Dossier Russia, studi per prof Carlini come corrispondente estero.


Dossier Russia – da nostro corrispondente estero, Giovanni Carlini. Quanto è difficile il mercato russo!


IL QUADRO COMPLESSIVO – mercato articoli di pulizia
Prima di avventurarci in una meticolosa descrizione della Russia, sulla quale sono molte di più le ombre che le luci, è opportuno chiarire subito alcuni passaggi strategici che sono:
a) quanto vale il mercato in valore assoluto e nel confronto con i vicini;
b) la concorrenza;
c) le prospettive a medio e lungo periodo;
d) come trovare partner e quali strategie seguire; (ipotesi di partnership o joint venture)
e) come trovare un distributore affidabile; 
f) costi di trasporto assurdi e metodiche di trasferimento della merce.
Il primo punto: quanto vale il mercato
Pur in assenza di dati certi, perché questo paese non gode di nessuna certezza a partire sia dai sistemi di rilevamento statistici come nel suo ordinamento politico, economico e giuridico, si dice (fonte non confermata dalla Ditta Kerkel – importante impresa tedesca che opera con grande impegno in Russia) che questo mercato valga, nelle sue più sfaccettature 250 milioni di euro, contro i 50 milioni di quello dell’Ucraina.



Il secondo punto: la concorrenza
Stabilito il primo parametro di partenza, ovvero quanto vale il mercato, il secondo passo è capire il peso della concorrenza. Ebbene su questo punto bisogna riconoscere che ad esempio, nel campo delle macchine per le pulizie, non c’è nessun costruttore in Russia (tranne una piccola produzione di aspirapolvere) Pertanto se è vero che questo paese è sicuramente protezionista, cambia tutto quando non c’è produzione e loro stessi necessitano di know how specifico. Su questo punto, in riferimento al concetto “concorrenza”, pur sapendo quanto i polacchi e tedeschi siano attivi e validi in Russia con le loro proposte produttive, vanno fatte delle analisi specifiche per singola area di produzione, senza dare per scontato nulla e cercando di capire le eventuali opportunità. E’ interessante, su questo argomento fare dei paragoni. In India ad esempio, moltissimi settori dell’area del pulito sono coperti da produttori nazionali, che godono di ampia protezione da parte del governo locale, per cui un operatore europeo è in difficoltà nell’entrare in India se non con una joint venture verso un produttore indiano. Problematiche diverse si presentano poi in Cina dove il “copyright” è totale quanto troppo diffuso. Ciò comporta che con totale immediatezza, al lancio di una produzione diretta verso il mercato interno, corrisponde la pronta iniziativa di un altro produttore locale, decisamente più tutelato dall’ordinamento giuridico cinese e forte dai rapporti di cui può godere rispetto un imprenditore occidentale. Indubbiamente questo dossier si chiama Russia e non “paesi del mondo”, ma dei confronti a “tutto campo” sono necessari per meglio descrivere la dinamica russa.
Terzo punto: le prospettive del mercato russo
Il terzo punto è chiedersi se la Russia sia un mercato in espansione. Oggi, primavera 2008 con un “tracollo” del rublo del 30% nel cambio contro euro, il mercato russo è fermo. Le proiezioni sulla crisi in corso “ipotizzano” una svolta nel 2010 (secondo semestre) o sicuramente nel 2011 per cui se oggi è crisi, e lo è nel senso più difficile del termine, non si può non immaginare che prima o poi, imparando le nuove regole che il mercato sta scrivendo, si possa tornare a gestire un mondo economico che sarà diverso, ma comunque funzionante.
Sicuramente non è questo l’ambito e il contesto dove discutere di crisi economica, ma alcune considerazioni meritano di essere fatte. 
BOX 1 – Quanto durerà la crisi?
L’editore mi chiede di scrivere un breve intervento per spiegare perché la crisi sta durando più del previsto, aiutando così gli operatori ad orientarsi in quanto c’è molto sconcerto in giro. Francamente, dal mio punto di vista, di studioso mi chiedo al contrario come si faccia a non sapere che prima del secondo semestre 2010 la situazione non può cambiare!
