Al 28 dicembre il rapporto metalli studiato dal prof Carlini

Rapporto Semilavorati
Aggiornamento al 28 dicembre 2009 di Giovanni Carlini

Fonti:
– Quotazioni Ufficiali London Metal Exchange – indici LME, COMEX e NYMEX.,
– Quotidiano: Il Sole 24Ore e suo sito “Metalli 24 materie prime”
– Associazioni: Assofermet e Camera di Commercio di Milano

CONSIDERAZIONI A CARATTERE GENERALE E PROIEZIONI FUTURE

Sono tornati gli speculatori ma con quali soldi?
Il dato è particolarmente preoccupante! Il mercato dei metalli è tornato a gonfiarsi con prezzi non collegati alla domanda e offerta reale; quindi siano nuovamente alla roulette russa. Come tutti i giochi, finirà anche questo e non è difficile prevederne la conclusione nei primi mesi del 2010. Il motivo di preoccupazione è un altro, da dove arriva questa liquidità?
Per scrivere questo rapporto vanno studiati tutti i bollettini e organi di informazione
Affinchè la rubrica semilavorati di LAMIERA possa essere pubblicata mensilmente, è opportuno che vengano studiati tutti i bollettini emessi compresi, purtroppo quelli a pagamento (la non trasparenza e libera circolazione delle informazioni è sempre un indice di distorsione e quindi di prezzi non reali) In pratica il 91% delle analisi è soggetto a una registrazione e il 95% a pagamento. Chiarito come ci si trovi in un mercato non trasparente e sicuro (la saggezza sarebbe di non specularci perché non controllabile) va notato soprattutto nella stampa italiana un particolare: l’assenza di contradditorio, idee e punti di vista. All’unisono i giornalisti italiani (pochi di essi sono economisti) seguono il gregge decantando le lodi di un sistema economico che ha superato il peggio (i fallimenti nel 2009 sono in aumento del 40% sul 2008 anno già eccezionale per questo aspetto) In base a queste “informazioni” non si riesce più a capire le reali dimensioni del problema, perché ogni passaggio è blindato da una frase magica: il peggio è passato. Ovviamente non è il parere motivato di chi scrive.

L’aberrazione delle scorte

Attenzione a questo passaggio che va meditato. Tre quarti delle giacenze del LME (stima la Deutsche Banck) non sono disponibili, perché in mano a soggetti finanziari che le utilizzano per una particolare forma di auto finanziamento (del tipo carry trade come avviene sul dollaro acquistato a bassi tassi di interesse e investito in Nuova Zelanda, per esempio, che applica altri tassi) Con un costo del denaro praticamente azzerato, si può acquistare una tonnellata di alluminio a 1994 $ finanziandone l’80% a debito e vendere future con scadenza a 3 mesi a 2.208 $/t, Con costi di stoccaggio a 25 cents/t al giorno, si ha un ritorno dell’1,9% con rischi irrisori.
Il gioco non è applicato solo sull’alluminio (il pensiero corre agli enormi stock galleggianti di petrolio) ma nel caso di questo metallo, ha assunto proporzioni tali da destare preoccupazione. Quando la politica monetaria sarà più restrittiva (ovvero si alzeranno i tassi di interesse il che è in agenda per tutte le banche centrali del mondo) tutte le scorte create per scopi speculativi, potrebbero riversarsi all’improvviso sui mercati, aggiungendosi a un’offerta che già ora si profila eccessiva. Nel caso specifico del solo alluminio, ad esempio, la Barclays Capital prevede per il 2010 un aumento del surplus del 29% a 1,63 milioni di tonnellate. Con questo tipo di analisi è veramente difficile giustificare l’attuale livello dei prezzi, a meno che non sia una trappola per bruciare liquidità di chi si fida a investire e speculare in un mercato ad alto rischio.

