Marzo 2010. Il protezionismo come scelta tra le molte possibili. Studi del prof Carlini per l’industria degli stampi.

Riferimenti:

www.toolox.com/surcharge.htm
http://www.lme.co.uk/
http://www.tokaicarbon.co.jp

Il quadro generale a Marzo 2010

Il protezionismo come scelta tra le molte possibili

Si fa un gran discutere sui concetti di principio e di fondo attraverso un preconcetto, il no assoluto al protezionismo. Di fatto però sia nella UE che negli Stati Uniti, questo è il nuovo indirizzo di fondo nelle politiche commerciali, in special modo verso la Cina. Il motivo per questa svolta in senso restrittivo è semplice: si è troppo ecceduto nella prima fase della globalizzazione. Nel tentativo di far comunque qualcosa, la nuova globalizzazione punta a “riportare in patria” quanto frettolosamente fu delocalizzato soprattutto se ha contribuito alla disoccupazione negli stessi USA e quindi in Occidente. Seguendo questa strada, il 5 marzo il Dipartimento statunitense del Commercio (DOC) ha pubblicato i margini antidumping (AD) definitivi contro le importazioni di lamiera cut-to-lenght (CTL) dalla Corea del Sud, confermando le stime provvisorie diffuse il 24 settembre 2009. Il margine AD che verrà applicato nei confronti di Hyosung Corporation, Hyundai Mipo Dockyard Co. Ltd e JeongWoo Industrial Machine Co. Ltd., tre delle quattro aziende sulle quali si erano concentrate le indagini, sarà pertanto del 32,7%. Il DOC ha invece deciso di non procedere nei confronti di Daewoo International Corporation, perché nel corso del periodo preso in considerazione dalle indagini (1 febbraio 2008 – 31 gennaio 2009) questa società non ha effettuato consegne di lamiera CTL negli USA.
I prodotti su cui si sono concentrate le indagini sono registrati nell’Harmonized Tariff Schedule of the United States (HTSUS) mediante i codici 7208,40,3030, 7208,40,3060, 7208,51,0030, 7208,51,0045, 7208,51,0060, 7208,52,0000, 7208,53,0000, 7208,90,0000, 7210,70,3000, 7210,90,9000, 7211,13,0000, 7211,14,0030, 7211,14,0045, 7211,90,0000, 7212,40,1000, 7212,40,5000 e 7212,50,0000. Completando il quadro è anche noto da tempo che alle esportazioni di lamiera CTL negli USA, sulle quattro società menzionate è applicato anche un dazio countervailing (CVD) del 3,26%. il che porta complessivamente il dazio al 35,96% rispetto, ad esempio a quelli europei del 3% sull’alluminio.

L’ottimismo

Dopo mesi di recessione economica, durante i quali la siderurgia tedesca è regredita ai livelli del 1963, WV Stahl (la federazione di settore) ritiene che il peggio sia passato. Per il 2010 il presidente Hans Jürgen Kerkhoff si attende una produzione d’acciaio grezzo in aumento del 10-15% rispetto allo scorso anno, anche se l’obiettivo di una piena e duratura ripresa è ancora ben lungi dall’essere raggiunto. Infatti anche questa affermazione, come altre in tutta Europa, appaiono più un desiderio che una effettiva stima. Comunque i prezzi delle materie prime continuano a salire, a causa soprattutto della massiccia domanda cinese. I prezzi del minerale ferroso, in un anno, sono più che raddoppiati, passando dai 64 dollari la tonnellata di aprile 2009 agli attuali 130. Kerkhoff, a tal proposito, sottolinea l’anomalia per la quale in un’economia fortemente indebolita, le quotazioni delle materie prime, in luogo di diminuire, hanno invece registrato ripetuti rialzi.
Secondo gli ultimi dati ufficiali, a febbraio, le acciaierie tedesche hanno ottenuto un output di acciaio grezzo, pari a 3,42 milioni di tonnellate, registrando un calo del 2,8% rispetto a quello di gennaio e un aumento del 34,3% in confronto allo stesso mese dello scorso anno.
Complessivamente nei primi due mesi del 2010 i produttori tedeschi hanno raggiunto un output di acciaio grezzo pari a 6,92 milioni di tonnellate, con un aumento del 32,8% in confronto al periodo gennaio-febbraio 2009. Esattamente questo dato, definito dal Ministro Tremonti “ripresa a intermittenza” a fine marzo in un’intervista alla televisione, è quello che confonde le previsioni, che restano molto negative per alcuni passaggi e invece positive su altri aspetti, non pervenendo ad alcun effettivo punto di chiarezza. Tornando al contesto tedesco, secondo gli operatori, questo tipo di congiuntura riflette un relativo miglioramento della domanda; in ogni caso occorre notare che l’output in questione è inferiore del 9% rispetto al volume medio delle produzione mensile del periodo 2000-2008.
A gennaio la Germania ha prodotto 2,83 milioni di tonnellate di laminati, con un aumento del 40,6% rispetto allo stesso mese del 2009. Il dato in questione comprende 1,96 milioni di prodotti piani (+58,1%) e 879.000 tonnellate di lunghi (+12,9%).

