20 novembre e Rapporto Semilavorati

Aggiornamento al 20 novembre 2011 di Giovanni Carlini

La piaga degli insoluti al 20 novembre 
Da un rapporto della Euler Hermes specifico per il mercato italiano, diffuso a fine ottobre emerge che i mancati pagamenti nella filiera della lavorazione del metallo, sono in crescita, questo perché le tendenze in atto, anche per il 2012, sono sintetizzabili in una generalizzata sovraccapacità produttiva e una domanda interna ridotta.
Questi fattori determinano a loro volta tensioni sul credito, assenza di uno sviluppo economico, elevata disoccupazione e inasprimento della fiscalità, soprattutto a opera del nuovo governo tecnico che sta guidando il Paese. Per questi motivi tutti i settori industriali della filiera automotive, siderurgico e lavorazione del metallo, stanno registrando un incremento della frequenza (numero) e severità (importo medio) dei mancati pagamenti sul mercato interno. Va meglio il credito commerciale delle vendite all’export, che si presenta tradizionalmente più solvibile.

I problemi di sovrapproduzione e di credito bancario

Collegati agli insoluti, in circolo vizioso, ci sono le difficoltà nel reperire credito da parte soprattutto delle piccole imprese che rientrano nel problema più vasto di sovrapproduzione, causato da un mercato interno che non assorbe come negli ultimi anni.
La concomitanza di questi fattori, favorisce le chiusure d’attività.. Infatti i fallimenti in Italia, negli ultimi 6 mesi, sono nell’ordine di 40 al giorno. Una dimensione di questo tipo che colpisce a sua volta gli studi professionali, le banche esposte per piccole ma crescenti cifre e così via. Per ovviare a un epilogo così drammatico, la testata di LAMIERA e questa rubrica in particolare, hanno sempre chiesto agli imprenditori di porre da parte il loro giusto e naturale individualismo, per puntare senza indugio su acquisizioni, fusioni e contratti in rete. Attualmente queste soluzioni sono le più indicate per potersi imporre sui mercati esteri e trovare così una via d’uscita alla crisi. Tornando alle tendenze di mercato, nello specifico settore dei metalli, s’immagina un recupero nei primi mesi del 2012 per poi restare stagnante. Il punto adesso sarebbe chiarire per quanto tempo la crisi dovrebbe dilagare nel mondo occidentale.

I tempi della crisi

Più volte si è sottolineato come questa fase della crisi non sia altro che la prosecuzione di quanto a noi già noto dall’estate 2008, da cui emerge che siamo in presenza di un’impasse più culturale e sociale che solo economica. Questo vuol dire che i tempi di ritorno a una dimensione comparabile con il 2008, siano molto lunghi. Infatti le stime più accreditate ipotizzano per il 2015 qualche novità. Va però precisato anche un altro aspetto. La crisi falsamente è motivata solo da chi non ha pagato le rate del mutuo (il riferimento corre ai subprime) ma da un sistema di vita che è giunto al capolinea. Se questo è vero il confronto con il 2008, come insiste tutta la stampa economica, è falso. Non possiamo proseguire a rapportarci con un’anomalia. Ogni confronto con un periodo viziato produce false aspettative in un mondo che speriamo non torni più ad essere così superficiale come quanto avvenuto tra il 2001 e il 2008.E’ entrato in crisi un sistema di vita che sta cambiando a colpi di fallimenti e disoccupazione.

Commentando i dati solitamente pubblicati dalla stampa

Solitamente la stampa si esprime in questo modo: la produzione italiana d’acciaio a settembre ha messo a segno un +11,4% rispetto lo stesso mese del 2010. Secondo Federacciai l’output ha mantenuto i livelli di crescita nonostante il netto rallentamento della domanda.
Analizzando l’andamento dei volumi sui nove mesi, al 20 novembre, si può notare che le circa 21,26 milioni di tonnellate di acciaio prodotte sono pari ad un +49,57% sul 2009 e un -11,65% sul picco del 2008. Per le due principali categorie di prodotti realizzati si registra un +19,9% nei lunghi e +65,8% per i piani.
Con questa tipologia di messaggio, particolarmente diffusa, non si riesce a capire nulla sul cosa fare e attendersi dai prossimi mesi per ben gestire l’azienda.