In tutti i convegni dedicati all’economia e a questo momento sono sfilati il fior fiore degli amministratori delegati delle più importanti società recitando un unico testo: non abbiamo saputo prevedere la crisi. Ma certo che non l’hanno saputa vedere! guardavano solo nel loro mercato, perdendosi i macrodati macroeconomici. La crisi subprime non è nata a luglio 2008 ma è stata preannunciata almeno nell’estate 2007. Non si può agire su un mercato disinteressandosi di quanto accade sul più ampio spettro economico e questo è un difetto “mortale” specifico di chi opera sui prodotti di pulizia, macchinari e affini.
Chiarito il primo concetto vediamo di spiegare perché non prima del 2010 sarà possibile un assestamento.
La crisi in corso, non ha al momento cure perché è talmente nuova, che non ci sono strumenti di paragone per poterla gestire. In realtà il vero problema è che tutti si concentrano nel cercare soluzioni sul piano finanziario, monetario ed economico, quando la radice del malessere è prettamente sociale. In definitiva, non siamo in crisi perché qualcuno ha smesso di pagare il mutuo di casa propria, ma si sta ridiscutendo tutto un modo di vivere e relazionare.
Nello specifico un modo di produrre non è mai fine a se stesso (ecco un errore strategico commesso dalla globalizzazione). Non si produce nella stessa maniera ovunque. La produzione è lo specchio della società in quel paese. Si capisce che, così facendo, mettere i cinesi in una fabbrica è stata una mossa che adesso giustifica rivolte e ribellioni in un paese estraneo al ciclo produttivo e alla produttività com’è intesa nel mondo occidentale (il dramma del dimezzamento di crescita del PIL per la Cina, ad esempio, non è solo per un ritorno alla sua povertà millenaria, ma lo scoppio di rivolte sociali tali da destabilizzare il Paese e la sua dittatura) 
Ne consegue che a seconda della società dove si vive (islamica, rurale, industriale, di servizi etc.) c’è un determinato apparato produttivo. Oggi stiamo assistendo al rigetto, da parte del mercato, di un sistema di produzione che ha fatto il suo tempo. Si osservi ad esempio il prezzo del petrolio. L’oro nero era 147 dollari al barile all’inizio dell’estate 2008, oggi, ad aprile è sui 46. La differenza è di 101 dollari che rappresenta il 68,7% del prezzo. A questo ragionamento va considerato il calo dei consumi: in pratica in tutti i continenti si è conteggiata una riduzione almeno del 3%. A conti fatti la differenza tra 68,7% e il 3% rappresenta la quantità di speculazione che grava sul petrolio, quindi il 65,7% del suo valore. Considerazioni analoghe valgono per molti altri prodotti, compresi quelli chimici, la carta, i macchinari che risultano troppo spesso completamente sganciati dalla quantità di effettiva materia prima che contengono. Può reggere un mercato in queste condizioni? Bastano questi ragionamenti per dire che la crisi non è dovuta a qualche banca fallita, ma stiamo vivendo un cambio di sistema. 
Tradotto in termini operativi non è una crisi dalla quale se ne esca con una manciata di mesi, dove basta trincerarsi e “tenere duro”, al contrario serve che il sistema economico torni a essere specchio delle singole società nazionali, pur conservando un alto-altissimo grado di integrazione. 
Perché questo accada servono almeno 2 anni.
Tornando alle ipotesi di proiezioni future sulla Russia va considerato che in senso lato, cioè riguardando tutti i comparti produttivi, l’export italiano è calato del 41,2% a gennaio 2009 (confronto con il 2008 che vede anche in calo del 38,9% con gli USA e del 44,3% con il Brasile). Non solo ma la stessa produzione industriale russa si è contratta del 16% (dati a gennaio) con un calo del PIL nell’ordine del’8,8% quando già a dicembre era sceso del 2,4% Pensare che nel corso del 2009 qualcosa possa cambiare non ha senso. Però c’è una considerazione di fondo da fare e ciò deriva, ancora una volta dal confronto con altri mercati. 





Il secondo grafico indica l’andamento demografico russo che segnala un forte calo di nascite. Questo dato viene qui offerto in meditazione a quei produttori molto sensibili alle diverse fasce di età. In effetti un andamento di questo tipo è anche nell’Europa Occidentale, ma non figura ai fini statistici, a causa dei massicci ingressi d’immigrazione. Una considerazione “logica” studiando il presente grafico sulla “crisi demografica russa” è quanto la popolazione di questo paese invecchi di più e rapidamente, rispetto alle altre, il che comporta un certo tipo di richiesta di prodotti diversi.