Prospettive future dei prezzi sui metalli

Tutto coloro che scrivono di analisi di mercato sui metalli, decantano gli eccezionali incrementi di produzione cinesi. Nel fondo, prima di concludere i rapporti fanno qualche accenno alle scorte che sono oltre i livelli di guardia, sia al LME che in altre borse, il che indica una non collocazione del prodotto sul mercato; ma finisce tutto lì.
Riportato quanto si scrive sull’argomento, perveniamo all’analisi reale. Per rispondere alla domanda sulle prospettive a 60-90 giorni del mercato dei metalli, ma anche per l’intero 2010, vanno sviluppate le seguenti considerazioni:

– il dollaro è destinato a apprezzarsi intorno a 1:20/1:25 su euro. Su questo nuovo ordine di grandezza non si discute tanto il se, ma il quando. Approfondendo l’analisi va constatato come il ritorno della divisa americana, su un cambio contro euro più “equo”, sia sicuramente il primo effetto della politica monetaria della nuova presidenza statunitense; peccato che sia errata. Infatti non si sta correggendo il mercato dai suoi difetti, ma solo ripristinandolo grazie a una valanga di carta moneta stampata, spingendo su una liquidità senza precedenti. Non è così che si risolvono i problemi strutturali di un’economia. Detto questo va rilevato come a un ritorno “di fiamma” del cambio contro euro sul dollaro, sin dai primi mesi del 2010, sia corretto rivedere al ribasso tutti i prezzi dei metalli di base, del petrolio etc..

– l’eccezionale quantità di scorte presenti in tutti i magazzini, indicano solo una cosa: si compra ma non si consuma. Il semplice dato cinese non è indicativo per una tendenza economica mondiale, che resta ferma se non in leggera ripresa. Insomma il mondo non è la Cina (per fortuna) e prescindere da eccessi di stock e di offerta sulla domanda, significa che la crisi tuttora in corso, non ha insegnato nulla da cui una seconda ricaduta è più che credibile, concretizzando il secondo tratto di una crisi a W anziché a L o a U come precedentemente stimato nella sua forma e andamento;.

– non avendo risolto i problemi di fondo della crisi, il ritorno a “situazioni normali” non è credibile, perché “il normale” non è certamente il 2007 o il 2008 che va dimenticato. La prospettiva è invece un lento-lentissimo recupero, per giungere a un certo equilibrio che non impiegherà però (purtroppo) le stesse persone di prima o renderà ai tassi a cui ci eravamo abituati. Insomma il mondo è cambiato, ma il guaio è che non ne conosciamo ancora le nuove regole. Ecco perché speculare in questo contesto significa esporsi a rischi clamorosi, ancora maggiori rispetto al 2003-2008, periodo di cui almeno qualcosa si sapeva senza averlo effettivamente capito, come dimostrato dalla recessione 2008/2009.

Per le motivazioni appena esposte si può prevedere:

a) un vigoroso ridimensionamento dei prezzi dei metalli a breve se non già iniziato a cavallo tra la fine del 2009 e il 2010;

b) una fase di stasi almeno nei primi 3 o anche 4 mesi del 2010;

c) un primo semestre sostanzialmente “piatto”, con qualche cenno di ripresa dopo l’estate;

d) un 2011 ottimistico a patto che non si scateni un rovesciamento sul mercato di buona parte delle riserve di metallo attualmente in stock, appena si rialzino i tassi d’interesse, perché in quel caso il contraccolpo sarà durissimo. Se a questa minaccia si unisce quella di una possibile nuova bolla sugli immobili negli USA, stavolta applicata ai capannoni commerciali e industriali già deprezzati del 50% su cui sono state emesse obbligazioni dalle banche, il quadro torna critico.
Nello successivo sviluppo del presente rapporto analizzando ogni singolo metallo di base, questi concetti verranno ripresi e applicati al singolo contesto, al fine di consentire al lettore di considerali, d’ora in poi, come elementi di giudizio imprescindibili per capire, in autonomia, le tendenze di mercato.

