Un punto debole nel lavoro femminile, anzi strategicamente devastante e quando, in fase formativa, il personale femminile risponde: ma io non porto il lavoro a casa!

I fatti per capire.

L’azienda avvia un percorso formativo per elevare lo standard del personale. L’obiettivo è la ricerca di una nuova formula organizzativa (organigramma, mansionario e carichi di lavoro) per rilanciare l’impresa nell’era post-pandemia da polmonite cinese.

Quale modello utilizzare e a quali costi per battere la concorrenza?

Avviata la formazione, si punta senza indugio e prima di tutto, a scaldare il cuore e le menti dei partecipanti. Successivamente ci sarà anche la parte più propriamente dottrinale.

Viene spiegato al personale che l’azienda non ha un’idea precisa d’organizzazione da applicare, motivo per cui tutti sono chiamati a contribuire con la rispettiva esperienza. Da notare che si tratta di dipendenti attivi nell’impresa da 20,25,30 anni e più.

Ampliando i ragionamenti, viene apertamente detto che il ruolo personale e quello professionale non sono affatto divisi come si credeva negli anni Settanta. Oggi c’è la persona nella sua interezza che interagisce tra personale/professionale in piena continuità. Assodato ciò, si consiglia di farsi aiutare dal coniuge per essere più vivaci, attivi, attenti e propositivi.

Il coniuge (uomo o donna che sia) assume a questo punto quel “rimorchiatore” che sa disincagliare persone arenate nel loro inseguire il lavoro.

A questo ragionamento la componente femminile insorge (una parte a dire la verità).

Le osservazioni sono:

  • non vado a dire a mio marito che ho bisogno di spunti nuovi per essere più creativa al lavoro. E’ lui che deve capire le mie necessità! (primo punto debole). In realtà, nel crescere degli anni, i bisogni cambiano e vanno comunicati al coniuge educandolo alle nuove necessità;
  • secondo punto debole emerso: ma io...spiegano le Signore, non porto a casa il lavoro, ovvero non parlo di quanto avviene in azienda! 

In una coppia sana non si hanno un’agenda cose di cui parla e altre che restano tabù; l’importante è che si comunichi; punto primo!

Secondo aspetto ma non meno importante, è che nella crescita l’azienda selezionerà i più vivaci e creativi. Gli altri, quelli che “non portano a casa il lavoro”, quindi i meno partecipativi e coinvolti, sono destinati a restare al palo.

Si segnala questo clamoroso autogol, punto debole di genere al lavoro.

Tutti siamo figli di una mamma amorevole che ci ha cresciuto. La presenza materna, ma anche come partner è sacrosanta e fondamentale. Chi cucina, chi stira e lava? E’ vero, ma non basta se si vuole contare al lavoro con apporto di creatività per cui serve anche studiare.

A questo punto si profila un lavoro piatto e monotono per coloro che compartimentano il personale dal professionale.

Al contrario, oltre il punto debole, avremo (si spera) donne vivaci e creative al lavoro, che studiano e applicano la lora sensibilità contribuendo con idee e concetti originali.