Laddove la Cina, se non dovesse centrare un risultato minino di crescita pari almeno al 5% di PIL, è fortemente esposta a ribellioni e sommosse da parte della popolazione civile (va ricordato quanto la Cina sia ancora una dittatura comunista dove ben 20 milioni di persone sono rientrate nelle campagne dai distretti industriali nei primi mesi di quest’anno) questa situazione non è della Russia. Secondo dichiarazioni del ministro dell’Economia, Elvira Nabiullina (25 febbraio) per cui gli stipendi dei russi scenderanno del 4,1% quest’anno, il PIL russo può retrocedere fino a -5% senza intaccare la stabilità del Paese. Per quanto la democrazia non sia sicuramente un valore certo e condiviso nell’attuale Russia, rischi di destabilizzazione sociale “modello cinese” non sono, comunque fino a oggi, ipotizzabili oltre le semplici dichiarazioni governative, causa e grazie a una certa ritrovata compattezza etnica rispetto quello che era una volta l’URSS.
Al netto di rivolte sociali e ipotesi di nazionalizzazione per gli stabilimenti produttivi occidentali in Cina, la Russia offre quindi un Paese sicuramente in crisi profonda, ma con una discreta possibilità di riuscita nel futuro da qui a 2 anni. 

Fig. 3 – Quanto si sono deprezzate le valute dell’Est Europeo rispetto all’Euro – valori in percentuale, tutti negativi espressi alla data del 18 febbraio 2009 e in continua evoluzione peggiorativa. – fonte Moody’s e S&P’s



