Criteri di selezione del personale in un’epoca di crisi

Criteri di selezione dei nuovi dipendenti. Spesso in azienda si discute di criteri di selezione del personale. Francamente non c’è un modo valido per tutte le realtà, perché questo andrebbe calibrato, non tanto alle sole dimensioni quanto soprattutto alle ambizioni dell’azienda.

Mi spiego. La grandezza dell’azienda non è un criterio di selezione; al suo posto contano tantissimo sia le prospettive che gli stili di direzione. Un’impresa familiare, ha certamente un profilo operativo diverso dalla multinazionale imponendo un modo di fare specifico. Ad esempio, nella dimensione padronale, i titolari apprezzano moltissimo quel personale che relaziona con loro direttamente e più volte al giorno confrontandosi su tutto, atteggiamenti che non sarebbero graditi e possibili in imprese di medie e grandi dimensioni. Questi piccoli particolari, se considerati insieme, modificano i canoni di ricerca, ed è qui che serve comprendere la tipologia delle personalità da reclutare per ipotizzarne la compatibilità.

Il selettore, in fase di colloquio, sarà opportuno che chieda sempre al candidato: ha capito in che tipo di realtà aziendale si trova, ha visto il sito web ed è in grado d’immaginare la storia dell’impresa e il valore della famiglia che l’ha fondata?

Ci si rende conto, con un’impostazione di questo tipo, di dare fastidio alle agenzie di ricerca personale che non praticano molti distinguo, però quanto qui descritto sono concetti semplici normalmente disattesi. L’ovvio è così scontato che non lo segue più nessuno (ecco una delle radici della crisi sociale e poi anche economica).

Entrando nel merito, prima di un processo di selezione è necessario chiedersi:

a) quale sia il tipo d’impresa e le sue ambizioni;

b) è veramente necessario coprire la posizione?

c) un confronto tra costi ed efficacia del ruolo. Sul prezzo dell’assunzione (in forte contrazione rispetto al passato) ci sono pochi dubbi, ma sulla resa dell’impiego serve chiedersi se l’azienda si sia mai dotata di un minimo di “politica e valorizzazione del personale”. Quante volte accade di trovare “la persona giusta” che scappa via, appena vede dove dovrebbe lavorare!

d) convincersi che in questo ambito è importante non fossilizzarsi sul quanto costa una figura ma, al contrario, quanto apporta in idee, concetti, freschezza e gaiezza nell’ambiente di lavoro.

Chiarite le premesse, ecco degli spunti basati sull’esperienza di selezione. La riflessione è calibrata su un personaggio in stage, già presente temporaneamente in azienda, per cui va deciso se confermarne il contratto.

IL PRIMO PASSAGGIO

Osservando l’attività svolta in prova dallo stagista/apprendista è necessario chiedersi: svolgendo la mansione assolta più o meno bene, la incarna o semplicemente la esegue? Con questa domanda si apre una divaricazione netta di valutazione, basandosi sulle componenti comportamentali del candidato all’assunzione. Spiegandosi meglio: il personaggio lavora perché a fine mese riceve una busta paga, oppure assorbendo la funzione che incarna?

Ad esempio. I liberi professionisti, in genere, sono dei professionisti che hanno acquisito la funzione dentro di loro vivendola intimamente. Sono personaggi che lavorano anche quando sono a casa e pensano a questioni d’impresa, pur giocando con i bimbi o passeggiando con la moglie senza per questo essere monotematici, frustrati o psicotici, questo perché il lavoro (quel lavoro) è la loro vita. Un personaggio del genere, in un’azienda familiare è perfettamente calato nel ruolo e rappresenta ricchezza pura.

Questo profilo comportamentale tende ad assumere un atteggiamento introverso e scontroso (apparentemente), perché è come se a “parlargli” fosse un fastidio, interrompendo il filo conduttore dei loro pensieri e ragionamenti.