IL CONTRIBUTO DEL SOCIOLOGO ERVING GOFFMAN, IN MERITO ALLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA

Goffman oltre all’esperienza di sociologo ha saputo incarnare anche quella di drammaturgo; lo spettacolo per lui è la vera rappresentazione umana.

Ebbene in riferimento al consumo, traducendo la sociologia in qualcosa di molto pratico, Goffman parla di una tecnica pubblicitaria dove “i quadri sono lasciati a metà”, perché è il visitatore che li completa nel proprio spirito. Un esempio è quando si reclamizza un’auto senza farla vedere, ma esponendo solo foto del deserto che non ha alcuna attinenza al prodotto, però lo proietta su un grande spazio.

Stiamo quindi rivedendo l’intero impianto della comunicazione pubblicitaria. Seguendo questi schemi il consumatore entra in moto con la sua immaginazione e mobilità. Il movimento e la voluta l’incompletezza dell’immagine danno impulso all’acquisto attraverso l’immaginazione, al contrario la fissità e la solidità la frenano. Come direbbero Sennet, Goffman, Debord e la Zukin, il consumatore partecipa in questo modo al processo di creazione del marchio, consegnando alla doratura un’importanza maggiore rispetto alla piattaforma.

La sintesi di quanto affermato è che: tutto il lavoro d’associazione è lasciato al consumatore.

La comunicazione pubblicitaria da questi spunti assume una visuale diversa articolata sulla provocazione reattiva. In assenza di reazione non ha senso alcuno nessun messaggio nell’ambito della comunicazione pubblicitaria. Esperimenti di questo tipo furono fatti da Benetton nei decenni scorsi (la nascita di un bimbo) o da altri marchi attraverso il nudo. Ovviamente quelli furono i primi passi della comunicazione pubblicitaria di provocazione. Oggi la comunicazione pubblicitaria deve invece avere dei nuovi passaggi che non schiocchino ma coinvolgano in un mondo globalizzato che non ama la cultura limitandosi a guardare e apprezzare superficialmente senza concetti e idee di fondo.

A un mondo che vuole caparbiamente vivere di sole sintesi, la comunicazione pubblicitaria deve purtroppo aderire, senza intenti educativi che fratturerebbero la debole capacità d’analisi della moderna società occidentale. Ogni passo formativo che potrebbe essere azzardato nel contesto della comunicazione pubblicitaria dovrà essere reso coinvolgente e particolarmente modesto temendo costanti crisi di rigetto tipiche delle fragili personalità. Ecco che la comunicazione pubblicitaria accompagna la società moderna senza dirigerne le tendenze. Per avere una comunicazione pubblicitaria educativa e formativa servirebbe una società più evoluta e formata, meno irascibile, meditativa e disposta al confronto: aspetti oggi sconosciuti.