Appunti prelevati dal taccuino americano: gli Usa hanno sofferto una crisi peggiore della nostra e oggi stanno meglio, perchè?

La domanda non è poi così sciocca o figlia della sola cronaca, anzi vuol dire che è possibile agire per cambiare il contesto macroeconomico e quello dell’acciaio in particolare.

Per avere delle risposte sono andato a chiederlo direttamente agli operatori. In Apple Valley, nella California del sud, c’è l’azienda Bear Valley, Fabricators & Steel Supply Inc. attiva dal 1906, il cui sito è www.robarenterprises.com. Si tratta di un produttore e distributore di prodotti siderurgici che opera su un’area importante. Le trattative in corso per un’intervista non sono mai facili, per una naturale diffidenza che pesa in particolare sul settore siderurgico in Italia come all’estero. Restiamo comunque in attesa di un incontro ufficiale. Nel frattempo in un anticipo di confidenza si è potuto appurare che:

a)      i piccoli produttori per comprendere se il mercato è cambiato, più che le statistiche nazionali, s’affidano alle informazioni che ricevono dai clienti e dall’effettivo volume di vendite, come del resto avviene in Italia, con la differenza che la riscossione del credito non è un problema particolarmente vivo negli Usa o comunque in quest’area del paese, per cui si riscuote solitamente a 30 giorni;

b)      dai dati reali e locali emerge una novità. L’applicazione dei pannelli solari sui tetti delle villette ha liberato capacità di spesa per le famiglie pari a circa 600 dollari al mese. In effetti questa era la bolletta elettrica per una villa di 1.500 mq come solitamente sono quelle qui costruite. Questo valore risparmiato non è andato in banca come accumulo di capitale, ma a ripagare pregressi debiti e investito nel settore edilizio ristrutturando la casa. Da qui un incremento di vendita del settore siderurgico locale;

c)      sul piano nazionale ci sono due novità entrate a regime. Il noto processo di reshoring (rientro in patria d’aziende precedentemente delocalizzate) già descritto molte volte proprio nella rubriche di Siderweb, che ormai offre i suoi effetti con 210 mila nuovi occupati che spendendo il loro stipendio e contribuiscono a risollevare il PIL. Non solo. Anche lo shale gas svolge la sua parte spingendo alla contrazione del costo di produzione nel territorio degli Usa.

Con questi primi dati emerge uno spaccato della realtà, dal quale è possibile iniziare a capire alcuni passaggi fondamentali per estrarre un’economia nazionale incagliata nella depressione:

serve lavoro e contrazione delle spese fisse che le famiglie sostengono (esattamente il contrario di quanto sta avvenendo in Italia)

serve energia a buon mercato (in Italia questo non c’è)

serve una revisione della politica economica nazionale tale da indirizzare le imprese verso determinate scelte che restano ovviamente libere, ma favorite dall’organo di governo e il riferimento qui torna al reshoring, che oggi è lasciato alla libera iniziativa di convenienza imprenditoriale, mentre negli Usa risponde a una precisa strategia d’agevolazioni municipali e statali per favorire l’occupazione (questo in Italia non c’è)

Questi 3 primi passaggi non sono funzionali a dire che l’America è bella, o al rovescio, a criticare il nostro Paese in un’impennata di gusto per l’estero. Confermano un concetto di fondo: dalla crisi si esce, ma non per singola iniziativa aziendale, che comunque lodevolmente si può “arrangiare”. Serve essere più uniti nelle associazioni di categoria (united we stand si dice da queste parti) far sentire di più la voce della siderurgia attraverso i propri organi di stampa, offrire interviste e contributi d’idee per spiegare alla nazione che senza acciaio non c’è sviluppo.

Il pensiero corre a 2 importanti produttori d’acciaio italiani ai quali è stato offerto, quasi gratuitamente, la presenza in azienda di uno studioso-scrittore affinché scrivesse un libro sull’impresa, descrivendo l’indispensabilità dell’acciaio nella società moderna nazionale, dando un nome e cognome alle persone e alle fasi di lavorazione. In questo modo l’Italia non solo avrebbe preso coscienza di quanto acciaio c’è intorno alla vita quotidiana e alla sua indispensabilità, ma anche chi e dove viene lavorato questo benessere. Quest’operazione d’immagine e anche di civiltà industriale è stata rifiutata. Non sono note le motivazioni. Come pretendere allora d’avere un’immagine pubblica nazionale per chiedere fondi e contributi, aiuti e considerazione, se non si sa spiegare il senso di un’industria o addirittura si ostacola un’azione di questo tipo?

Con queste riflessioni, il problema Italia non è più figlio di una congiuntura internazionale, ma è nostro da cui dovremmo uscirne fuori, non solo per sopravvivere ma per la stessa dignità della storia che portiamo scritta dentro. Ecco come e dove l’America è utile, per rilanciare e organizzare il lavoro in casa nostra. Qui noi veniamo a fare i compiti.

Il taccuino americano Usa raccoglie spunti da fonti diverse per organizzare una sensibilità innovativa. L’obiettivo è combattere quella parcellizzazione che subisce la personalità occidentale nel mondo moderno, tra personale e professionale, spezzando il senso d’appartenenza a un mondo certo come la famiglia e il lavoro. Essendo parti di tutto, ma appartenenti a nulla, le coppie si spezzano, le nazioni si sfaldano e il lavoro si perde a vantaggio di ……..di cosa? Nessuno l’ha capito.

Ecco il punto, motivo per cui il taccuino americano Usa è stato scritto.

Seguono immagini tratte dal taccuino americano Usa che si riferiscono a un noto brand di yogurt con frutta molto diffuso negli Stati Uniti.

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