LINEE DI TENDENZA – L’ANALISI DEGLI ULTIMI 6 ANNI CON I GRAFICI DEL LME

Andamento complessivo del mercato di Londra
Complessivamente i passaggi da considerare sono 3:
– un eccesso di liquidità di cui non se ne conosce la fonte, che alimenta la speculazione;
– l’atteggiamento degli speculatori, che sistematicamente non considerano le grandi eccedenze di offerta e stock di metallo detenuti al LME e borse associate;
– le esagerazioni cinesi su tutti gli aspetti della filiera (importazione e produzione)
– il rituale confronto a 6 anni che questa rubrica di LAMIERA offre;
Sull’intero comparto c’è da considerare un massiccio ritorno della speculazione.
C’è da chiedersi da dove provenga questa quantità di denaro, laddove le imprese di tutto il mondo occidentale sono così in difficoltà e a corto di liquidi, da ricorrere spesso al baratto o alle permute. Il sospetto diffuso è che si stiano utilizzando i fondi governativi, assegnati alle banche per evitarne il fallimento. Chiarita l’anomalia di fondo, c’è da osservare un altro passaggio già anticipato nelle premesse: le alte giacenze di stock.
Sul piano internazionale va notara l’influenza cinese sul mercato dei metalli. La crescita della produzione industriale in Cina, in novembre, +19,2 % ha stimolato i consumi di materie prime, elevando non solo le importazioni, ma anche l’attività d’estrazione locale e delle fonderie che lavorano ormai a pieno regime. Tant’è vero che, sempre in novembre, la produzione di rame, alluminio, zinco, nichel, magnesio, minerale di ferro e carbone, hanno toccato il loro record storico. In particolare cresce lo zinco raffinato (+9,8 % a 444.800 t) il rame raffinato (+5,4 % a 420.700 t) e l’alluminio (+7,5 % a 1,35 milioni di t) Nel caso del rame e dell’alluminio, nonostante le ampie scorte, la Cina ha ripreso gli acquisti sul mercato internazionale. Le importazioni dei due metalli sono salite, a novembre, rispettivamente del 10,3 % e del 39,3 % compresi i semilavorati.
Considerato che il differenziale di prezzo da pagare per le materie prime, tra la borsa di Shanghai e quella di Londra è a tutto svantaggio della prima (più cara) si ritiene che i recenti acquisti non abbiamo più una valenza speculativa o di costituzione stock come svolto finora, bensì rispondano effettivamente a reali bisogni dell’industria locale.
Come più volte ribadito in questa rubrica, permangono molti dubbi sulla capacità di resistenza del sistema cinese, per cui al collasso sociale già preventivato, è possibile ora immaginare anche quello produttivo, causa eccesso d’attività in un contesto privo delle strutture in grado di sostenerlo. Il ragionamento è sempre lo stesso. In Cina l’economia è “capitalista” e la società, con tutte le sue strutture, ancora imbrigliata in una classica dittatura di stampo comunista: come conciliare le aspettative sociali in un regime autoritario?
Passando all’ultimo punto in esame, sotto l’aspetto dimensionale, nei termini di valore degli scambi eseguiti al LME, il 21 dicembre 2003 ammontavano a un dato medio di 1.555,6 dollari per tonnellata. Lo stesso 21 dicembre, però del 2009, questo valore si concretizza in 3.233,1 L’apprezzamento è pari al 107,84 % nel corso di questi anni, ovvero il 17,97 % all’anno, il che manifesta immediatamente il rischio di una nuova bolla e imminente correzione al ribasso dei corsi, sapendo che un valore di apprezzamento già alto sarebbe il 7 o l’8% figuriamoci il 18%. Va comunque notato che, rispetto al rapporto metalli di LAMIERA del mese scorso, questo valore è già sceso del 2% nel senso che, a fine novembre questo confronto indicò una resa annua, sui 6 qui utilizzati come confronto, del 20,17% che in questo rapporto diviene invece il 18 % anticipando lo sgonfiamento che si è più volte anticipato.

