Finalmente un esempio di cui andare fieri: acciaieria Arvedi e la sua innovazione di processo

Una storia audace: l’acciaio fuso con idee nuove; Arvedi
di Giovanni Carlini, sociologo e uomo di marketing

Quanto qui descritto narra di un amore per l’azienda da parte del suo titolare, manager e quadri i quali, nei momenti di grande sviluppo, hanno conservato e investito per spendere e rilanciare durante la crisi, conquistando nuove ambizioni. Una storia come questa serve per riflettere e imparare.

In cosa consiste la novità
L’obiettivo di fondo è quello di restare competitivi sul mercato, attraverso un’innovazione di processo capace di tradursi anche in un prodotto nuovo. Partendo dal 1988, con una serie di brevetti, l’acciaieria Arvedi è riuscita nella progettazione di una mini acciaieria, dieci volte più piccola degli impianti tradizionali. Grosso modo, lo stato dell’arte nell’attuale sistema tecnologico per concepire un’acciaieria, è per un processo di lavorazione la cui lunghezza fisica misurata in metri, è nell’ordine dei 1.500 per produrre nastri d’acciaio di alta qualità in spessori sottili, attorno al millimetro allo stesso costo di quelli spessi.
L’idea di fondo della Arvedi è quella di realizzare un’acciaieria “tascabile”, su un’estensione di circa 300 metri, che come spiega lo stesso titolare dell’impresa, il Cavaliere Arvedi, «sia basata sulla conoscenza del prodotto e degli impianti». Conoscenza che consente a questo capitano d’industria, di definirsi un «artigiano-siderurgico». Infatti gli impianti classici, «sono così grandi da non riuscire a controllare, per la loro eccessiva lunghezza, le temperature del nastro che si raffredda velocemente quando è sottile. Il risultato è che questi monumenti industriali, non sono in grado di produrre nastri sottili, sotto il millimetro e mezzo di spessore». Ecco che la soluzione sta nel ridurre fortemente la “lunghezza” in metri e macchinari della lavorazione, pervenendo anche alla riduzione dello spessore della lamiera oltre al ridotto quadro complessivo dei costi di struttura e del personale.

Più nel dettaglio
Si tratta di una linea di produzione di bobine di lamiera (coils) che dal rottame, senza soluzioni di continuità, porta al prodotto finito: un «treno» lungo 170 metri durante i quali la materia prima, a 1.550 gradi, in colata continua, si trasforma in rotoli di nastro d’acciaio che poi prenderanno la via dell’industria, principalmente dell’auto e degli elettrodomestici. Questo impianto unico al mondo, progettato all’interno del gruppo e realizzato dalla Siemens Vai, è oggi protetto da 460 brevetti offrendo una serie d’innovazioni rivoluzionarie: capace di produrre in un’ora quello che in precedenza veniva realizzato in settimane, grazie a una linea unica, che sostituisce un processo suddiviso in due distinti stabilimenti. La flessibilità che ne deriva permette di soddisfare la domanda in tempo reale, rispondendo all’esigenza del just in time delle aziende clienti e permettendo di alleggerire al massimo i magazzini (necessità molto sentita in tempi di crisi e di volatilità dei mercati). Per la prima volta è stata ottenuta la laminazione a caldo di nastri d’acciaio dello spessore di 0,8 millimetri, molto richiesto dal mercato (prima venivano realizzati a freddo, attraverso un’ulteriore lavorazione). Tutto questo offre sbocchi di mercato nuovi e competitivi, con un risparmio sui costi energetici e sul processo complessivo, valutabile intorno al 30%, che viene in parte fatto ricadere su un abbassamento dei prezzi di vendita alla clientela.

