Biotestamento frutto della mentalità di possesso della vita.

Il biotestamento recentemente approvato come legge in Italia nasce, da una mentalità molto particolare. Peccato che questi aspetti di fondo NON siano stati analizzati correttamente. Come al solito si corre alle conclusioni senza analizzare la radice stessa del problema. Discutere di biotestamento significa aver risolto a monte in problema etico di fondo. Siamo proprietari della nostra vita oppure l’abbiamo ricevuta solo in gestione?

Non si tratta d’essere religiosi oppure no, il concetto è più profondo. Ecco un esempio per capire meglio. I genitori hanno il possesso sui figli oppure li stanno solo allevando perchè crescano? Nel caso ammettiamo che il padre o la madre abbiano pieno diritto di vita e di morte sui figli allora il biotestamento ha senso. Al contrario se si dovesse convenire che i genitori allevano i figli senza esserne proprietari, decade l’intera sovrastruttura del suicidio assistito approvato per legge.

In riferimento alla crisi d’identità che sta dilaniando la Chiesa Cattolica, frutto della gestione dell’attuale pontificato, qui se ne dichiara l’estraneità. Non serve essere cattolico o religioso per sentiti a disagio verso il biotestamento.

La vita non è stata chiesta da chi la sta vivendo ma concessa dai genitori. Ne emerge una derivazione e concessione, in pratica un regalo (spesso poco apprezzato e considerato per scontato). Accettando l’idea etica del DONO (in sociologia la teoria del dono è stata ampiamente studiata) cambia la prospettiva.

Siamo proprietari o affittuari della nostra esistenza? Una mentalità gretta, povera, ridotta all’essenziale come quella di sinistra, non può elevarsi ai valori. L’essere di sinistra comporta il dover “volar basso” sul piano dei sentimenti, concetti e idee restando al solo tattile. In pratica schiavi del complesso “di San Tommaso” per cui se non tocco non credo. Ecco da dove è nata una legge per affittuari che abusano della proprietà in appropriazione indebita.