Showroom e spazi. Adeguare l’immagine dello showroom allo spazio esistente.

in piccolo il tutto

in piccolo il tutto

Si potrebbe dire posto che vai, showroom che trovi. Su questo aspetto serve fare chiarezza perché sussistono due diverse tendenze. La prima è quella dei grandi nomi che affollano il mercato che hanno la capacità di dare forma al loro nome per cui i clienti accettano e pretendono che i diversi negozi dello stesso brand, aperti in luoghi diversi, siano tutti assolutamente uguali o simili per ampiezza, esposizione e numero di pezzi medi offerti per settore merceologico. Il secondo settore è invece quello dei “privati” che hanno l’onere di ricercare e guadagnarsi un’immagine solo per loro, agli occhi della clientela. In questo secondo caso l’aderenza agli stili del luogo è strategica!

piccolo - piccolissimo showroom

piccolo – piccolissimo showroom

Lo studio qui pubblicato è dedicato a quest’ultima categoria.

Come detto in apertura, lo showroom non è tale solo perché si schiera su un ampio terreno di vendita in modo tale che le persone possano muoversi su itinerari prestabili in un “tour” che nella sua estensione coniuga l’interesse all’acquisto da parte dei visitatori. Al contrario, dicesi showroom per intendere un metodo di vendita che offra ampia libera scelta di osservazione all’utenza, arricchito da punti di ascolto e consulenza che possono anche vendere. Se questo è vero, chi fa il metodo di vendita è certamente il criterio di esposizione della merce, ma soprattutto il fattore umano che ascolta, recepisce, interviene interagendo con l’utenza; insomma sono le persone che costituiscono e rappresentano il metodo.

ingresso di uno showroom molto piccolo

ingresso di uno showroom molto piccolo

Il fattore umano è fortemente localizzato, nel senso che per accento nel linguaggio, colore della pelle e modi di fare, esprime una certa geografia umana che è quella e non altra. Sulla base di questo ragionamento uno showroom di un’area periferica alla città, ad esempio, oltre alle intuibili dimensioni più ampie rispetto il centro città ed al fatto di godere di un allestimento con più centri di accoglienza alla clientela;
– conterrà ed esporrà all’ingresso quel tipo di prodotto che in quella zona è più diffuso (ecco che qui si da una dimensione rionale al negozio per cui il parquet è favorito nelle aree residenziali anziché i centri commerciali e gli uffici)
– si doterà di venditori in linea con le aspettative di quella zona, per cui saranno giovanili in presenza di aree commerciali importanti, o maturi e particolarmente tecnici, ben formati, se in aree altamente residenziali dove si apprezza di più una donna come venditrice che un uomo (purtroppo il mercato per cui questo studio è scritto utilizza pochissime donne)
– ordinerà i percorsi d’ingresso nel negozio sapendo che in periferia i visitatori si spingono più in profondità nello showroom e per maggiore tempo, quindi l’esposizione e la ricchezza nella scelta sono maggiormente valorizzati fuori dai centri urbani che al loro interno. Da qui è possibile progettare “soluzioni multiple”, per cui chi entra in uno showroom, si trova inizialmente più scelte di percorsi che a sua volta si snodano in altri ancora sapendo che questa progressione è particolarmente gradita alla clientela.
Ovviamente uno showroom di città si sviluppa con modalità opposte a quelle appena descritte.
Queste considerazioni nascono da una visita presso lo showroom “Carpeteria” a Victorville, nel deserto del Mojave, California – Usa. AREA SWOROOM prosegue la sua ricerca a tutto campo nella patria dell’idea stessa di showroom per portare in Italia l’ultimo grido e le tendenze più audaci in materia. Non che il nostro paese non produca innovazione anche in questo campo, ma negli Usa c’è una cultura specifica dedita all’investimento in scelte e ipotesi che potranno anche essere sbagliate o giuste, ma comunque sperimentate laddove l’Italia resta “ingessata” e limitata al quel certo studio di architetti anziché una scuola di pensiero, come negli Usa, basata su più centri propulsivi, spesso in dibattito aperto l’uno in opposizione con l’altro. Una dinamica di questo tipo non può non essere studiata da parte di queste rivista e tradotta in modelli da studio per i nostri lettori. Per questo motivo, non scrivendo per studi di architettura, si evita d’addentrarsi nelle più correnti di pensiero che articolano la scuola americana di showroom, ma si illustrano direttamente gli schemi applicati.
Nel caso di “Carpeteria” ci troviamo in un centro abitato di 105.000 residenti, nel deserto del Mojave in California, a 9 ore di macchina da San Francisco e sole 70 miglia da Los Angeles. Qui le persone sono molto tradizionaliste. Lo showroom e spazi diventa in una piccola comunità, concetto di accoglienza.

showroom come accoglienza nelle piccole comunità

showroom come accoglienza nelle piccole comunità