L’impossibile che diventa reale
La parola che più spesso rimbalzava sulle scrivanie dei progettisti in Arvedi, negli ultimi 10 anni era “impossibile”, mentre si discuteva della progettazione di un nuovo impianto capace di raggiungere spessori ultrasottili, partendo direttamente dall’acciaio liquido.
Oggi, quanto era impossibile è invece diventato reale, grazie alla tecnologia Esp, l’unica al mondo capace di produrre coils a caldo da 1550 millimetri di larghezza in spessori ultrasottili come lo 0,8 mm, senza interruzioni per 20 ore consecutive.
Questa nuovo modo di pensare l’industria siderurgica è stato presentata dalla Arvedi a Cremona ai primi di maggio, in un convegno di livello mondiale a cui ha partecipato il Gotha della siderurgia, rappresentato da 20 paesi, tra cui i cinesi di Baosteel, i russi di Severstal, la ArcelorMittal gli Emirates Steel Industries.
Le caratteristiche dell’innovativo impianto Arvedi, non si limitano alla sola riduzione dei tempi di produzione, ma inseguono concetti nuovi del tipo eco compatibilità. Ciò significa che consuma dal 50% al 100% di energia e acqua in meno, rispetto ai metodi tradizionali, per una produzione massima di 450 tonnellate oraria con una sola linea di colata continua a una resa del 97,5%. Questo risultato va inquadrato in un altro concetto; i tempi di lavorazione (e quindi i suoi costi). Per realizzare un coils a caldo da acciaio liquido, sono necessari ancora 4,5 minuti, ma l’obiettivo è di arrivare a 3,5 minuti, il che alza la produttività abbattendo l’incidenza dei costi fissi. «La velocità produttiva di questo impianto – spiega Mario Caldonazzo amministratore delegato della capogruppo, la Finarvedi Spa, permette alla nostra acciaieria una incredibile flessibilità di produzione.

Il costo per creare nuove idee
L’impianto è costato 500 milioni: 300 finanziati con mezzi propri e 200 a otto anni grazie a un pool di banche. Ai lavori hanno collaborato 235 imprese con una presenza media di 700 addetti qualificati, il che ha permesso un continuo scambio di know how tra di noi.
«Il 2007 e il 2008 sono stati anni molto buoni che ci hanno permesso di mettere fieno in cascina», ha spiegato il presidente del gruppo, Giovanni Arvedi. «Abbiamo intuito in tempo che il 2009 e il 2010 sarebbero stati anni critici e quindi puntato sull’innovazione e su nuovi mercati». Il gruppo (1,4 miliardi di fatturato e 132 quale risultato di Mol nel 2008) è riuscito lo scorso anno, ancor prima quindi di portare a regime il nuovo impianto, a espandersi soprattutto in Medio Oriente («è un grande errore dell’Europa lasciare che Paesi così ricchi, orbitino soltanto sotto l’influenza asiatica»). I risultati sono stati di rilievo: «Abbiamo lavorato al 100% delle nostre capacità, quando tutti i nostri concorrenti nel mondo occidentale non hanno superato il 50%. La redditività è stata in linea con l’esercizio precedente. Non abbiamo né licenziato né utilizzato cassa integrazione, e per la nuova linea sono state assunte 600 persone e ne assumeremo altre 150».
Pur lamentando una volatilità dei prezzi delle materie prime, provocata soprattutto dalla speculazione («di nichel, zinco e altri metalli si scambiano sui mercati quantità anche 20 volte superiori ai reali consumi dell’industria: una situazione difficile da gestire») Arvedi vede positivamente i prossimi anni: «Nel mondo occidentale i consumi sono di 500 chilogrammi per abitante: in Cina la metà, in India un quarto. Vuol dire che le potenzialità sono ancora enormi, su mercati da miliardi di persone. L’acciaio è tutt’altro che un prodotto maturo: anzi, un Paese moderno si identifica nei consumi di acciaio». Queste considerazioni ci permettono d’entrare nel futuro. Si pensa di realizzare di un nuovo complesso, in cui troveranno sede una linea di zincatura, una di decapaggio e un nuovo laminatoio. L’idea ancora più avanzata sarebbe aprire un nuovo impianto ancor più innovativo la cui collocazione geografica resta al momento segreta, anche se non (ahimè) in Italia.

