La Moda italiana. Per entrare in questo settore come manager non servono soggetti che già vi abbiano operato.

Al contrario, sono necessari soggetti dotati di conoscenze culturali specifiche che derivino dallo studio continuo.

Personaggi in continua tensione culturale (concetto e prassi molto rara che denuda lo spessore degli attuali dirigenti della moda italiana)

Questo studio nasce come reazione a 2 affermazioni molto gravi e superficiali che ho recentemente udito. Sia la Signora Alice che un’altra, entrambe lavoranti in importanti società di ricerca del personale, a una mia domanda affermano: ….per lavorare nel settore della moda serve averci speso degli anni, per cui posizioni di rilievo e responsabilità nel settore Moda non sono compatibili con chi proviene da altri ambienti industriali, culturali ed economici. La risposta è stata:….in questa maniera andiamo a sterilizzare l’impatto manageriale dei nuovi dirigenti. Entrambe le lavoranti, in momenti diversi alla stessa sollecitazione rispondono:……questo è quello che vuole il cliente. Concludo il confronto chiedendo:…..e il vostro ruolo di consulenza verso il cliente che fine fa? La risposta da entrambe è il silenzio.

Cerchiamo di mettere ordine.

La Moda come settore economico è sicuramente trainante per l’economia nazionale. Per poterci lavorare a livello manageriale nelle diverse posizioni di direttore generale, direttore di marketing, direttore commerciale, responsabile della qualità etc… serve almeno aver maturato alcuni passaggi fondamentali che sono:

  • Marcel Mauss è stato un antropologo, sociologo e filosofo francese (1872-1950) nipote di uno dei 2 padri fondatori della sociologia (Emile Durkheim mentre l’alto punto di riferimento della sociologia si chiama Max Weber) che ha approfondito 3 concetti fondamentali per solo iniziare a discutere di Moda come tendenza culturale e abbigliamento. Questi ragionamenti sono riconducibili a:

 

  • IL SACRIFICIO descritto nel libro del 1899 Saggio sulla natura e funzione del sacrificio che è stato pensato insieme a un altro studioso (Henri Hubert) si pone oltre il do ut des di Edward Burnett Tylor o la prospettiva di ringraziamento alla divinità di Wilhelm Schmidt, o la legittimazione al potere di Durkheim. Il sacrificio per Mauss è interposizione con il divino che si contaminerebbe nel contatto con l’umano. In questo modo il sacrificio è un sistema di comunicazione. A ben pensarci, il sacrificio di colui che acquista un gioiello, un abito o qualcosa per la sua donna, non è forse assimilabile a un sistema di comunicazione in amore, dove la moda diventa strumento di relazione? E in particolare perchè non progettare, ad esempio, un collier a sviluppo progressivo dove a ogni passaggio di celebrazione del rapporto di coppia si possa acquistarne un successivo particolare?

 

  • LA MAGIA descritta nel libro del 1902 Teoria generale della magia, anch’esso sviluppato con Hubert. Qui la prospettiva di studio non è nel tecnicismo della magia, ma nella sua contestualizzazione. Ad esempio non è magico se fatto da soli in cucina, ma diventa mitico se l’atto è svolto, ad esempio, su una scalinata a Roma a Trinità dei Monti con un abito lungo, molto scollato con colori da shock cromatico; ne consegue che l’evento è magico se manifestato in un certo contesto e non altri.

 

  • IL DONO studiato nel testo Saggio sul dono del 1923. Il dono va offerto, quindi accettato e ricambiato con calma e nel momento opportuno. Il dono è un sistema di relazione sociale. Il dono fu già studiato da altri studiosi d’antropologia quali Franz Boas (il portlach, regalo in uso tra le tribù indiane del Nord America) quindi il Kula di Bronislaw Malinowski e infine il HAU di Mauss (isole della Nuova Zelanda tra le popolazioni Maori). La Moda non è forse un dono? Se non pensassimo alla moda come a un dono potrebbe ancora sopravvivere? 

 

  • Tutte le considerazioni qui espresse hanno un diretto collegamento con il prezzo e la collocazione del prodotto “moda” nel sistema di relazioni sociali. Non è finita, possiamo trascurare la Teoria dell’ornamento di Georg Simmel? (1858-1918)

 

  • LA TEORIA DELL’ORNAMENTO di G. Simmel. In realtà si chiama sociologia dell’ornamento per indicare un completo sistema di pensiero che vede nel trucco la trasformazione della donna in più figure, tutte da inseguire e conquistare una ad una mentre lei si trasforma in dono e magia. Sulla psicologia dell’ornamento, pubblicato nel 1908 la moda come i gioielli, vengono indossati, secondo Simmel per essere mostrati (si rientra nel pensiero di Mauss sulla magia). La mancata esibizione dell’ornamento ne preclude l’efficacia.  

 

  • Sempre Simmel ha pubblicato specificatamente sulla Moda come concetto e cultura: Filosofia della moda (1905), La moda e altri saggi di cultura filosofica (1911), Saggi di estetica, Sulla psicologia del pudore, La moda (1895) e infine Psicologia della civetteria.

 

Concludendo: il direttore di marketing di un’azienda di moda non dev’essere un professore di sociologia, ma certamente non può ignorare dei passaggi così profondi e culturali nello sviluppo della sua professione. Ne deriva che il manager per la moda dev’essere un personaggio che da qualsiasi settore economico provenga, deve saper riflettere anzichè solo agire, pensare e studiare. Ecco la parola critica che nessuno vuole capire! E’ manager colui che ha studiato e prosegue a farlo, non chi sterilmente resta prigioniero nello stesso ambiente seccando le visuali e idee che avrebbe se si interfacciasse con altre esperienze. Pessimo servizio fanno quelle società di ricerca personale verso i clienti quando non sanno consigliare, appiattendosi sulle richieste da parte delle aziende. Questa critica coglie una delle più importanti società italiane di ricerca personale che ho recentemente visitato collocata nelle immediate vicinanze dell’Università Cattolica di Milano, dove vengono svolti i corsi di master e i dottorati di ricerca. Sapendo questo, il solo toccare il campanello (ricevono limitatamente all’appuntamento concesso) è stato motivo di soggezione che poi si è dissolta in stupore rispetto la povertà e miseria delle risposte offerte. E quasi comico che nello stesso stabile ci sono 2 società impegnate nella ricerca di manager. Una molto famosa che si è rivelata fatalmente limitata e l’altra, giovane e appena arrivata sul mercato che senza il prestigio della prima è almeno libera da pregiudizi. Speriamo nel futuro e in una nuova generazione di società di ricerca personale.

Buon lavoro.