Taccuino americano Usa: la frontera (limes) come concetto – El Paso, Texas

El Paso (Texas) – La frontiera è semplicemente la linea di demarcazione tra due stati; in Europa occidentale ne abbiamo perso il significato, ma non è così nel resto del mondo. Tra l’Italia e la Francia, all’altezza di Ventimiglia, non si percepisce una frattura sociale così intensa tra comunità nazionali, tanto che è facile proseguire oltre il Principato di Montecarlo senza rendersi conto di una sostanziale differenza negli stili di vita. La stessa sensazione si riceve in Svizzera e in particolare nel Canton Ticino. Onestamente anche in Austria, e quindi in Germania, pur varcando la frontiera, non si percepiscono grandi differenze.
Al contrario, la frontiera si trasforma in limes (dall’esperienza storica dell’Impero Romano) quando la linea di demarcazione tra popolazioni si fa netta, inequivocabile, focalizzando «noi e loro». Il limes, come già fu per la cortina di ferro, costituisce un confine sociale e ideologico.
In Europa ci siamo disabituati a quello che è usuale nel resto del mondo. Abbiamo dimenticato il confine-limes tra Israele e i diversi paesi arabi e non riusciamo a far mente locale sul confine-limes tra Stati Uniti e Messico, solo citando alcuni esempi noti. Con questa «distrazione», passeggiando per la città texana di confine, El Paso, dal centro commerciale, un turista non riesce ad immaginare di trovarsi a 300 metri dal confine con Ciudad Juarez, l’omologa città messicana a ridosso di El Paso, oltre il fiume Rio Grande. Attraversando il quartiere siriano-libanese, trasformato in bazar esentasse, si giunge rapidamente alla frontiera con il Messico.

Incuriosisce notare l’estrema differenza umana, di comportamento, abbigliamento e forma fisica in un «esercito» di messicani che, a piedi, varca la dogana, qui a El Paso, per acquistare di tutto per trasportarlo pesantemente, a piedi, a casa propria. Un brulicare così intenso, concentrato in uno spazio geografico minimo, caratterizzato da differenze umane così profonde e intense, obiettivamente impressiona. Non eravamo forse in un’era globalizzata? Eppure la povertà qui odora.
Un’esperienza di questo tipo consente di tornare indietro circa agli anni Cinquanta, ponendosi dalla parte degli svizzeri o dei belgi, quando vedevano entrare nel loro territorio gli italiani. I giovani d’oggi non avendo paragoni, difficilmente possono comprendere. Ad ogni modo, questo inatteso tuffo a quello che fu 50-60 anni fa, visitando adesso il varco tra gli Stati Uniti e il Messico, a El Paso, nonostante il trattato commerciale NAFTA in vigore (più o meno come nella UE senza fantasie d’unificazione monetaria, politica e sociale) pone in crisi quanto di scontato sulla globalizzazione abbiamo normalmente considerato.

Una riflessione di questo tipo potrebbe condurre verso una conclusone per la quale è possibile che abbiamo tutti corso troppo, trovandoci ora su un terreno sconosciuto, le cui regole non ci sono note. Serve rallentare. Cosa vuol dire?

Significa che la stessa democrazia è a rischio quando il 50% scarso dei giovani non ha lavoro e questo vale in tutta l’Europa del sud. Vuol dire anche che lo Stato, almeno in Italia, si è trasformato in nemico, quando dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, compresi quelli che non pagano le tasse previste. In pratica abbiamo cercato di far del meglio, ma abbiamo sbagliato, peggiorando la qualità di vita della società occidentale. Tra un sindacato che difende chi sta per perdere il lavoro, dimenticandosi i disoccupati, e la politica che ha perso il senso stesso di riconoscimento del fondamento delle idee, in una mescolanza tra partiti senza precedenti, restano solo le aziende. L’impresa è l’ultimo punto di riferimento in una società confusa.

Certo, oltre al mondo della produzione, va anche riconosciuto onere e gloria all’Arma dei Carabinieri e a una buona parte dell’Esercito riferendosi alle istituzioni, ma il resto dello Stato non è più all’altezza della sfida per una società migliore. Al mondo imprenditoriale non si chiede più solo un lavoro, ma anche di riconoscersi in una comunità sociale che protegga e slanci i suoi dipendenti in un processo d’educazione, crescita e identificazione nell’azienda, transitando da dipendenti a collaboratori.

Questa è la richiesta che le aziende padronali italiani non sanno ancora gestire. Quando un’impresa fallisce, non è solo perché lo stato del passivo non è più gestibile dall’attivo, ma perché è marcia dentro, perché è stata dimenticata l’importanza del fattore umano, che ha una sua specifica valorizzazione nel bilancio (concetto non recepito nel sistema di contabilità nazionale). Si viene così a creare un limes tra la dirigenza/proprietà e le maestranze, nonostante i tempi siano cambiati e oggi non si riesca più a fare impresa (in Occidente) senza un’importante partecipazione del fattore umano in grado di fare la differenza tra il restare sul mercato e chiudere. Ecco perché «noi» occidentali siamo diversi dal resto del mondo ed è più difficile fare impresa nei nostri territori, rispetto a quelli senza regole e considerazione per gli esseri umani. Gli imprenditori avranno capito le nuove regole, per cui il punto di riferimento nella gestione dell’impresa è la persona (non quella del proprietario e della sua famiglia) intorno alla quale costruire una politica del personale che sia anche commerciale?

Ecco le considerazioni che emergono oggi, qui a El Paso, Texas, in un confine che si fa frontera e limes (divisione culturale) che fanno parte del taccuino americano Usa.

Il taccuino americano Usa è un insieme di appunti che si formano da spunti disparati ma con un obiettivo: pensare alla personalità dell’uomo e della donna moderni che risulta spezzata tra privato e professionale. Nel taccuino americano Usa si cerca di riunire l’uomo e la donna in una unica dimensione caratteriale e comportamentale. Questo perchè un’importante quota di disagio sociale deriva dallo smarrimento che deriva dal far parte di tanti mondi senza appartenere a nessuno. Ecco perchè esiste il taccuino americano Usa.

Nella foto il passaggio di frontiera – immagini tratte dal taccuino americano Usa 

IMG_5821

La parte americana che ospita il quartiere siriano-libanese

IMG_5818

 

 

IMG_5834