Marketing interno: chi lo può applicare con profitto e bassi costi operativi

Un’impresa, condotta da giovanissimi fratelli, dichiara d’essere “solidale”. Per la precisione un’azienda coesiva come oggi si vuol dire. Nel precedente articolo qui pubblicato sul marketing interno, si è già discusso quanto la novità in realtà non sia poi tale.

Marketing interno: la vendita è a rischio se i dipendenti non sono i primi consumatori.

Impresa coesiva: quell’attività che relaziona con più settori, enti, fondazioni e organizzazioni. In pratica la coesiva realizza una rete di rapporti e relazioni sociali. 

Considerato il punto di vista di un giovane, ovviamente la coesiva coglie la sua idea di socialità. La coglie talmente tanto, da apparire più moda che sostanza. In realtà questa applicazione allargata del marketing interno ha il suo valore. Il guaio è che dovrebbe essere gestita da un direttore di marketing. Per la precisione è saggio che questo manager sia un sociologo dei consumi. Ovviamente tale ultimo concetto non è stato recepito da nessuna azienda italiana. Ne consegue che la tecnica, senza il tecnico, resta esposta a risultati interessanti, ma non eccelsi. Detto ciò, il motivo di questo studio è un altro.

Tornando all’impresa diretta da 2 fratelli molto giovani, che si dichiara con orgoglio coesiva, emerge il bilancio. C’è un deficit. Per il secondo anno di seguito, quest’azienda chiude in rosso. A questo punto serve fare chiarezza.

Spendere 60mila euro per essere coesivi su un fatturato di 350mila euro è stupido. Anzi criminale!

Quanto è possibile investire nel marketing interno?

Per esperienza è corretto un investimento non superiore al 4% del fatturato. Nel caso qui esaminato la cifra sfiora il 20%. Concettualmente investire il 20% si potrebbe anche fare. Ovviamente entro 2 anni il nuovo valore di fatturato dovrà ridimensionare l’investimento.

Auguriamoci buon lavoro (e buona fortuna) applicando le più audaci procedure di marketing.