Cosa fare per gestire il difficile momento

Il rischio è quello di scrivere cose già dette e note, ma che purtroppo non vengono applicate dalla stragrande maggioranza d’imprese. I consigli minimi da offrire ai lettori sono:
– realizzare delle fusioni o acquisizioni, quindi contratti in rete per spingersi sui mercati emergenti, mantenendo la capacità produttiva nel nostro paese (e i connessi livelli occupazionali)
– selezionare il personale individuando quello “strategico” da coltivare e formare, evitando il pericolo che passi alla concorrenza. Sarà anche “non politicamente corretto” quanto appena detto, ma non è affatto vero che tutte le maestranze siano uguali. Vanno quindi predisposti dei piani per conservare il posto di lavoro al maggior numero di persone possibile, funzionali alle lavorazioni di maggiori qualità e competitività;
– ridurre al massimo il magazzino procedendo ad approvvigionamenti minimi e diffusi nel tempo, seguendo la tendenza degli ordinativi;
– ridurre l’esposizione bancaria accedendo a prestiti personali o di provenienza familiare. Questa sensibilità è molto diffusa in Germania. Le imprese tedesche tendono a cercare un contatto direttamente con il privato, senza emettere obbligazioni. Qui in Italia le PMI solitamente si finanziano tramite banche (nel 91% dei casi) o se quotate in borsa emettendo obbligazioni (9%) Nonostante questi limiti non è affatto escluso che si possa tornare a un capitalismo familiare in supporto o sostituzione di quello bancario, non più adeguato ai loro bisogni L’esperienza tedesca nel contatto imprese-privati si chiama Shuldschein ovvero una via intermedia tra il debito bancario e quello obbligazionario;
– la ricerca e sviluppo: chi studia e si impegna a migliorare l’attuale stato della tecnica tra le nostre imprese? La domanda assume toni drammatici laddove tutti applichiamo qualche soluzione, di nostra invenzione, senza averla brevettata!

Un consulente fattura 25.000 euro all’impresa senza che questi spenda 1 euro!

Giunge notizia da un consulente del nord d’Italia, che servendo diverse imprese contemporaneamente, con una sola di queste, nel corso della redazione di un piano di marketing e addestrando il personale per molte ore, fatturi ben 25mila euro. Regolarmente pagato, c’è un particolare da considerare: il cliente di tasca sua non ha estratto neppure 1 euro. Siamo in Italia, in quella che funziona che troppi disprezzano o non conoscono neppure, esaltando gli altri paesi o perdendosi in logorroiche critiche al vetriolo contro tutto e tutti (disfattismo patologico). Quest’azienda si è avvantaggiata di 2 programmi al 20 novembre. Il primo di fonte regionale ha permesso lo stanziamento a fondo perduto di 100mila euro e 12 mesi di tempo per aprire corsi d’inglese, gestione del personale, amministrazione e di marketing. Impegno che in misura minore verrà replicato per il prossimo anno. Non solo. Il secondo progetto richiede il lancio di un processo d’innovazione tecnologica e di internazionalizzazione per un importo non inferiore ai 50mila euro, da pagare in meno, sul 90% delle tasse da versare.
E’ molto probabile che non tutti possano accedere a questi finanziamenti, in quanto c’è una selezione, ma è anche vero che la massa delle PMI non è indirizzata dai rispettivi commercialisti su questo piano di crescita. Messa in questi termini si scopre quanto il malessere italiano più che oggettivo sia molto soggettivo.

Un imprenditore ringrazia la Redazione

Un imprenditore leggendo LAMIERA ha voluto seguire i nostri consigli destoccando il magazzino già da questa primavera, fidandosi delle nostre previsioni.
Non solo oggi compra a molto meno la materia prima, rispetto all’estate, ma riesce a chiudere bene i conti del 2011 grazie all’aver schivato una pesante perdita da differenziale di carico prezzi. L’imprenditore confessa: in un periodo in cui tutto sembrava contraddire la rubrica di LAMIERA, ho voluto rischiare, esponendomi a delle critiche. Nonostante ciò sentivo che il ragionamento era corretto. Oggi ringrazio.

Cosa attendersi nell’immediato futuro alla data del 20 novembre

Il meccanismo di previsione e ragionamento di questa rubrica è diverso da quello di tutti gli altri. Qui la speculazione non è considerata una “bravata da bar” per farsi belli con gli amici. Al contrario, tutto quanto è speculazione viene visto con grande cautela e sospetto, perché rappresenta una miccia in grado d’innescare un potenziale distruttivo per il mercato (come sta avvenendo). Oltre questa premessa, si ritiene che la produzione e il consumo di qualsiasi manufatto, segua il bisogno di qualcuno che ne sia interessato e possa pagare.
Qui “casca l’asino”. Con 5 milioni di senza lavoro in Italia è molto difficile pensare che ci sia mercato. Non a caso la Fiat è calata per ordini del 10% nel solo mese d’ottobre, ma anche l’elettronica, la meccanica, la chimica e l’edilizia.
Se quanto detto è condivisibile, il punto non è più stabilire se caleranno i prezzi delle materie prime al LME, ma di quanto e in che numero di mesi! Sicuramente i valori di base, drogati dalla speculazione, partono dal 2003 e non è affatto escluso che si debba stabilire un nuovo parametro, che non è più il 2008 come livelli di produzione raggiunta in un periodo “malato”, ma quello che fu nel 2003. Buon lavoro.