I mercati di sbocco
A costo di ripetersi su concetti già espressi, ma di una importanza clamorosa che dovrebbero essere assimilati dalla nostra imprenditoria nazionale, grazie al contributo della Arvedi alla tecnologia nel 2009 è riuscita a lavorare al 100% della propria capacità, (un dato eccezionale per questo biennio 2009/2010) inviando circa un terzo della produzione in Medio Oriente, (un mercato da rivalutare) compensando in questo modo la riduzione dei consumi da parte di paesi occidentali, storicamente clienti dell’acciaieria cremonese. Per raggiungere questa diversificazione sui mercati di sbocco, il segreto è “innovare per essere competitivi” il che rappresenta lo slogan di fondo di tutta l’impresa Arvedi e che ha condotto l’azienda sul nuovo rivoluzionario impianto Esp di Cremona. L’esperienza qui riportata, anche ripetendo concetti già indicati qua e là nel corpo di questo studio, vuole spingere i nostri operatori, sia dell’industria siderurgica, che di altri settori, a considerare nuovi mercati di sbocco sostituitivi di quelli attuali ormai fermi, perché queste “nuove sponde” esistono, basta solo cercarle!

Il quadro complessivo: la strategia
«Penso che la siderurgia debba guardare sempre più lontano – dice il cavalier Arvedi Un altro punto chiave per costruire il futuro, soprattutto dell’Europa dell’acciaio, sta nella ricerca e nella cura di nuovi mercati, come ad esempio il Medioriente, quindi in Sudan, in Qatar, ovvero in aree relativamente vicine ai paesi mediterranei, in cui è possibile fare utili e che non dobbiamo cedere ai produttori asiatici».
Uno scenario in cui però il cavaliere del lavoro si dice preoccupato dall’attuale situazione finanziaria e dalla speculazione dei fondi internazionali sul debito di alcuni stati, nel tentativo di indebolire l’euro. «Un euro debole – ha detto Arvedi – a breve termine rappresenta sicuramente un vantaggio, perché permette di avere maggior facilità nell’export. Nel medio termine la situazione è destinata a cambiare con il deprezzamento dell’euro, perché si tramuta in uno svantaggio dal momento che l’Italia è costretta a importare sia materie prime che energia, essendo un paese trasformatore dalle materie prime in prodotti».
Sul futuro della siderurgia e dell’industria italiana in generale, il presidente Arvedi, nel corso della presentazione al mondo del sistema Esp, ha sottolineato come nel futuro, anche immediato, non peserà più il gap con l’Europa relativamente alle tariffe di consumo elettrico, perché si è raggiunta un’intesa con il ministero dell’Industria per far si che attraverso dei bonus, le aziende italiane possano colmare il differenziale di costi energetici nei confronti dei competitor europei.
«Sul fronte energia il nucleare è una scelta obbligata – ha detto Arvedi – su cui ci esprimiamo con favore, anche perché non è possibile pensare di proseguire sulla via del fossile, consumando tutto il carbone o petrolio presenti nel mondo, pertanto al momento il nucleare è l’unica strada possibile».
Sull’attuale situazione del mercato siderurgico, resta però incertezza dopo gli ultimi aumenti legati alle materie prime, soprattutto per il terzo trimestre. «Non credo che nel 2010 si ripeterà quanto visto nel 2008 quando a luglio crollarono i mercati – ha spiegato cavaliere – dal momento che allora la bolla da rincari era dovuta alla maggior domanda, mentre adesso gli aumenti sono stati imposti dai produttori di materie prime. Resta ora da verificare se il mercato accetterà o meno questi rincari e la mia impressione è invece che non verranno accettati per cui una correzione è già in atto”.
Per Arvedi il futuro della siderurgia resta comunque legato a innovazione e a nuovi mercati come ha dimostrato nel 2009. Per concludere, alcune considerazioni comparative con l’industria tedesca.
A seguito di una domanda specifica, il capo spirituale dell’intero progetto Esp e della storia della sua impresa, ha confrontato il manifatturiero tedesco con quello italiano, essendo questi due paesi quelli che in Europa sono rimasti gli unici in attività in forme industriali così prevalenti. Ebbene, mentre i tedeschi sono impegnati in un tipo di industria che progetta e costruisce macchine “per fare”, gli italiani si sono concentrati sui singoli prodotti. Questa differenza impone margini molto diversi per cui “fare industria” in Germania è più conveniente che per l’Italia, perché loro operano su una soluzione industriale decisamente più complessa quanto articolata e quindi remunerativa.
La precisazione è servita per inquadrare l’ordine di grandezza con cui l’industria italiana deve competere. Un confronto su questo piano allarga le riflessioni offerte nella conferenza stampa, per cui il passaggio successivo non può che essere dedicato alla finanza.
Seguendo questa traccia la Grande depressione dalla quale l’economia mondiale dovrebbe faticosamente uscire ha fatto emergere, ancora una volta, il primato dell’industria sui “giochi di soldi e speculazione”.
Infatti se l’Italia e la Germania hanno retto la pressione della crisi meglio di altri Paesi, ciò è dovuto in gran parte alla solida struttura manifatturiera delle due economie, fatta d’acciaio più che di carta. Proprio l’acciaio offre, con il lancio del sistema Esp, un esempio capace d’esprimere la sintesi dell’«orgoglio del fare»: il gruppo Arvedi di Cremona ha portato a regime un impianto rivoluzionario nel mondo della siderurgia che consente la rinascita per questo tipo d’industria.

