Per avere un’idea del futuro senza la quale l’azienda può morire

Il futuro come rischio da interpretate studiando il presente. Quanto qui scritto gli editori non apprezzano che si pubblichi, in questo periodo, perché crea allarme sociale, ai lettori l’ardua sentenza.

Il futuro va letto nel presente. Come più volte detto in questa sede, in precedenti studi pubblicati, l’arte della previsione è un esercizio alquanto pericoloso, specie in questo periodo oscurato da una ideologizzazione dell’analisi macroeconomica per cui si è ottimisti se si fa parte di una fazione della contesa politica, oppure pessimisti se dalla parte opposta.

Ovviamente questo atteggiamento, determina una forzatura che crea anche imbarazzo. Chiarito quanto sia diventato difficile “ragionare su dati obiettivi” e per rispondere a una domanda imperante che viene da tutti, “che cosa accadrà a breve” ecco qui un punto di vista ragionato, ma originale.

La mancanza di fiducia di una parte degli studiosi per quanto fatto sino ad ora, in particolar modo negli USA, deriva dalla constatazione di aver tamponato la crisi, spostando semplicemente una incredibile massa di debiti dalle tasche degli operatori privati (soggetti a fallimento) a quello pubblico (che non dovrebbe fallire).

Un’operazione di questo tipo, comporta che ci sia poi un qualcuno che paghi il conto, ovvero il contribuente. Ipotizzare che le tasse future dei cittadini in occidente saranno ulteriormente ipotecate, rispetto i valori di oggi (pensiamo solo al rapporto tra salari e pensioni erogate che è già, se non critico, a rischio di collasso) non è credibile perché la pressione fiscale è al massimo. Come si gestirà quindi la crisi fiscale dei prossimi mesi?

Una soluzione non onorevole, ma pratica è l’inflazione, ovvero dei tassi di perdita di valore della moneta, che furono già sperimentati negli anni Settanta in seguito a ben due raddoppi del prezzo del petrolio. Con dei valori di inflazione molto impegnativi, si andrebbe a ridurre il peso del rimborso di questa zavorra che limita ogni rilancio del sistema economico e commerciale. Spiegato il futuro in questi termini, è logico attendersi, nei prossimi mesi, delle forti impennate di inflazione. (si dice in gergo, immissione di liquidità nel sistema) Questo particolare come influisce sulle imprese?

Sicuramente è “bello” sapere che nessuna impresa fallisca in regime di inflazione, mentre è molto più facile che chiuda i battenti con la deflazione (si sono appena sperimentati livelli di fallimento molto forti) ma il rovescio della medaglia è che le imprese, alle prese con l’inflazione non falliranno, ma venderanno “al lumicino”. Questo perché i consumatori saranno schiacciati da paghe che perdono valore, rispetto prezzi in salita.

Ecco il nuovo cancro dell’economia moderna: crescite bassissime quasi arretramenti.

E come titola il maggior quotidiano economico italiano, Il Sole 24Ore in prima pagina il 19 maggio, siamo in un contesto per cui le imprese del settore meccanico, accusato un calo del 30% nei primi 3 mesi dell’anno, sicuramente reggono l’urto, ma tagliando l’occupazione (il 40% del campione intervistato sta riducendo le maestranze). In un mondo con più disoccupati e a forte inflazione come si vivrà? Non è difficile risponde con un; male!

Questo non è disfattismo o pessimismo, ma analisi della situazione per cui è corretta quella previsione che ha “visto” un grande calo della produzione e quindi una stabilizzazione a crescita ridotta, per molto-moltissimo tempo (si definisce questa tendenza come a L rispetto altre ipotesi a V e infine a U). Il punto adesso non è tanto cosa ci aspetta, ma quali tecniche di gestione d’impresa sarà opportuno studiare, per vivere in un contesto di questo tipo dove la fidelizzazione del cliente è strategica.

Ciò vuol dire che se dai tardi anni Novanta, l’impresa ha ruotato intorno alla finanza (troppo spesso creativa) per conquistare ruolo e posizione, adesso c’è un deciso ritorno a chi studia le tendenze dei consumatori per meglio saperle interpretare: il marketing.

Ma anche qui ci sono delle novità. Tornare al marketing non significa non considerare le più recenti innovazioni in materia, che si esplicano attraverso due passaggi: l’ingresso in azienda del sociologo dei consumi e il riportare la funzione marketing a una sua autonomia gestionale, oggi sacrificata perché posta alle dipendenze del direttore commerciale. Quindi non serve più che il marketing sia un quadro che dipende dal commerciale, ma ritorna nella sua dignità propria di parigrado a tutte le altre funzioni d’impresa (personale, amm.ne, produzione, qualità etc..)

Con questo ripensamento dell’organigramma (documento che andrebbe rivisto almeno 1 volta l’anno, per adeguare l’impresa alle nuove istanze) il sistema produttivo assume quel volto e funzioni, in grado di operare in un mercato “fiacco”, da sopravvivenza, con forti livelli di inflazione.