Lista dei paesi sicuri e redatta dai governi che si riconoscono in ambito Ue senza lasciare che ciò sia alla libera discrezione del magistrato di turno, che privo di competenze specifiche, s’inventa qualcosa per protagonismo e attacco all’ordine istituzionale. S’è già scritto sull’argomento. Il dipendente dello Stato, tale è il magistrato, che con il suo agire ostacola per ideologia l’azione delle istituzioni, va licenziato. Non possiamo permettere che uno incaricato di “giudicare” sia orientato politicamente in forma aperta e dichiarata.
Il concetto va spiegato meglio. L’incaricato del ruolo giuridico d’interpretare la legge e interposi tra le umane vicissitudini, emettendo sentenza, non può avere un orientamento politico palese. Nel caso quest’appartenenza dovesse rendersi chiara e inequivocabile, il dipendete dello Stato magistrato, cessa della sua funzioni, si dimette o va licenziato. Non sembra un concetto così complesso, vero?
Qui non si discute il senso delle sentenze che vanno giudicate, studiate e discusse come confrontate, ma il vizio di forma che è insito nell’organo giudiziario che non può garantire oggettività se di parte.
Chiarito che si chiede il licenziamento di tutti i dipendenti statali e anche magistrati che si sono espressi apertamente per una fazione politica, sul merito della lista degli Stati, di cui i loro immigrati come dovrebbero essere considerati, resta un atto nella competenza della politica. Ne consegue che quanto prima, in ambito comunitario, ci si esprima codificando una lista.
Resta un altro argomento da considerare. Il diritto comunitario dev’essere realmente considerato al di sopra di quello nazionale o solo d’indirizzo e conforto? I polacchi sul tema hanno aperto un confronto acerrimo, ma sono stati zittiti perchè eletto un capo del governo pro-Ue e quindi il problema è stato “risolto”. In realtà il concetto è aperto e richiede un approfondimento.
Com’è possibile che il diritto di una realtà straniera dev’essere superiore alle leggi dello Stato?
Qui si va oltre la lista dei paesi e s’attacca il “giocattolo” di una parte attiva della magistratura italiana, rea d’essere di parte e quindi non necessaria allo Stato e alla comunità.