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Il bisogno di una fisicità compensativa nel gestire il tremore ne Il prigioniero da Parkinson

Coscienti dell’importanza che riveste il contatto fisico per i neonati verso la mamma (appena nati sono appoggiati sul petto della madre) estendendo questo concetto noto a tutti a il prigioniero da Parkinson, emerge l’importanza del contatto epidermico come calmante e rassicurante per la persona, al fine d’aiutarla a stabilizzare nuovamente il suo equilibrio nervoso.

In se per se il concetto dovrebbe essere naturale e semplice, ma così non è.

Parlando con alcune persone nella condizione de il prigioniero da Parkinson, emergono una serie importante di novità:

– il prigioniero da Parkinson si vergogna del suo stato tendendo per questo a isolarsi;

– nella logica dell’isolarsi, quasi nessuno si è mai preoccupato d’educare il partner ai propri bisogni. Più specificatamente il prigioniero da Parkinson solitamente non spiega al partner cosa dovrebbe fare per aiutarlo. Emerge ancora una volta come il “malato” si isoli quando dovrebbe aprirsi e si vergogna quando dovrebbe dominare la sua posizione di debolezza;

– curiosa è l’affermazione di una Signora: quando passeggio in città e tremo non ho particolati problemi di vergogna, ma se mi trovo con le mie nipotine, mi fa soffrire lo sguardo dei passanti esprimendo la pena che provano per le bimbe nell’avere una nonna nel mio stato.

Questi 3 passaggi appena descritti impongono una riflessione.

Va ricordato quanto sia strategico che il prigioniero da Parkinson possa apertamente EDUCARE il proprio partner ai nuovi bisogni narrando ogni dettaglio senza vergogna. In particolare, nella fase di tremore sarebbe saggio che il partner abbracciasse il suo congiunto nel contatto a pelle riabilitando una nudità non sessuale; ne più che meno come avviene nella fase del parto tra neonato e la madre. Affermare questi concetti significa scontrarsi con il pregiudizio che gli stessi sofferenti da Parkinson hanno, respingendo ogni novità e in particolare quelle di carattere sociologico, specificatamente quando toccano le sfera fisica confondendo nudità con sessualità.

E’ importante ricordare quanto sia necessario il recupero del contatto FISICO con il partner (non solo sessuale e comunque qui non trattato) . Il prigioniero da Parkinson nella fisicità della relazione amorosa è in grado di stabilizzare l’ansia del suo disturbo, senza con questo risolvere il problema, però gestendolo in una forma nuova e condivisa nella coppia.

Basta avere pregiudizi paralizzanti! Necessita una nuova stagione mentale per il prigioniero da Parkinson che è il primo a volersi far del male in una sorta di masochismo diffuso (seppur incosciente)

Il contatto fisico attraverso l’epidermide, è quello più gravido di significato che la storia dell’umanità possa ricordare e vivere. Le persone possono avere linguaggi verbali diversi e non intendersi, ma una carezza conserva quel valore profondo di umanità a cui ogni esistenza non è indifferente. Nel momento in cui ciò è vero, va rivaluto e utilizzato nella cura de il prigioniero da Parkinson.

Concludendo:

– serve che il partner sia EDUCATO alle nuove necessità de il prigioniero da Parkinson. Chi deve svolgere questa funzione di sensibilizzazione è solo e soltanto chi sta soffrendo.

– in presenza di tremore, il partner (la persona più indicata) deve immediatamente abbracciare il prigioniero da Parkinson e possibilmente, se ci fossero le condizioni opportune, spogliarsi per aderire corpo a corpo, senza che questo abbia valenza sessuale ma solo corporea. Non si esclude che nella logica di coppia, possa anche realizzarsi un sano momento di riflessione fisica in amore, ma non è questo lo scopo primo del contatto, che serve a calmare e stabilizzare il prigioniero da Parkinson ricercando in questo modo una nuova qualità di vita.

Non c’è peggior nemico di un malato che la sua vergogna e il suo voluto isolamento.

Giovanni Carlini, sociologo per una nuova idea di terapia sociologica nel Parkinson – appunti di studio e ricerca.