Uno dei punti fragili della nuova generazione consiste nella carenza di pensiero autonomo. Intervistati un certo numero di persone, collocati in un’età intorno ai 30-35 anni, per cui siamo in presenza d’uomini in età giovanile, nel pieno delle loro facoltà (non più giovani, ma certamente uomini e donne al massimo della loro creatività umana) per di più in questo caso collocati al massimo dell’iter formativo e proiettati in abito dirigenziale (mancano ancora 15-20 anni perchè ciò accada) quando gli è stato chiesto una valutazione sul percorso formativo appena concluso, si sono tutti espressi nel seguente modo:

  • come pensano gli altri;
  • il mio pensiero non si discosta da quanto hanno già detto gli altri;
  • siamo tutti allineati sullo stesso punto di vista;
  • idem a quanto hanno già detto gli altri.

Mamma mia Signori che carenza di creatività! Che fine ha fatto il pensiero autonomo, vivo e creativo?

E’ veramente impressionante, ma anche triste assistere a questa massificazione del pensiero espresso. Vuol dire essersi costruiti addosso una dittatura di fatto che tarpa ogni concreta possibilità di pensiero originale. Anzi, nella stessa vicenda è accaduto un altro dettaglio da studiare.

Un personaggio (frequentatore di corso) interrogato sul percorso formativo svolto, si dichiara “offeso”. Immediatamente è sorta la domanda: offesa da cosa? La persona sollecitata riesce a spiegare che è “offesa” dalla diversità di pensiero.

Da quando in qua il pensiero diverso è offensivo?

In realtà, andando a fondo, non c’è un pensiero diverso o comune. La persona non ha elementi per controbattere delle analisi e questa incapacità l’offende o la fa sentire offesa. Inutile dire che il soggetto ha utilizzato la parola errata per spiegare un suo stato d’animo. Caspita però, sbagliare parola quando questo personaggio è costato alla comunità 160mila euro di formazione ricevuta (6.500 per ogni anno prima dell’università e 11.500 nel percorso di laurea) non è un problema da poco.

Conclusione: gestire e indirizzare questi uomini e donne in età giovanile vuol dire, tra le altre cose, aiutarli ad un pensiero autonomo che non sia massificato/standardizzato. Quindi farli esprimere quanto pensano oltre il branco, senza farsi soggiogare dalla logica del gruppo. Infine che abbiano proprietà di linguaggio senza confondere un aspetto per un’altro.

Che mondo triste quello di un pensiero massificato.

Nelle immagini, a corredo della riflessione, ho voluto appositamente indicare dei giovani del periodo 1860 a significare che tutti lo siamo stati, ma non per questo ci siamo lasciati assorbire dal pensiero altrui scrivendo di conseguenza la storia.