Ma non sempre è raggiungibile uno sviluppo adeguato alle aspettative

di Giovanni Carlini

Per sfuggire alla morsa di una crisi sia interna che internazionale, le imprese puntano a rinnovarsi, il che è più che comprensibile. Ma molto più spesso di quanto si creda subiscono un fallimento: perché? Vediamo di mettere ordine.
Dalla crisi se ne esce solo con un profondo processo di rinnovamento, che significa rimettere tutto in discussione. Finché l’evoluzione riguarda dati oggettivi, come l’abbattimento delle emissioni d’anidride carbonica, la contrazione dell’energia necessaria per produrre o il recupero energetico, più o meno un accordo lo si trova sempre. Tutto sommato è una questione di studi, oltre che d’investimenti: basta individuare cervelli e linee di credito. Non facile, ma possibile.
Quando dal livello tecnologico si passa alle metodiche operative, quelle che intaccano le cose da fare, i tempi di reazione e le pratiche per raggiungere un nuovo standard, allora la probabilità di fermarsi o di dover accettare dei compromessi che riducano o mortifichino ogni processo evolutivo diventa altissima. In pratica, in questo caso la sintesi è: che tutto cambi intorno a noi, tranne noi.
Se le cose stanno in questi termini e la necessità di cambiare è strategica, allora non si può partire dai problemi per cercare le soluzioni alla crisi, ma dalla tipologia di persone che ci sono in azienda e quanto/come sono “stiracchiabili” (mi si conceda il termine) verso un diverso atteggiamento lavorativo. Gli uomini e le donne che hanno la fortuna (rispetto a tanta disoccupazione o incertezza lavorativa) di costituire il fattore umano aziendale, non vanno considerati “zavorra” nei processi evolutivi, ma quella parte critica e indispensabile senza la quale non ci sarebbe più nulla.
Quest’affermazione vuol dire una cosa molto semplice: ogni passaggio evolutivo richiede prima un lavoro sul popolo che incarna l’azienda.
Necessita spiegare loro dove si trovano e dovrebbero arrivare, in che modo, tempi e costi, ponendoli in guardia dai problemi che sicuramente sopraggiungeranno nel sentiero di crescita e come si pensa d’affrontarli o comunque monitorarli. Nel caso il processo di trasformazione non dovesse funzionare, è bene che tutti sappiano che il fallimento aziendale o un brusco ridimensionamento con perdita di posti di lavoro è un’opzione possibile (senza con questo essere disfattisti). Operativamente il consiglio è:
– iniziando dal fattore umano è saggio distribuire un questionario chiedendo di rapportare l’azienda al mercato (anche se pochi lo sanno fare non ha molta importanza, serve a produrre un sano disagio per portare a galla quel disinteresse che ci ha trascinati nella crisi);
– gli esiti di questo sondaggio non sono particolarmente importanti a livello di contenuti, ma l’azione ha il vantaggio di mobilitare le persone destandole da un sonno profondo. Il rischio, con queste considerazioni per chi legge, è d’essere ritenuto cinico, ma l’obiettivo non è quello di disprezzare, bensì d’insegnare ad apprezzare;
– dalla partecipazione delle persone (teorica) matura il momento in cui un comunicatore – colui che sappia esprimere in poche parole concetti articolati facendosi capire – spieghi il progetto di trasformazione, chiedendo il contributo e le idee ai dipendenti;
– quanto qui descritto funziona solo se la proprietà ha le idee chiare o comunque un progetto da seguire. In caso contrario quanto indicato non è credibile e il rischio che si trovino progressivamente spiazzati sia l’impresa che i dipendenti, è molto alto. Nel caso si stia arrancando senza un’idea precisa, ma con l’impellente necessità di rispondere alle sollecitazioni del mercato, in effetti ci sarebbe una soluzione: una grande ma grande e grandissima apertura mentale, adattandosi (navigazione a vista) ai diversi passaggi e mutamenti, previsti o no;
– una volta assicurati questi step, il fattore umano assume il ruolo di sentinella e avanguardia del cambiamento, pretendendo che si vada avanti.
Da questo momento in poi è possibile passare agli aspetti tecnici, sapendo che i costi gestionali saranno inferiori a qualsiasi parametro di misura. Buon lavoro.