CHE COSA RAPPRESENTA LA ARVEDI
L’assetto del Gruppo
Il “core business” del Gruppo Arvedi è costituito da attività siderurgiche primarie e di trasformazione, con volumi di circa 1,5 milioni di tonnellate e un fatturato consolidato di 1.396 milioni di euro nel 2008, che danno impiego a circa 2.004 persone, di cui 1.756 in territorio cremonese. Grazie alle strategie di sviluppo e alle politiche d’investimento attuate, rivolte alla qualità dei prodotti, il Gruppo costituisce, sul piano tecnologico, una delle più significative realtà siderurgiche europee, che si avvale di:

a) stabilimenti con impianti moderni, in alcuni casi unici in Europa;

b) tecnologie di avanguardia;

c) know-how e brevetti specifici;

d) marchi e omologazioni di qualità.

Le aziende hanno solide posizioni di mercato nei settori in cui operano e collocano significative quote di produzione all’export, oltre il 25 % in media, con punte fino al 75%.

INTERVISTA AL PRESIDENTE GIOVANNI ARVEDI
Grazie per aver concesso alla testata di LAMIERA del Gruppo Tecniche nuove Spa, questa intervista Signor Presidente Giovanni Arvedi. La prima domanda che Le pongo è se, a questo punto, si può dire che la lamiera l’acciaio di spessore da 0,8 mm possa sostituire le altre gamme, e se si quali?

Arvedi: Lo spessore 0.8 mm ottenuto da ESP, per la prima volta al mondo e in larghezza commerciale di 1500 mm, può sostituire lo spessore 0.8 mm normalmente ottenuto tramite un processo di rilaminazione a freddo, per applicazione di grande peso come le costruzioni, i profilati, i tubi, la zincatura a caldo con tutti gli impieghi derivati.

Domanda: si può dire che nel mondo della lamiera il modo di produrre si divide in prima di questa scoperta e dopo?

Arvedi: Si. Lo spessore 0,8 mm a caldo è senza dubbio una grande realizzazione industriale, che crediamo di poter ulteriormente migliorare nel corso dei prossimi mesi, realizzando spessori ancora più sottili (0.70 mm o addirittura 0.6 mm) ed estesi ad acciai più sofisticati.

Domanda: se lo spessore 0,8 va a sostituire una vasta gamma di prodotti, perchè siete andati a venderlo in Medio Oriente e non avete conquistato una fetta di mercato in Occidente?

Arvedi: La vendita in Medio Oriente è stata procurata da una richiesta specifica proveniente da quell’area. Il prodotto è certamente vendibile anche in Italia ed Europa, e già ne vendiamo una interessante quantità in percentuali del 30/35%. La presenza della 0.8 mm (realizzato di recente) non potrà che aumentare e trainare la vendita dei sottili.

Domanda: se l’Italia deve dirvi grazie per 600 posti di lavoro a Cremona, meno ovvi appaiono i motivi per cui il prossimo stabilimento lo realizzerete all’estero, perchè?

Arvedi: Il progetto 2 appartiene a un piano di sviluppo industriale e commerciale che deve tenere conto dei paesi che avranno un’importante crescita dei consumi. Italia ed Europa hanno già raggiunto livelli di consumo d’acciaio difficilmente incrementabili.

