Spesa pro capite dei turisti stranieri in Italia. Prima d’affrontare questo tema si vuole esprimere la netta contrarietà per un peso così eccessivo sul PIL del settore turistico. La vocazione turistica italiana, come recita l’indagine sul turismo internazionale della Banca d’Italia del 18 giugno 2019, si consolida successivamente alla crisi subprime. Vuol dire dal 2009 ad oggi.
Questa dettaglio, che solitamente è sconosciuto ai più è contenuto nell’introduzione dell’indagine. Nelle stesse righe si precisa che il 40% delle esportazioni di servizi italiani nel mondo è dovuto al comportato turistico.
La diffidenza e ostilità verso il settore turistico nasce dall’oggettiva debolezza industriale nazionale. Si vorrebbe che il nostro Paese si guadagnasse autorevolezza e stima nel mondo con beni e servizi non grazie ad alberghi e ristoranti.
In pratica si vogliono più fabbriche che trattorie.
Il motivo è semplice. Nel lungo tempo resta attiva sul mercato maggiormente una fabbrica che produce, anziché un albergo. Il tutto senza contare la ricaduta occupazionale.
Non solo, ma la correttezza retributiva di una fabbrica, è molto più forte, rispetto a una struttura stagionale e turistica.
Ne consegue che si guarda con distacco a una fonte di ricchezza che è gradita, ma a peso eccessivo sul PIL.
In realtà il turismo conduce a precarietà e povertà nella Nazione rispetto a una Germania più votata all’industria.
Chiarito il contesto, qual’è la spesa pro capite dei turisti stranieri in Italia?
Qui le fonti sono due: l’indagine della BI (Banca d’Italia) e il Sole 24 Ore del 1° luglio 2020:
- i russi spendono 173 euro/giorno (dato 2019 del Sole 24 Ore)
- gli americani e i tedeschi (questi tre sono al top della spesa) si attestano a 117 Euro/giorno.
Nell’indagine della Banca d’Italia (riferita ai dati 2018) s’indica analiticamente
Nazionalità spesa pro capite numero di notti medie di vacanza
austriaci 94 5,6
francesi 88 5,5
tedeschi 89 5,8
inglesi 106 5,9
spagnoli 72 6,8
svizzeri 112 5,1
americani (Usa) 141 9,6
australiani 143 10,5
canadesi 153 10,1
giapponesi 232 10,6
russi 146 6,5
Non resta che sperare in un’evoluzione dell’Italia verso l’industria anzichè i servizi. Anche perché ridurre la creatività dei nuovi imprenditori a un piatto di pasta è veramente diminutivo!