The Prisoner of Parkinson – metodologie

In onore e rispetto all’interesse che proviene dall’estero per la teoria sociologica al Parkinson, qui delle precisazioni metodologiche. The Prisoner of Parkinson emerge da uno studio di sociologia QUALITATIVA non quantitativa. La differenza è sostanziale! Nella ricerca sociologica quantitativa si osservano degli eventi “comuni e massificatili”. Questi fatti vengono studiati come applicazione di massa. Ad esempio: come spendono lo stipendio coloro che non sono disoccupati? Dallo studio emergerà che le spese d’affitto incidono per il tot percento e così via. Emerge subito come la ricerca quantitativa sia per i grandi numeri su eventi “massificatili”.

Totalmente opposta è la ricerca sociologica QUALITATIVA.

Questa si dedica a fatti della vita e della società che hanno quel percorso e non altri.

Quando con Milton Erikson siamo passati dal malato al paziente, in realtà abbiamo lasciato la ricerca quantitativa per entrare nella QUALITATIVA.

Con l’epoca globalizzata (dal 2000 ad oggi) il paziente è diventato sempre di più un individuo non massificatile. Il dolore si è reso sempre più “percepito in forma privata e individualistica”. Detto in altre parole, non abbiamo più malati, ma singole personalità che reagiscono in forme diverse alle stesse cure. Anche la farmacologia non può più rispondere in forma standard.

Che la farmacologia non possa più agire in forma standard è dimostrato dagli studi qui sviluppati.

The Prisoner of Parkinson, senza accusare la medicina, ha rilevato comportamenti sessuali devianti.

Più persone, osservate nella scuola di pensiero The Prisoner of Parkinson, sentono d’aver reagito all’intossicazione da farmaco, con azioni sessuali non volute.

Il tema in analisi in questo studio, non sono le devianze sessuali indotte da farmaco. Tale riflessione è già stata accennata precedentemente. Al contrario qui si vuole porre l’attenzione sul bisogno di considerare il paziente come un’individualità. Un personaggio iper individualista che reagisce in forme diverse alla cura. Con queste premesse, gli spazi di ricerca quantitativa sono minori rispetto al passato. Per capire (più che indagare) la reale condizioni di vita del paziente in era globalizzata, non resta che la ricerca QUALITATIVA.

Nella ricerca qualitativa si fa largo uso del dialogo con il paziente. Quindi la continuità e quotidianità d’osservazioni con la presa d’appunti. Vorrei dire che è la confidenza e lo star vicino alla persona nella continuità, il vero metodo QUALITATIVO di ricerca. Serve convivere con la persona! E’ quanto è stato applicato nella metodologia nota come The Prisoner of Parkinson.