COMMENTO ALL’ANDAMENTO DEI PRINCIPALI METALLI

ALLUMINIO
In termini di valore il prezzo dell’alluminio era 6 anni fa, quindi nel 2003 pari a 1.581 dollari la tonnellata, quando al 18 dicembre 2009 quotava 2.200 dollari. L’apprezzamento nel corso di questi 6 anni è stato pari al 39,15% e del 6,53% su singolo anno (il precedente incremento registrato nel rapporto semilavorati di novembre per LAMIERA fu pari al 28,77% nei sei anni, il che indica un temporaneo aumento di valore per l’alluminio)
Questo metallo ha messo a segno un rialzo del 30% nel solo 2009 godendo di un “exploit” che mai, sin dal 1994 era accaduto. Il tutto in presenza di un’enorme eccesso d’offerta sul mercato e magazzini pieni. Già questo dato esprime quanto sia “corta” l’attuale impennata di prezzo, che rivela tutta la sua natura speculativa. Più o meno il pensiero ricorrente dei fondi è stato: puntiamo su quel metallo che ha corso di meno, da qui una concentrazione d’acquisti su “una voce”; l’allumino che “non dovrebbe tradire le attese perché non ne ha mai avute”.
E’ chiaro che investire i propri soldi in questo modo espone solo a clamorose perdite, non solo, ma apre anche a nuove severe correzioni di tutto il mercato finanziario (la lezione non ancora appresa dalla crisi del 2008)
Ovviamente comprare l’alluminio in queste condizioni è assurdo perché il prezzo è gonfiato.
Al LME ci sono scorte per 4,6 milioni di t sufficienti a costruire 69mila Boeing 747 quando in tutta la vita di questo modello d’aereo ne sono stati realizzati solo 1.500 (questo per dare un ordine di grandezza al fenomeno) Anche in Cina, con consumi in piena ripresa, gli stock sono elevatissimi: tra 1,2 tonnellate e 1,5 come dichiarato dagli stessi cinesi (associazione delle industrie metallifere)
Oltre alle scorte, sul cui tema sono già state fatte delle valutazioni, c’è da considerare, per l’alluminio anche la concreta possibilità di un eccesso di produzione. Una buona parte della capacità produttiva che fu “congelata” in tutto il mondo, è stata ripristinata e si somma all’apertura di ben 2 grandi attività a Dubai e nel Quatar: il progetto Emirates Aluminium a Dubai per aprile 2010 da 1,4 milioni di tonnellate e quello di gennaio in Quatar per l’impianto Qatalum, con una capacità iniziale di 585mila tonnellate. Anche se la Cina gode di un momento felice nella sua produzione delocalizzata dall’Occidente, a suo beneficio (ma non pare che sia ancora così per il futuro) lo stesso governo di Pechino si è reso conto di aver accumulato troppe scorte e sta studiando l’applicazione di una tassa per scoraggiare le importazioni di metalli di base, di cui orami i magazzini sono pieni. La conclusione con questi dati è semplice: attendersi un robusto ridimensionamento dei prezzi a breve sull’alluminio.

RAME
In termini di valore il prezzo del rame era 6 anni fa, quindi nel 2003 pari a 2.292,5 dollari la tonnellata, mentre al 18 dicembre 2009 quotava 6.960 dollari. L’apprezzamento è pari al 203,60% nel corso di questi anni, ovvero il 33,93% per singolo anno. Nell’ultimo anno l’aumento è del 142%. Nelle stime del Gruppo di studio del rame, nel bilancio dei primi 9 mesi del 2009 si è registrato un deficit produttivo di 52mila tonnellate. Su questa scia la società a controllo statale cilena, Codelco (primo produttore mondiale di rame) ha prodotto 1.676 t nel 2006, quindi 1.583 nel 2007 e 1.466 nel 2008 spingendosi verso un deficit da offerta al fine di mantenere alto il prezzo.
Va considerato però che nel precedente rapporto semilavorati di LAMIERA i valori registrati furono, a fine novembre, del 225,7% nei 6 anni e del 37,62% su ogni anno.
Secondo i calcoli della banca Macquaire, sono attesi entro i prossimi mesi, immissioni sul mercato, da stock detenuti al LME da parte dei fondi di investimento, quantità pari a 210/220mila tonnellate di rame, la stessa quantità di zinco, 170/180 mila tonnellate di alluminio e 15/20mila di nichel.
Una contrazione del prezzo del rame è prevista anche dal team dell’Australian Mining (un portale specializzato sulle materie prime citato anche da Citygroup) che collega l’imminente salita della divisa statunitense su yen/euro con un ridimensionamento nel primo semestre di tutti i corsi dei metalli di base.
La banca Jp Morgan, al contrario, anche perché fortemente esposta sul comparto dei metalli e quindi necessita di “sangue vivo” da parte degli investitori, prevede nuovi aumenti dei prezzi nel primo semestre 2010 con la seconda parte dell’anno più rilassata. Le medie indicate da questa banca speculativa, sono di 7.100 dollari la tonnellata per il rame, 2.188 per l’alluminio, 16.750 sul nickel, lo zinco a 2538, il piombo a 2.538 e infine lo stagno a 15.125
Nel panorama delle previsioni sul 2010 c’è da considerare anche la Leerman (banca d’affari statunitense) che ha sottolineato come la domanda di rame in Cina sia stata nel 2009 in crescita del 12% sul 2008, ma è prevista del solo 3% in più nel 2010 in quanto ci si aspetta una maggiore offerta e utilizzo di rottame e la fine della fase di ristoccaggio. Nel complesso di queste valutazioni l’attesa che la presente rubrica offre al lettore sul rame e per l’intero settore nel 2010 è per prezzi riflessivi rispetto quanto applicato a fine 2009 invitando all’attesa per ogni acquisto.