Domanda: non sono chiari alcuni passaggi: nella conferenza iniziale, credo che Lei abbia detto, che il nuovo spessore di lamiera in acciaio collochi questo prodotto in una fascia di gamma speciale, a cui viene riconosciuto un extra prezzo. Ma se questo sarebbe un prodotto speciale, allora non è vero che sostituisce gli altri usualmente praticati sul mercato!

Arvedi: L’extra di prezzo è riconosciuto rispetto al prodotto di spessori di base (per esempio il 3mm). E’ chiaro che se l’extra per il sottile è per esempio il 15% ed il costo è pari a quello base grazie alla nostra tecnologia, questo prodotto procura alla nostra azienda un notevole vantaggio sul piano del risultato economico.

Domanda: come economista mi è venuto un brivido nella schiena quando ho sentito che “…tanto l’andamento attuale delle materie prime tocca minimamente l’impresa, perchè se prima compravamo a 1 anno e vendevamo a 3 mesi, adesso si acquista a 3 mesi e si vende a 3 mesi” Il ragionamento è ineccepibile, tranne poi realizzare quanto in gergo chiamano la “rottura del mercato”, ovvero una situazione di rigetto del prodotto per prezzi eccessivi. Voi questo lo sapete, perchè lo stesso Cavaliere, durante la conferenza, ha riconosciuto prezzi calanti nell’immediato futuro. Quindi come risolvere questo teorema, delocalizzando e cambiando i mercati di riferimento?

Arvedi: La possibilità di comprare a breve le materie prime, consente di correre un rischio limitato in termini temporali. Stante la fluttuante realtà dei prezzi delle materie prime e dei prodotti laminati piani, non è la delocalizzazione che può portare benefici perché i suddetti prezzi sono “globali”. L’unica soluzione è essere competitivi sui costi di processo e poter offrire prodotti “innovativi”.

Domanda: posso avere cenni di marketing riferiti al nuovo prodotto?

Arvedi: I nuovi prodotti dell’Acciaieria Arvedi saranno rivolti verso applicazioni ampiamente diversificate:

1. I sottili a caldo in acciaio dolce e in alto resistenziale si potranno sostituire ai prodotti a freddo e zincati, partecipando e inserendosi in un mercato che in Europa è valutabile in circa 30 milioni ton/anno, con il vantaggio di un costo di produzione decisamente inferiore a quello dei concorrenti.

2. Gli acciai speciali innovativi (bifasici e multifasici) saranno rivolti principalmente al settore della costruzione automobilistica che è ancora in fase di sviluppo verso l’obiettivo della riduzione del peso (sia per consumi ed emissioni che per l’incremento della sicurezza con resistenze più elevate). Questi acciai innovativi consentono la realizzazione di entrambi gli obiettivi poiché offrono elevate prestazioni di resistenza, mantenendo ottime caratteristiche di lavorabilità.
A dimostrazione dell’importanza di questi nuovi acciai si allegano alcune tavole, presentate al Summit di Cremona dall’Università di Aachen che mostrano il positivo trend di sviluppo verso acciai sempre più performanti e il maggiore impiego degli stessi nel
settore dell’automobile.

Conclusioni

Durante l’estate la formica lavorava duramente, mettendosi da parte le provviste per l’inverno. Invece la cicala non faceva altro che cantare tutto il giorno. Poi arrivò l’inverno e la formica ebbe di cui nutrirsi, dato che durante l’estate aveva accumulato molto cibo. La cicala cominciò a sentire i morsi della fame, perciò andò dalla formica a chiederle se poteva darle qualcosa da mangiare. La formica le disse: “io ho lavorato duramente per ottenere questo e tu che cosa hai fatto durante l’estate?” “Ho cantato.” rispose la cicala. La formica esclamò: “Allora adesso balla!”
Morale: chi nulla mai fa, nulla mai ottiene.
Esopo, commentato da Jean de la Fontaine ci permette di vedere come a Cremona la Arvedi, nel suo ruolo di formica ha eccelso, consegnando alla comunità una nuova tecnologia, mercati di sbocco e 600 nuove opportunità di lavoro per altrettante famiglie.