Quanto rende e costa un’impresa. Spesso ci si dimentica, nella gestione aziendale, le cose più importanti. Di Giovanni Carlini

Quanto rende e costa impresa? Sono quesiti che sono presenti nella mente di tutti ma mai realmente calcolati. Ultimamente, in un paio d’imprese, ho scoperto la fragilità del ruolo del direttore commerciale. Credo che qualche riflessione su questo aspetto sia opportuna. Lo sia perché qui spesso si discute dei massimi sistemi dell’economia mondiale per poi perdersi in un bicchier d’acqua.

Quanto rende e costa un’impresa
L’impresa pur essendo composta da persone umane, con il loro carattere e modo di fare, è anch’essa una persona (giuridica). L’azienda ha un comportamento che interagisce con quello umano. Sotto questo aspetto diversi studiosi hanno addirittura scritto testi sulla nevrosi delle organizzazioni. Una patologia comportamentale che comporta dei costi altissimi.

Il costo di un’organizzazione che non funziona è mediamente il 12-17% in più in termini di spese di gestione aziendale. In periodi come questi, un margine del 15% medio fa la differenza tra chi resta sul mercato e chi no.

Veniamo agli esempi vissuti.

La prima azienda studiata è poco sotto i 10 milioni di euro di fatturato, con 27 dipendenti. Quest’anno accuserà una perdita del 27,5%. L’imprenditore mi chiama perché desidera abbassare le spese di gestione: in pratica fare le stesse cose costando meno.

Inizio il mio lavoro impattando con il direttore commerciale; un pensionato pagato attraverso un’impresa compiacente. Ne consegue che il direttore c’è ma non figura in organico. Questo signore, tra l’altro, firma anche accordi con un consorzio che poi non rispetta. Ciò comporta l’invasione  d’aree commerciali non di sua competenza. la motivazione ufficiale è riferita alla legge che ha abrogato la lottizzazione del territorio. E’ vero ma non le influenze sulla base della capacità economica di servire le zone.

Non solo, ma ha anche grossi problemi comportamentali, (dissonanza cognitiva) e usa l’urlo come metodica di confronto. Infine, il soggetto, vende senza considerare gli aspetti amministrativi.  Spesso ci si accorge d’aver venduto in perdita.

Non è finita. Lo stesso pensionato-direttore commerciale, sottrae al magazzino un’unità lavorativa considerandolo un venditore in prospettiva. L’iniziativa, non concordata, produce un ritardo nelle consegne di 15 gg. Un’iniziativa che va recuperata con sabati lavorativi, che l’azienda non vuole/può pagare in straordinario. Ecco che torna attuale la domanda: quanto rende e costa un’azienda?

Il secondo esempio si applica in una grande impresa, che usa molto ferro, fattura 50 milioni e ha 120 dipendenti. Qui il direttore commerciale è un “creativo”, definito “incantatore di serpenti”. Sicuramente valido nel suo ruolo, ma non sa fare squadra. Brusco, incapace di coordinamento, privo d’interfaccia sociale, incurante della sua immagine. In ciò porta all’esterno un’idea d’impresa molto personale il che rappresenta un costo.

Perché accadono queste cose? Una motivazione c’è e risale alla grande divisione tra imprese familiari e di mercato.

IMPRESA FAMILIARE
In realtà di questo tipo ciò che conta è lottare sul mercato, sgomitare senza ritegno portando a casa più fatturato possibile. L’azienda nasce sui successi che di volta in volta si ottengono. Raggiunta una certa struttura e maturità, permangono dei fattori di vivacità molto spinti e una personalizzazione acuta.

Il “battitore libero” è il protagonista di quest’impresa che si adatta rapidamente al mercato. In realtà è un problema le persone che vivono nell’impresa, agiscono con processi altrettanto rapidi ma scoordinati. Ne consegue il problema di non saper far squadra il che alza la conflittualità interna e i connessi costi. In assenza di una creatività e protagonismo molto spinti, l’impresa familiare, in fasi acute di crisi aziendale, scompare. Il punto di forza d’aziende di questo tipo d’impresa è il mercato e la collocazione del prodotto.

IMPRESA DI MERCATO
Spesso nasce da una realtà familiare che si è ingrandita subendo una radicale trasformazione. Questo tipo d’attività imprenditoriale è meno “fantasiosa” di quella familiare, “dura come la roccia”. Il motivo è che si fa forte del fattore umano che potrebbe anche non essere eccelso, ma compatto e arringato. In questo caso la ricchezza in azienda sono gli uomini e le donne che agiscono, capaci di continuità e fedeltà con picchi di fantasia, se addestrati a ciò. Una società di questo tipo non scompare dal mercato.

Conclusione. Soggetti come quelli qui descritti non sono rari. Indicano da parte dell’imprenditore una scarsissima attenzione verso il fattore umano. L’assenza di una seria politica del personale è uno dei fattori di crisi e fallimento dell’azienda. Il non aver definito l’identikit per agisce in azienda comporta disaffezione e quindi maggiori costi di gestione.