che non VUOLE rivedere le posizioni e l’evoluto che non teme in confronto. Per questo ringrazio Brexit e Trump come elementi di svecchiamento e rinnovamento per una globalizzazione sbagliata.