The winery man: un incontro speciale che cambia la vita

Il signor Bianchi è un imprenditore italiano che ha chiuso la sua attività e si sta trasferendo, non senza difficoltà, in America. Bianchi è un nome di fantasia ma raccoglie tante (troppe) storie d’imprenditoria mancata italiana.

Che ci fa qui? Bianchi: «Ero in Lombardia orgoglioso della mia azienda. Sette milioni d’euro di fatturato, costanti nel tempo, quasi nulla esportato e 27 dipendenti. Le gestione è iniziata ad andare veramente male dal 2011 quindi un 2012 e 2013 di sofferenza e ora nel 2015 sto chiudendo. Basta non è più vita questa. Voglio lasciare l’Italia perché non posso lavorare senza crescere».

Si può spiegare meglio? Bianchi: «Amo il mio Paese ma essendomi impossibile lavorarci emigro. Nel trasferimento lascio l’Agenzia delle Entrate e i suoi strumenti di tortura sociale: Equitalia e la Guardia di Finanza. Non voglio più avere nulla a che fare con questa gente. Chiuso! Qui, in America, saranno anche più duri, ma almeno sono giusti».

Ho capito e ora che cosa fa? Bianchi: «Mi consenta di ripetere un concetto: amo l’Italia anche se l’ho lasciata! E ora veniamo al punto. Ho bisogno di un lavoro che mi permetta di vivere senza pagare solo tasse che se salto in rata ed entità, per indisponibilità di denaro, vengo sbranato. Sa cos’è accaduto? Equitalia mi ha sequestrato l’integrale saldo del conto corrente bancario per una cartella esattoriale di 17 anni fa, da cui non ho più potuto versare l’IVA, tasse e fatture compresi gli stipendi. Basta! Qui voglio lavorare per me stesso, la mia famiglia pagando le tasse».

Chiarito il contesto entriamo nel dettaglio; Bianchi: «Sto comprando un appezzamento per produrre vino qui negli Stati Uniti con gusto italiano. Voglio diventare un The Winery man! Il vino verrà venduto direttamente dalla fattoria creando una relazione sociale con chi si fermerà per bere, parlare, passare la serata utilizzando un livello d’alimentazione light. In pratica il vino prodotto in America, con stile italiano, diventa occasione di ritrovo serale, motivo di convegni e incontri. Però in realtà non è solo questo. La winery che si chiamerà “made in Italy” attraverso il vino, (prodotto e importato dall’Italia) punta a diventare una base di lancio dello stile italiano, utilizzando poltrone italiane, pasta Barilla, prosciutto non più solo in fettine e così il parmigiano reggiano apprezzato dalla forma intera, da cui pescare con il coltellino a mandorla. Mobili e suppellettili italiani, luci italiane, abiti italiani per le signore che vorranno qualcosa da indossare per le sera in affitto o forse da comprare al termine della serata. Sintetizzando, la winery non è solo produzione in loco di vino e importazione, ma una base di supporto della presenza italiana negli Stati Uniti. Perché aprire uno showroom per vendere divani negli USA se in questa iniziativa ti ci puoi sedere sopra passando la serata? Ecco che la sponsorizzazione non avviene più offrendo un prodotto, ma lasciandolo vivere e apprezzare (gustare) dal consumatore. In questo senso il The Winery man diventa pura esportazione di gusto italiano».

Interessante come concetto, approfondiamolo. Bianchi: «L’anno scorso qui negli Usa ho trovato sulla via di collegamento Los Angeles-Las Vegas una villa diroccata che ha ambientato uno dei film di James Bond ai tempi di Sean Connery. L’idea sarebbe stata recuperare il rudere e con forse un milione d’euro (aggiunti alla proprietà del terreno da me acquistata) ristrutturarlo nell’unico museo di James Bond al mondo, trasformandolo così in punto di riferimento per prodotti e stile italiano in Nord America. Avrei utilizzato mobilia e poltrone italiane, cibo nostrano, moda e tessuti del nostro paese. Sa come mi ha risposto un importante industriale italiano di poltrone? È bella come idea, ma troppo complicata per noi. Nella nostra realtà, prosegue l’imprenditore, al massimo cerchiamo un produttore locale a cui vendere qualche container di sedie o farlo produrre in royalties. Non di più. Ecco dove mi scontro con una mentalità riduttiva!»

Il suo progetto è interessante perché coinvolge singole imprese italiane (magari piccole) che anziché aprire un negozio o cercare un socio americano, potrebbero, attraverso la winery, presentarsi al consumatore finale statunitense e quindi farsi pubblicità, potendo successivamente vendere on line godendo di una base d’appoggio logistica e legale nell’azienda agricola, che funge da polmone di diffusione dello stile italiano in America.

Quanto costa per la piccola impresa italiana che vorrebbe portare in America il suo prodotto appoggiandosi alla winery? Bianchi: «Come tutte le iniziative in pieno start up, qui non c’è un tariffario, ma una comunità d’iniziative-imprenditori, che stanno imparando a crescere insieme, con finalità anche diverse, ma utilizzando la stessa base di lancio. La winery sarà in Las Vegas, collocata in Nevada, dove il costo del lavoro è gravato dal 30% di oneri sociali rispetto al 48% della California, rivolgendosi a una meta turistica molto battuta, tutto l’anno dagli stessi americani, oltre che tappa fissa per gli italiani e i turisti in genere. Ne consegue che la localizzazione dovrebbe essere valida. Per chi volesse partecipare, le strade sono aperte a ogni forma, sia elementare che più articolata. Qui siamo in America ed è sempre la sostanza che conta!»

Auguri The winery man.