PIOMBO
In termini di valore il prezzo del piombo era 6 anni fa, quindi nel 2003, 734 dollari la tonnellata, mentre al 18 dicembre 2009 ha quotato 2.290 dollari. L’apprezzamento è stato pari al 211,99% nel corso di questi anni, ovvero il 35,33% all’anno. Mentre nel solo confronto con il 2008 il piombo è cresciuto del 150%.
Nel precedente rapporto semilavorati di LAMIERA i valori registrati furono, a fine novembre, del 283,76% come crescita complessiva nei 6 anni e del 47,29% su ogni anno.
Il futuro del piombo oltre a tutta la letteratura che spiega quanto siano in Cina equiparate le biciclette ai motocicli, per cui c’è un uso di batterie sulle prime quasi come per le seconde, rappresenta sicuramente un particolare a livello locale interessante, ma non giustificativo delle tendenze mondiali del piombo, che resta in contrazione dagli eccessi subiti in queste ultime settimane.

NICHEL
In termini di valore il prezzo del nichel era 6 anni fa, ovvero nel 2003, di 16.660 dollari la tonnellata, mentre al 18 dicembre 2009 quotava 16.465 dollari. L’apprezzamento, nel corso di questo periodo è stato pari al -1,17% ovvero ha perso mediamente lo 0,20% ogni anno.
Nel precedente rapporto semilavorati di LAMIERA i valori registrati furono, a fine novembre, per una crescita di prezzo complessiva del 33,98% nei 6 anni e del 5,66% su ogni anno. Questo particolare indica come sia in corso lo sgonfiamento del prezzo più volte anticipato anche se, nel confronto con il 2008 il nichel ora è più alto del 77% pur non avendo un futuro questa tendenza.
Il problema di una quotazione del tipo “sali e scendi”, ha indotto, nella sua fase di maggior picco verso l’alto, diverse compagnie a lanciarsi in ambiziosi progetti d’estrazione nel settore del nichel, il cui uso prevalente è nell’inox, quindi un mercato in crisi di sovrapproduzione.
Infatti le prospettive del nickel, anche secondo le analisi della Td Newcrest, non sono affatto rosee. Si calcola che entro la fine del 2013 dovrebbero entrare in produzione ben 14 progetti capaci di 512mila tonnellate annue di minerale, ovvero più di un terzo rispetto gli attuali consumi mondiali. Di conseguenza ci si indirizza verso uno stabile esubero dell’offerta. Che questa sia la tendenza di fondo è anche attestato dal progressivo disimpegno dal nichel di un grande operatore del mercato; la anglo australiana Bhp, numero uno dei gruppi minerai diversificati. In 4 mesi, nel 2009, questa società si è ritirata da diversi bacini di estrazione di nickel che, del resto, conta solo il 2% del suo margine operativo, per concentrarsi (razionalizzazione della spesa) su ferro, rame e petrolio.
Infatti è stata appena ceduta dalla Bhp Billiton, ai canadesi, la grande miniera di Ravensthorpe chiudendo così uno dei più costosi errori commessi dalla compagnia.
Però c’è anche un’altra novità da registrare sul nickel. Siamo in presenza di una crescente offerta in Cina, di nickel pig iron: una sorta di lega intermedia a base di ghisa con non più del 4% di nichel, capace di alimentare gli impianti per la produzione di inox. Una segnalazione su questo aspetto fu lanciata quest’estate, in agosto, proprio dalla Bhp
Sulle prospettive rialziste grava oltre un riassetto della quotazione del dollaro anche le giacenze al LME che non vengono mai considerate (erroneamente) dagli speculatori. Ebbene nel caso del nichel queste ammontano al record di 143mila tonnellate.

