Cosa accade in Italia? Sintesi dal prof Giovanni Carlini

L’Italia è diventata il simbolo della crisi dell’Europa senza esserlo in realtà. A ben guardare, i problemi sono principalmente francesi, quindi spagnoli per cui anche tedeschi. Non che l’Italia non ne abbia di suoi, ma ha dovuto subire la vergogna di una responsabilità che non è integralmente sua.
Non lo è per questi motivi:

– le banche francesi e tedesche detengono più titoli greci di quelle italiane, per cui sono maggiormente esposte di quelle italiane;

– l’euro è una moneta che ha fallito il ruolo d’integrazione europea, perché era solo uno strumento di finanza tedesco, per controllare l’intero continente, alzandone i costi e quindi riducendone la competitività, che avrebbe danneggiato l’industria tedesca. Sicuramente una moneta italiana, quale fu la lira, rappresentava un pericolo per la Germania perché molto svalutata rispetto al marco. Ecco che incastrando la lira nell’euro, il rischio per l’industria tedesca è stato contenuto. In questo modo però le singole nazioni europee hanno perso la possibilità di svalutare le rispettive monete o l’uso della politica monetaria, riducendo la capacità di gestire le crisi, tant’è vero che oggi le difficoltà sono molto più gravi di quanto sarebbero, se si fosse potuto agire adeguatamente. Va anche detto che con il cambio della moneta si è deresponsabilizzata una intera generazione politica italiana perché si è passati da una moneta debole a forte pur in presenza di un’economia fragile. In pratica fu un’illusione che servì a tutti;

– l’Italia è la terza economia europea, ma la seconda sul piano dell’industria manifatturiera. Questo vuol dire che è stato delocalizzato di meno della Francia. Se è vero che la crisi Greca è dovuta soprattutto da un’assenza di un importante tessuto di piccole e medie imprese, la posizione e il ruolo italiano va rivalutato e confrontato con quello tedesco. Sicuramente gli stessi USA stanno peggio dell’Italia, avendo troppo delocalizzato in Cina e afflitti di conseguenza da un alto tasso di disoccupazione che comprime la spesa interna. E’ così anche in Italia;

– in Italia c’è stato poi un altro problema. Per costringere alle dimissioni il governo Berlusconi che ha le sue pecche non avendo agito tempestivamente e affetto da un eccesso di ottimismo, ogni prospettiva è stata volutamente peggiorata, dando un quadro della Nazione danneggiato e sull’orlo del crack. Questa è stata finzione politica;

– a complicare il quadro istituzionale è stato realizzato dal Presidente della Repubblica una sorta di “colpo di stato”, imponendo un Governo tecnico non eletto da alcun elettore italiano. Il trucco è stato possibile, grazie a un Parlamento che percepisce uno stipendio mensile di 11.700 euro netti contro la media europea di 5.000 euro. Non volendo rinunciare alla paga, l’intero Parlamento ha votato un Governo scollegato alla Nazione, pur di conservare per un altro anno “il soldo”. La conseguenza è che abbiamo in Italia un Governo provvisorio, che sta decidendo senza presentarsi agli elettori, assumendo dei provvedimenti di legge discutibili e impugnabili nei tribunali (Corte Costituzionale). L’esempio più semplice è l’aver introdotto nel sistema giuridico, la presunzione di colpevolezza in luogo della precedente d’innocenza per cui tutti gli italiani, attraverso il controllo individuale del conto corrente bancario operato dal fisco, sono esaminati e incriminati automaticamente. Prima si poteva essere perseguiti per un reato fiscale commesso e non come oggi in forma preventiva, controllando tutto e tutti. Da qui lo scoppio di diversi ordigni contro le sedi degli esattori delle tasse. Questo piccolo aspetto, oltre a un Governo non votato dagli elettori, ha ristretto e ridotto la qualità della democrazia nel Paese;

– senza ombra di dubbio l’Italia non ha risolto i suoi problemi, tra cui un costo eccessivo della politica. Dagli anni Settanta, con l’istituzioni di 20 regioni e 107 provincie, oltre a 8.039 comuni, lo Stato versa ingenti somme per pagare lo stipendio a un’intera generazione di politici, senza che questa abbia saputo esprimere una classe dirigente adeguata. Ne consegue che il Paese è orfano di statisti, non avendo nessuno all’altezza di quanto fu De Gasperi per l’Italia negli anni Cinquanta o di Giolitti a cavallo tra il Novecento e l’Ottocento come di un Cavour negli anni dell’Unità d’Italia;

– più che riforme istituzionali, il Paese soffre di un patologico individualismo favorito da una conflittualità tra partiti, incapaci d’alternarsi o di collaborare pur nelle diverse posizioni di maggioranza-opposizione. Sociologicamente il nichilismo rappresenta il profondo male degli italiani (litigiosità strutturale contro se stessi e gli altri);

– si aggiunga a tutto ciò la presenza di una Chiesa cattolica che ha perso la sue reale missione afflitta sia da problematiche interne (pedofilia) che da un interventismo che ha favorito l’immigrazione illegale, attraverso la sua organizzazione (Caritas). Per ritrovare un attivismo e un senso della fede in crisi, la Chiesa ha mobilitato i fedeli in una sorta d’accoglimento per ogni forma d’immigrato (legale e non) portando a una mescolanza di razze senza averne il mandato popolare e nessuna forza politica ha saputo opporsi o interrogarsi su ciò. Se negli USA l’immigrazione ha motivazioni economiche, in Italia questa risponde a un preciso progetto di mobilitazione culturale dei cattolici da parte della Chiesa, il cui esito è quello d’avere una Nazione con 5 milioni d’immigrati senza che nessuno sappia spiegarsi il motivo. Avendo importato milioni di persone in Italia, senza un progetto culturale di assimilazione, si stanno moltiplicando gli effetti di razzismo a difesa della comunità originale.

Concludendo: l’Italia è affetta da una crisi morale e culturale che diventa anche economica nei suoi consumi, ma non nella qualità della produzione per cui non c’è città al mondo che non sia ricca del “made in Italy” per qualità e simpatia, a differenza del made in china, espressione di una dittatura comunista destinata a sfociare in uno scontro, anche militare, con la democrazia.
Viva l’Italia seppur afflitta dai suoi problemi, abitata da italiani che stanno reagendo.