Quarto punto: dov’è il partner?
Sul discorso di dove e come trovare il partner in Russia ci sono 2 tesi fondamentalmente opposte ma comunque valide. La prima è quella di imprenditori di successo (vedi imprese italiane) che già 15 anni fa hanno iniziato a percorre in lungo e per largo tutto il paese, fino a trovare reali opportunità e personaggi con quali investire. E’ la storia di chi oggi ha in mano il contratto di pulizia dell’aeroporto di Mosca, dello stesso Cremlino e anche dello Stato del Vaticano. (sicuramente Roma è poco significativa in questo dossier, ma rende l’idea per una capacità di muoversi in forma globale, che si estende oggi da Dubai, all’Iran e prossimamente al Kazakistan e l’Afghanistan) Stiamo parlando del sistema classico che richiede tempo e pazienza: il soggiorno in loco. L’altro criterio è invece più rapido, ma sicuramente dispendioso. Si tratta di passare attraverso le camere di commercio italo-tedesche o direttamente quella polacca a Varsavia che offrono (quella tedesca oscilla tra i 6.500 e i 12.500 euro) servizi di ricerca di un partner magari collocato nei Lander orientali della Germania dove è possibile utilizzare i fondi allo sviluppo economico stanziati dal governo di Berlino o quelli della UE per la Polonia (110 miliardi). In pratica si tratta di accordarsi con operatori tedeschi e/o polacchi per utilizzare quei paesi come trampolini di lancio al fine di proseguire in Russia. 
Quinto punto: il distributore
Chi a livello di produttore ha deciso di vendere in Russia non cerca tanto un partner, quanto un distributore locale. Per rintracciare questa figura oltre a perseguire le metodiche già appena indicate, va rammentato quanto già più volte detto in precedenti dossier paese sull’est europeo qui pubblicati. Attenzione a una litigiosità molto alta, decisamente strumentale, che vede quasi sempre l’imprenditore occidentale alle prese con vicende giudiziarie scatenate dal suo socio o distributore che sia, non pago dei precedenti accordi con un apparato giudiziale locale sempre schierato nella difesa di chi è residente in quei paesi. Come cautelarsi? Non esiste una formula magica. Sicuramente la “perdita di tempo e l’impegno di denaro” che caratterizzano la prima delle due scelte sopra descritte nell’identificazione del partner, potrebbero rivelarsi un buon investimento se dovessero servire a evitare le conseguenti rivendicazioni giudiziarie, che spesso rovinano i budget predisposti dalle imprese occidentali.
Sesto punto: costi di trasporto assurdi
Uno dei problemi più complessi che deve affrontare un produttore europeo che volesse esportare il suo prodotto in Russia, sono i costi di trasporto e i dazi applicati. 
E’ stato già sottolineato quanto sia protetto il mercato russo. Vanno quindi ricercate delle “piste” di avvicinamento senza le quali si resta fuori mercato.
Attualmente si transita tramite le Repubbliche Baltiche e la Finlandia per evitare i pesanti dazi che comportano, poi alla fine e tutto compreso, un prezzo di 100 dollari, ad esempio, per inviare solo un pacchetto di 10 kg. 
Ad Aprile a Mosca!
Oltre l’impegno fieristico di Afidamp su San Pietroburgo, dopo quello a Mosca del dicembre 2008, sempre nello stesso mese di aprile, ben 800 imprese italiane si sono unite alla missione di presentazione delle opportunità d’azienda che il Premier italiano, Silvio Berlusconi, condurrà dal 6 aprile. Da conversazioni informali avute con importanti imprenditori italiani in Russia, c’è una critica verso l’associazione di categoria italiana Afidamp, per una scarsa capacità di assistenza verso le PMI consociate, che sono rimaste deluse dagli esiti della recente manifestazione specialistica a Mosca.
Perché la Russia non parla?
Redigere questo dossier, rispetto tutti gli altri già pubblicati è stato molto difficile. Il motivo risiede nel silenzio che contraddistingue gli organi ufficiali di informazione, i quali se possono assumere un ruolo di riservatezza verso la stampa (non se ne capisce il perché) mantengono lo stesso atteggiamento anche verso le imprese, che vorrebbero entrare in contatto con ipotetici partner. 
Per iniziare a capire le potenzialità della Russia ci si è affidati alle fonti dell’ISSA a Chicago, la quale ha rinviato sull’Ufficio Olandese che si è trovato in difficoltà. L’Afidamp, che nonostante ben 2 fiere, in pratica “naviga a vista” si trova in un contesto dove il Consolato Russo di Milano per ben 2 mesi è stato incapace di rispondere a una richiesta in inglese di informazioni e il cui telefono suona sempre a vuoto o perennemente occupato. In questo silenzio c’è anche la camera di commercio italo-russa interessata alla stesura del dossier, ma che non ha trovato lo spazio e il tempo per agire. Non sono da meno le non risposte avute da ben 49 imprese russe di distribuzione dei prodotti di pulizia tutte interpellate una per una, ma incapaci di relazionare (rispondere a delle domande) Certo che un imprenditore occidentale, dinanzi a questa nuova riedizione della cortina di ferro, (in senso contrario e opposto) resta, tutto sommato piuttosto scoraggiato, tanto da investire le proprie energie e tempo in mercati più promettenti quali Medio Oriente e quelle regioni, ancora tutte da scoprire come l’Iran. 
In questo mare di “non so”, a cui si affiancano anche alcune imprese italiane che prima ancora di sentire che cosa si vuole chiedere, rispondono non ci interessa (caso Alberti International) le informazioni qui presentate sono state ottenute da interviste avute e gentilmente concesse da alcuni operatori italiani già presenti sul mercato Russo da molti anni e dalle Camere di Commercio italo-tedesca a Milano e quella polacca di Varsavia, che si sono confermate effettivamente di primo ordine. Il motivo per cui “la Russia non parla” è che probabilmente non è stato ancora raggiunto un livello di maturità imprenditoriale, in grado di competere e relazionare con i mercati occidentali più avanzati, da qui una conclusione. In Russia o si entra pesantemente appoggiati e protetti grazie a un accordo con altre imprese (vedi tedeschi e polacchi) o, umilmente, bisogna investire tempo e denaro per risolvere in proprio ogni necessità, pur restando con una soglia inusuale di diffidenza e prudenza rispetto ad altri mercati che però non crescono.
Conclusione
L’industria ha bisogno di mercati in crescita che non sono certamente quelli occidentali, ormai piuttosto stabili. Avventurarsi nei nuovi mercati è quindi un obbligo. La Russia al netto di tutte le sue eccessive limitazioni, resta un mercato troppo importante per essere trascurato come invece verrebbe spontaneo.