Il fallimento dell’Euro come moneta unica europea. Articolo tratto dal Taccuino americano.

In effetti qui negli USA sto facendo fortuna perché chiamato a riferire su cosa stia accadendo in Europa, in questi mesi e soprattutto in prospettiva sull’autunno, per quanto riguarda le sorti della moneta unica detta euro. Chi mi chiama sono diversi enti, università, giornali.

In quest’opera di consulenza, non faccio alcuna fatica nel replicare quanto affermo da 10 anni: l’’euro risponde a un’iniziativa fallita, ma oggi ho un argomento in più che potremmo definire una ferra ostinazione da parte degli organi direttivi europei a mantenere in piedi una divisa che oggettivamente ha fallito la sua missione. L’euro ha fallito.
Per fare questo, come riferimento storico penso alla Germania alla fine del 1943, quando ormai la storia assunse la forma di un’agonia per una guerra perduta da combattere ancora. Un Hitler illuminato (se tale fosse stato) avrebbe cercato una via percorribile per chiudere il conflitto, ma così non fu, per cui la storia è purtroppo piena di lenti quanto inesorabili tormenti e di pochissimi successi spesso dovuti al caso più che a un severo esercizio di disciplina. L’euro segue questa prospettiva.
Sicuramente in un’epoca di Olimpiadi, questo ragionamento non coglie lo spirito corrente, perché nel gioco la competizione viene spinta fino all’ultimo decimo di secondo con reali possibilità di vittoria, ma non credo che l’istantaneità di una competizione o i lunghi preparativi sportivi per una gara olimpionica siano comparabili con eventi così complessi e prolungati nel tempo, come un conflitto o una fase storica. Tornando al ragionamento di base s’osserva come:
– la moneta euro sia un fallimento annunciato;
– nessuno ne vuole realmente prendere atto;
– non ci siano apparenti vie d’uscita;
– ovviamente i danni, già di per sé ingenti, prolungando il coma da euro, sono ancora maggiori insistendo in questa situazione assumendo la forma di un gelato che al sole di ferragosto inesorabilmente si scioglie.
Nel momento in cui questi argomenti sono chiari nella loro definizione, ma non condivisi da tutti, si dovrebbe comunque partire nel cercare soluzioni. Purtroppo però una fase di questo tipo non è ancora iniziata ed è questo che lascia perplessi in merito alla responsabilità e capacità di gestione delle istituzioni da parte dei nostri leader politici e intellettuali. L’Europa lascia in tutti noi un senso d’indefinitezza e di vago, non tanto per il fallimento annunciato della moneta euro, ma per l’assenza di soluzioni alternative che già da almeno un anno avrebbero dovuto occupare il loro posto sulle scrivanie di tutto il continente.
Non si gestisce una Nazione applicando le soluzioni al problema del momento, ma “immaginando e progettando” i prossimi 12-18, 24 e 36 mesi. Cosa saremo tra 5 anni? Ecco l’oggetto di un serio programma politico, che in Italia non riesce a formalizzarsi.
Entrando sul piano delle soluzioni (livello ancora sconosciuto in Europa) l’unica in grado di salvare il salvabile sarebbe un “doppio corso”, ovvero il parallelo uso di due unità monetarie; una interna e l’altra per gli scambi internazionali. Si tratta di un ritorno alle monete nazionali e alla connessa libertà d’usare anche la politica monetaria insieme a quella industriale per le necessità economiche del singolo paese (funzione abrogata con l’entrata dell’euro). Al fianco della divisa nazionale, allo stesso corso corrente (quindi comunemente scambiata) serve l’euro indirizzato principalmente nella regolazione dei rapporti con altri paesi della Ue.
In termini di cambio tra divisa nazionale e l’euro, necessita ripristinare il cosiddetto “serpente europeo” (già utilizzato negli anni settanta) dove l’oscillazione tra la lira come il marco e l’euro, non dovrebbe andare oltre il più o meno 2,25%.
Ecco fatto. Non ci sono altre soluzioni per salvare il salvabile: chi è in grado di pensarle si faccia avanti.

Stati Uniti – 29 agosto