Il costo del personale nella siderurgia

 

La distribuzione del costo del personale tra produzione e la branca amministrativa/vendita-direzione nelle imprese è un argomento che coinvolge tutti e alberga nella mente di ogni imprenditore, nonostante la dottrina non intervenga offrendo adeguati parametri di riflessione e confronto.

Nel tentativo di supplire al silenzio degli studiosi, ci si è messi al lavoro coinvolgendo imprenditori, commercialisti, studi legali di diritto societario, intermediari e manager.
La domanda per tutti è la stessa: come avete suddiviso percentualmente l’onere del costo del personale nella vostra impresa tra produzione e uffici?

La voce del commercialista aziendalista: Riccardo Ramuglia.

«L’argomento in dottrina non è affrontato in forme chiare. C’è qualche studio alla voce “diseconomie di scala”, che indica, mediamente, che a ogni 16 operai ci sono 4 quadri e 1 manager. Sono dati molto generici che vanno considerati in termini ponderati, il che vuol dire che il manager, guadagnando di più degli operai, incide, molto spesso sul totale di quella unità lavorativa, il 40%. Quale la formula giusta? Non esiste, va sperimentata da caso a caso. Si entra, con questo argomento, in un campo dove il consulente deve lasciare la scrivania e condividere qualche giorno con il cliente, per capire e poter progettare degli organigrammi adeguati, completi di mansionario e carichi di lavoro».

La voce dell’imprenditore: Enrico Vettorato (Alba Siderurgica).

«In Italia siamo al 50% anche se qualcuno ci considera sovradimensionati. In realtà per movimentare la merce esiste ormai una logistica più che collaudata, oltre a non essere più soggetti a quei picchi di consegna merci di 7-8 anni fa. All’estero, precisamente in Croazia, se si considera solo il personale impegnato si potrebbe pensare a un 60% in produzione, che in realtà va ridimensionato al 50% se si considera il lavoro di direzione svolto dalla sede italiana. Concludendo: l’ordine di grandezza, nel nostro campo, è per una metà di personale in produzione e l’altra in ambito amministrativo, vendita e direzione».

La voce dell’imprenditore – area produzione: Mario Bin (Pietro Bin).

«Siamo organizzati al 50% tra le due aree aziendali. Pur avendo valutato più volte questo equilibrio tra operativi e amministrativi-personale di vendita, l’onere degli adempimenti di legge non consente di poter ridurre il carico amministrativo».

La voce dell’imprenditore – area produzione: Enrico Bettuzzi (Oiki).

«Pensando a com’era l’azienda 20 anni fa, sia in amministrazione che in produzione, non c’è una gran differenza nel numero d’addetti. Ciò che è invece letteralmente esploso riguarda il servizio alla vendita. Da noi ci sono due unità che tutto il giorno provvedono solo all’emissione dei certificati d’analisi di produzione che “non ti paga nessuno”. Considerando le necessità della qualità e del servizio al cliente, che rappresentano i veri protagonisti di questi ultimi anni, la proporzione tra chi è impiegato in produzione e gli altri profili d’impiego del personale in Oiki, siamo al 50%».

La voce dell’imprenditore – settore commercio in rottami: Sonia Zinfolino.

«Noi commerciamo rottami nell’area torinese e siamo in cinque. Operativamente tre di noi sono nell’area amministrativa/commerciale/direzione e due nella movimentazione merci. Percentualmente la parte di produzione vale il 40% del totale. Giusto o sbagliato, abbiamo trovato questa scelta vincente perché il vero impegno per noi è la relazione con il cliente e le incombenze amministrative, più che la manualità nel lavoro. Ho letto con grande interesse gli articoli già pubblicati relativi alla differenza tra società liquida e solida, riferendo le osservazioni di Zygmunt Bauman. In effetti è vero, il nostro lavoro, benché commerciamo in rottami, è meno “fisico” di quanto s’immagini e molto di più di relazione commerciale e burocratica (appunto liquido)».