INTERNAZIONALIZZARSI! Altrimenti soffrire

di Giovanni Carlini

Il rischio è quello d’essere ripetitivi e ce ne scusiamo con i lettori, ma il concetto resta in tutta la sua interezza e urgenza. Laddove delocalizzare significa spostare l’attività produttiva in un altro sito industriale, solitamente oltre confine, per “lucrare” sulla differenza di retribuzioni, provocando un danno sociale alla comunità dove prima era operativa l’azienda, internazionalizzare significa restare nel proprio paese e collocare fatturato all’estero.
Oltre al fatto che a Milano, tra la fine di giugno e i primi di luglio, abbiamo i primi 32 ragionieri preparati sui processi d’internazionalizzazione, bisogna anche registrare che termina al 31 dicembre di quest’anno quella possibilità concessa, nel biennio 2011-2012, di poter utilizzare il credito d’imposta per le spese di ricerca e internazionalizzazione. Oggettivamente per i ritardatari ci sono ancora 5 mesi.
Riepilogando, la legge funziona in un modo molto semplice: ci si rivolge a un Consorzio che dirige l’attività di ricerca, sviluppo e internazionalizzazione ricevendo l’assistenza di uno specialista che nell’arco di 90 gg, agendo tramite gli uffici ICE sparsi nel mondo, riceve al costo di 130 euro l’uno, delle liste di operatori commerciali (produttori e distributori) compatibili per segmento merceologico. Grazie a questi contatti potenziali, entro altri 90 gg si ricerca un dialogo per giungere a una visita presso i rispettivi stabilimenti o in una fiera di comune interesse.

Potrebbe apparire difficile o semplice, ma è tutto qui.
Certo, lo specialista serve per serrare i tempi, organizzando una serie di newsletter da inviare ogni 15 gg ai potenziali clienti e dei cataloghi adeguati, studiando il messaggio fotografico e concettuale da presentare per costruire un contatto “face to face”. Va anche precisato che quest’azione va svolta dal titolare dell’impresa, con i fondi assegnati al progetto, il cui recupero avviene in 3 anni compreso quello in corso con quote del 30% da scontare sulle tasse da pagare sul modello F24. Peccato che questo strumento non sia più confermato dal governo per il 2013 ma restano ancora 5 mesi preziosi sui quali agire!

Resta comunque un fatto: senza una spinta all’internazionalizzazione, le nostre imprese sono destinate a soffrire, ne consegue che con fondi pubblici (ancora pochi mesi) o privati (dal 1° gennaio 2013) è necessario:

a) redigere un piano di marketing per l’internazionalizzazione (in genere servono 50mila euro)

b) chiedere agli Enti Locali, quindi Camere di Commercio, ICE o alla banca eventuali agevolazioni;

c) procedere senza indugio, anche senza specialisti, passo dopo passo, pur sostenendone progressivamente i costi se necessario, considerando questa iniziativa un investimento sull’impresa per garantirsi un futuro.
Auguriamoci buona fortuna.