Il partito impresa è la giusta risposta alla politica? L’idea di fondo è valida ma come sempre c’è un problema. Si conferma ancora la MALEDIZIONE DEL 900. OTTIME IDEE MAL APPLICATE.

Il partito impresa si riferisce a un’azienda politica dove tutti hanno una partecipazione. L’idea è bella. Nella sua applicazione pratica si traduce nella conquista dei voti in termini di un’attività commerciale. Pare così d’essere tornati all’epoca di Trollope della politica come affare. Certamente però lo Stato occidentale è da considerarsi in crisi. Idealmente definito Welfare Inc. lo Stato è mal considerato. Il riferimento è verso i consumatori (cittadini) gli azionisti (detentori di titoli del debito pubblico) e dipendenti. Tutti insieme solitamente convergono verso “la critica al sistema”.

Per partito impresa, per aderire alla cronaca, ci si riferisce a Forza Italia e al cosiddetto M5. In realtà anche il PD (ex PCI) è sempre stato un partito gerarchicamente impostato. Questa tendenza si è acuita con il Renzi e il suo dirigismo.

Si apre una riflessione: un partito in una democrazia dev’essere democratico? 

L’orientamento personale di chi scrive non è schierato. Certamente vorrei uno Stato meglio gestito da un apparato politico meno caotico. Mi spiego. Non ho alcun interesse nei partiti. Possono veramente scomparire e mi dispiace siano soggetti a finanziamento pubblico. In pratica non voglio che denaro pubblico arrivi ai partiti. Ecco perchè molti ne fondano uno: sono come un’impresa! Il mio “interesse” è oltre il partito rivolgendomi allo Stato. E’ la Nazione che mi fa battere il cuore, non il partito occasionalmente al governo.

Nel 1953 in Gran Bretagna i conservatori avevano 3 milioni di tesserati. Nel 2000 sono scesi a 400mila. Cifre analoghe sono nel resto d’Europa e in Italia. Ciò conferma la crisi dei partiti e il bisogno di una trasformazione. 

AAA cercasi un partito impresa culturalmente motivato e gestito democraticamente.