Imprenditori stanchi, studi del prof Carlini sulle patologie aziendali.

Recentemente vengo in contatto più frequentante rispetto al passato, con imprenditori stanchi. Chi è questo soggetto? Si tratta di belle figure dell’imprenditoria italiana, che hanno segnato un’epoca. La loro età si colloca tra i 50 e i 60 anni. Sono pieni di vita, progetti e idee, ma quando vengono posti di fronte al nuovo si spaventano. Mi spiego. Finché “il nuovo” percorre le strade già note va tutto bene. Nel caso questo “nuovo” fosse assoluta novità, l’imprenditore si stanca!

Per assoluta novità si parla di:

  • smettere d’essere solo commerciali e passare anche all’ingegnerizzazione;
  • brevettare le innovazioni create;
  • lanciare sul mercato questo nuovo stato dell’arte;
  • vendere soluzioni al posto dei solo prodotti;
  • ingegnerizzare il singolo prodotto con soluzioni mai adottate. Oppure già lanciate sul mercato, ma mai con l’apporto di specialisti di marketing;
  • avere un’interfaccia web che vada oltre il solo sito;
  • introdurre in squadra degli specialisti al posto del “faso tutto mì“. Si parla di un direttore di marketing. Un direttore commerciale. Un ingegnere. Un Direttore del personale dai 30 dipendenti in poi;
  • portarsi all’estero con frequenza, quindi internazionalizzarsi;
  • avere il coraggio di ricorrere alla finanza agevolata;
  • delocalizzare nel territorio nazionale (in Sicilia ad esempio);
  • smettere di fare le cose perchè abituati a muoversi solo in quel modo;
  • muoversi almeno con un piano di marketing;
  • applicare criteri di controllo della spesa collegati al piano di marketing;
  • discutere ogni mese gli scostamenti di fatturato dal budget;
  • imparare a considerarsi relativi al mercato;
  • imparare a saper utilizzare la pubblicità con criteri di sociologia dei consumi;
  • collocare la pubblicità in una TAM (tendenza annua mobile).

Ebbene, il rinnovamento aziendale impostato sulla novità assoluta, stanca le menti degli imprenditori maturi. Nasce il fenomeno degli imprenditori stanchi.  

Tutto sommato per gestire un’azienda, oggi, “serve la patente”. L’attuale generazione d’imprenditori non è neppure laureata, essendosi guadagnata i galloni per dirigere sul campo. Questa capacità è però un’arma a doppio taglio. Imparare dalla pratica spesso sterilizza la creatività anzichè renderla terribilmente pratica, in un mondo cambiato. E’ come star male e credere di potersi curare da soli.

Certamente serve un apporto professionale alle aziende, ma qui emerge un altro terribile limite.

Certo che servono specialisti, ma tali sono quelli con almeno 25 anni d’esperienza. Un direttore di marketing non è un giovane laureato! E’ direttore di marketing almeno un cinquantenne. La caccia è aperta.