STAGNO
In termini di valore il prezzo dello stagno era 6 anni fa, quindi nel 2003 di 6.490 dollari la tonnellata mentre al 18 dicembre 2009 quotava 15.879 dollari. L’apprezzamento nel corso di questi anni è stato pari al 144,67% pari al 24,11% all’anno.
Nel precedente rapporto semilavorati di LAMIERA i valori registrati furono, a fine novembre, del 171,74% complessivo nei 6 anni e del 28,62 % su ogni anno. Questo particolare indica come sia in corso lo sgonfiamento del prezzo.

ZINCO
In termini di valore il prezzo dello zinco era 6 anni fa, nel 2003 di 1.000 dollari la tonnellata, al 18 dicembre 2009 quotava 2.375,5 dollari. L’apprezzamento è stato pari al 137,55% nel corso di questi anni, che corrisponde al 22,93% per singolo anno.
Nel precedente rapporto semilavorati di LAMIERA i valori registrati furono, a fine novembre, del 141,15% totale nei 6 anni e del 23,53% su ogni anno. Questo particolare indica come sia in sviluppo lo sgonfiamento.
In questo contesto l’enorme accumulo di scorte e la crescente prospettiva di surplus non “disturbano” l’evoluzione crescente del prezzo che ha raddoppiato il suo valore al LME nel corso del 2009. Un risultato inferiore solo al rame e al piombo. Infatti in dicembre 2009 è stato toccato il massimo dello zinco rispetto a marzo 2008, quotando 2.430 dollari per tonnellata a tre mesi.
Purtroppo l’andamento del prezzo sullo zinco, come già accaduto per altri metalli, è oggi completamente sganciato dalla realtà intesa come domanda e offerta fisica, per rispondere soltanto alle sollecitazioni dell’eccessiva massa di liquidità, che gli investitori dirottano sugli asset speculativi. Anche lo zinco, da qualche mese, rientra in questa fase definibile di contango: significa che per ricavare un profitto basta conservare il metallo finché non giunga a scadenza il future. Così facendo le scorte sono aumentate al LME dell’80% nel corso del 2009 (quota 460mila tonnellate)
I premi sul mercato fisico europeo sono in crescita. Questo segnale per gli operatori indica una possibilità di crescita dei consumi, alimentando aumenti di produzione da parte di tutti gli operatori che hanno ripreso i ritmi di produzione ante crisi. Il problema è che al di là degli indici e dei segnali effimeri, la domanda rischia di non reggere ai nuovi livelli di offerta soprattutto in Europa, dove le acciaierie (che assorbono la metà dell’offerta di zinco per la galvanizzazione) hanno ormai completato il ristoccaggio senza intravedere nuovi livelli di reale attività.
Secondo l’International Lead and Zinc Study Group (Ilzsg) ci sarà un surplus di offerta sullo zinco raffinato di 380mila tonnellate nel 2009 e di 227mila nel 2010. Cifre che negli ambienti degli specialisti sono considerate sottostimate. Dalla Antaike ( un centro di ricerche sostenuto dalla Cina) si stima che le riserve di zinco nel mondo, a fine anno 2009 ammontino a 54 giorni di consumo (contro i normali 35) e che degli 1,5 milioni di tonnellate stoccate ben 970mila si trovino in Cina come effetto di importazioni crescenti, consumi domestici modesti e un balzo del 10% della produzione per il solo export.