PIL costi chiusure d’aziende (prima erano 188mila ora sono 120mila: comunque molte) ci sono troppe cose che non si capiscono e sono non congruenti.

Mi spiego. L’Istat comunica che il PIL 2022 va meglio di quanto previsto, dal 4,7 al 5%: bene ci sarebbe da dire! Spostandosi di lato nella pagina del quotidiano, si legge di un allarme dal sindacato per 1 milione di prossimi disoccupati con la chiusura di 120mila imprese. I fallimenti sono indotti dai costi energetici.

Tanto per cominciare è bene che chiuda quell’azienda che negli ultimi 25 anni non si è organizzata con pannelli solari e autonomia energetica. Perchè si scopre solo adesso che l’energia costa? Sicuramente non tutte le 120 o 188mila imprese possono applicare pannelli solari per sostituire l’energia che arriva dalla centrale, ma è anche vero che sul tema c’è stato lassismo.

Imprese distratte e ora travolte dai costi energetici. Aziende di questo tipo è bene che chiudano.

E’ brutto a dirsi, ma anche chi è al primo piano di un palazzo avrebbe potuto organizzarsi per ridurre i consumi energetici.

Il punto è che non si tratta solo d’elettricità ma anche d’acqua. Non si è ancora capito che la prossima “mazzata” sarà la bolletta dell’acqua.

PIL e costi diventano così spunti di riflessione con conti che non tornano; perchè?

La sensazione è che l’stat dia valutazioni gonfiate per sostenere un Governo che non c’è più. Il precedente esecutivo ci ha giocato sopra sulla iper-valutazione delle statistiche.

In tutta onestà chi, in Italia, è in grado d’affermare che le cose vanno bene tanto da un +5%?

Ecco che il “re è nudo”. PIL costi, chiusure e valori gonfiati, fanno parte di una condotta del “non si può dire” che coglie anche la Ue. La globalizzazione è un’era così libera, ma tanto permissiva, che non consente una corretta valutazione dei valori. E’ come il “politicamente corretto” una censura, una cappa per nascondere il libero confronto.