Tabella dei costi, un esercizio poco diffuso nelle facoltà d’economia d’Italia. Solo a Pavia è sistematicamente richiesto agli studenti e quindi tanto di lode e rispetto a quell’ateneo che stimola i nostri futuri dottori su qualcosa che viene dato per scontato a parole, ma decisamente complesso nel conteggio.
Le regole per completare una tabella dei costi sono semplici.
Ci sono i CF (costi fissi, così indicati in italiano, mentre in inglese hanno altre sigle). Tali costi sono “fissi” ovvero non cambiano al variare della quantità.
Seguono i costi variabili, CV che mutano con la produzione.
I CT, costi totali, che rappresentano semplicemente la somma dei fissi più i variabili.
A seguire quelli medi, qui indicati come CM che si calcolano nel rapporto tra i totali fratto le quantità.
Infine i costi marginali, Cmg, che si possono calcolare in 2 modi diversi (in realtà è lo stesso modello di ragionamento). Vuol dire che quando si fanno i calcoli di monopolio (una forma di mercato) il Cmg si trova con la derivata prima del CT. Nel caso delle tabelle (ma ripeto è lo stesso ragionamento) si sottrae il CT della produzione tot meno il CT della produzione tot – 1. Ad esempio, il Cmg della produzione pari a 5 unità, s’ottiene nella differenza tra il CT della quantità 5 meno quello della produzione 4.
Chiariti tutti i costi vanno rammentati 3 aspetti:
a) con il CF, CV e il CT siamo nel breve periodo;
b) quando si considerano i CM e il Cmg si passa dal breve al medio e lungo tempo;
c) attenzione che in giro ci sono una massa di docenti che in forma patologica del linguaggio se non esprimono le stesse cose in inglese, si sentono sminuiti, ne deriva che il costo fisso, comprensibile come CF diventa “FC”; abbiate compassione di questi poveretti che non si sanno esprimere nella lingua madre, complicando la comprensione dei concetti.
Ora si pervenga al calcolo della tabella dei costi. A seguire la parte tecnica di conteggio.
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