Rousseau e Voltaire, due personaggi così diversi, contemporanei tra loro e il contributo alla modernità che hanno saputo offrire. Ecco il non facile tema di questo saggio breve.

E corretto che si sappia la provenienza della riflessione. La fonte emerge dal testo, “L’italia del Settecento” scritto da Indro Montanelli e Roberto Gervaso, capitolo nono, parte prima, pagine 94-125

L’autore, come al suo solito, (e non sempre gradito al lettore) è dissacrante, specie all’inizio della trattazione. Voltaire e Rousseau oltre a non piacersi a vicenda, sono caratterialmente due poveracci. Masochista il secondo, le donne lo capiscono e ne godono, malfermo il primo a ridotta capacità sessuale per una stenosi all’uretra. Come a dire “ecco i mostri”, aggravando il quadro generale da tare del comportamento molto gravi per egocentrismo e smanie esibizionistiche.

Con questa presentazione, l’autore uccide i personaggi perchè li smitizza. Chi vuole a che fare con un esibizionista patologico?

Capito che il mondo e l’umano non è perfetto e che con che razza d’imperfezioni, nella parte finale del capitolo, finalmente si capisce il senso di tanto spiegare!

Non c’è dubbio che quello di Rousseau (il lascito) esercitò sui contemporanei un’influenza molto più grande e sconvolgente (rispetto a Voltaire). “Rousseau” disse la signora de Stael che lo detestava “non ha inventato nulla, ma ha messo a fuoco tutto”. E “tutto” cominciava dal costume. Fu grazie a lui che le donne di Francia e d’Europa si slacciarono i corsetti e, per offrirle alla bocca ai lattanti, esposero al sole le loro poppe, fino ad allora riservate ai misteri di alcova. (pagina 119)

Grazie a Rousseau cambiò anche il rapporto docente-allievo da severo a dialogante. Ma l’aspetto più importante, che si può ricondurre al filosofo francese, fu l’avvento del senso romantico completamente estraneo a Voltaire.

Per romanticismo s’intende:

  • l’affermazione del romanzo sul saggio;
  • la presenza della fantasia sulla storia;
  • arriva il neogotico sul neoclassico;
  • nella progettazione si conferma il colore sulla linea;
  • in narrativa il paesaggio assume un contorno rispetto al personaggio;
  • nei rapporti personali la passione diventa d’obbligo rispetto a prima con distacco e misura nei comportamenti;
  • le donne imparano a svenire e gli uomini a suicidarsi;
  • il linguaggio si allunga e sfuma per registrare le più impalpabili vibrazioni del sentimento (pagina 120 di Montanelli)
  • sempre sulla tecnica espressiva, il parlato si gonfia di superlativi e si frastaglia d’interazioni esclamative;
  • questa trasformazione prende spunto da un’opera di Rousseau: ELOISA dove porta all’esordio la passione e il romanticismo rispetto la logia di pensiero dell’Illuminismo.

Di tutto ciò, gli effetti che provocò Rousseau sulla politica, furono ancora più vasti e profondi. Scrive Montanelli: ..segna la fine dell’Illuminismo, cioè del tentativo di adattare il vecchio regime delle monarchie assolute all’esigenze della società moderna secondo il metodo delle riforme e senza traumi rivoluzionari. Questo era stato il sogno dei filosofi (Voltaire) e fu Rousseau a distruggerlo. I conti fra lui e loro vennero definitivamente regolati nel 1794 quando, in nome di Rousseau, Robespierre procedette, nei confronti dei filosofi, a un disconoscimento di paternità rivoluzionaria ghigliottinando Hébert per proclamare il culto dell’Essere Supremo tipicamente rousseauiano, al posto di quello tipicamente voltairiano della Ragione. (pag. 121)

Un passaggio molto incisivo è a pagina 122 che così recita: Rousseau non insisteva tanto sulla libertà, esigenza aristocratica di uomini che hanno soddisfatto tutte le altre e che comunque si pongono dei problemi soprattutto morali e spirituali, quanto sulla giustizia, cioè sulla ripartizione dei beni materiali. Mentre Voltaire si rivolgeva alla mente e alla coscienza dei lettori, Rousseau si rivolgeva al loro stomaco nel momento in cui 24 su 25 milioni di francesi lo avevano vuoto. 

Formidabile la critica che Montanelli rivolge alla Sociologia: ..il socialismo di Marx, che al mito dell’uguaglianza sacrifica qualsiasi libertà individuale, è d’ispirazione rousseauiana, come lo è tutta la sociologia moderna che spodesta l’uomo dalla parte di protagonista della storia per attribuirla alla strutture, alle infrastrutture, alle sovrastrutture, cioè alle istituzioni come diceva Rousseau. Infatti questo passaggio di pagina 123 va concesso con un altro di pagina 121 che recita: E Rousseau gliela dava. Sono le istituzioni, diceva, che rovinano l’uomo. Cambiate quelle, e tutti i problemi saranno risolti. 

Quest’ultimo concetto va meglio riportato per cui: Queste masse avevano fame, fame di pane. Non gli si poteva dire, come dicevano i filosofi, che i mali dell’uomo e della società sono annidati nella coscienza: una materia impalpabile che va trattata e curata con la libertà, l’educazione, la scuola e la cultura. Per salire sulle barricate, il popolano aveva bisogno di una prospettiva immediata, di una certezza facilmente traducibile in fatti. E Rousseau gliela dava. Sono le istituzioni, diceva, che rovinano l’uomo. Cambiate quelle, e tutti i problemi saranno risolti. 

Al contrario Voltaire aveva esercitato un influsso decisivo sulle elite d’Europa, ma solo su quelle. Giuseppe II d’Austria, la grande Caterina di Russia, Gustavo III di Svezia, Pombal del Portogallo, Aranda di Spagna, Leopoldo di Toscana, furono tutti alla sua scuola, per non parlare di Federico il Grande di Prussia che si proclamava suo allievo cercando d’imitarne lo stile. Tutto ciò che l’assolutismo illuminato del Settecento aveva prodotto di buono con le sue riforme era stata opera di Voltaire. Era stato lui a dare alla società di Parigi quell’impronta corale che l’accomunava a quella dell’Atene di Pericle e a quella della Firenze rinascimentale. (pagina 124).

Concludendo, emergono da questi 2 geni le due grandi correnti di pensiero che forgeranno l’Occidente come prima cultura del mondo.

Studiare l’Occidente vuol dire capire il progresso. L’aver abolito le cattedre di studi occidentali è stata una cretinata.