Quando i conti non tornano: approfondendo le linee di tendenza

Stando ai dati diffusi dalla VDA (l’associazione tedesca dei costruttori di automobili), nel mese di febbraio la Germania ha prodotto 443.200 automobili (+49% rispetto allo stesso periodo del 2009 e +22,2% su gennaio), le nuove immatricolazioni sono state 194.800 (-30% e -23%), mentre l’export ha raggiunto 337.600 unità (+57% e +37,6%).
Spostando l’ottica sul primo bimestre del 2010, e sapendo quanto l’automotive sia importante per l’intero settore degli stampi e del commercio di materiali non ferrosi, l’output tedesco di auto ha totalizzato 820.200 unità (+35% in confronto al medesimo arco di tempo dello scorso anno), l’export ha raggiunto 621.400 unità (+42%) e le nuove immatricolazioni 375.989 unità (-20%).
Non va meglio in Francia ma in questo caso considerando la siderurgia. In base alle statistiche rilasciate dal Ministero dell’Economia, della Finanza e dell’Industria francese, nello scorso mese di gennaio il paese ha esportato acciai e ferroleghe per un valore complessivo di 693,63 milioni di euro, registrando un calo dello 0,7% rispetto al medesimo periodo del 2009. Tali materiali sono all’ottavo posto nella classifica dei prodotti esportati dalla Francia nel periodo in questione.
Sulle tendenze francesi ecco alcuni dettagli: le vendite all’estero di tubi e tubolari hanno totalizzato 96,79 milioni di euro (-37,9% su gennaio dello scorso anno), quelle di barre laminate a freddo 19,76 milioni (-15,1%), quelle di nastri laminati a freddo 35,72 milioni (-21,2%), quelle di filo trafilato a freddo 20,76 milioni (-11,9%) e quelle di acciai strutturali 39,52 milioni di euro (-10%).
Sempre nel primo mese del 2010, la Francia ha importato acciai e ferroleghe per 651,11 milioni (-4,2%) su base annua. Gli acquisti dall’estero di tubi e tubolari hanno totalizzato 91,65 milioni (-17,5% su gennaio 2009), quelle di barre laminate a freddo 19,82 milioni (-29,8%), quelle di nastri laminati a freddo 38,18 milioni (-2,7%), quelle di filo trafilato a freddo 24,6 milioni (-2,3%) e quelle di acciai strutturali 79,98 milioni (-8,8%).

Le tendenze delle materie prime
Acciaio
In termini di valore il prezzo dell’acciaio era 2 anni fa, quindi nel 2008 pari a 1.035 dollari la tonnellata. Il 18 marzo quota invece 480 quando al 4 febbraio 2010 era 460 dollari (vedi precedente rapporto STAMPI). Abbiamo qui due dati diversi e contrastanti. In senso assoluto l’acciaio è sceso “precipitosamente” in 2 anni, mentre nell’ultimo mese si è apprezzato del 4% Come sempre abbiamo volti diversi per affrontare la stessa tendenza.
Quali saranno gli scenari futuri dell’acciaio? Ad oggi non è possibile dirlo perché:

– si è aperta una stagione al rialzo su euro del dollaro, il quale dovrebbe produrre un contemporaneo calo delle materie prime (però questo parallelismo non è scontato);

– in ambito di “rottura del mercato” c’è da segnalare la non assurda ipotesi di un’uscita della Germania dall’area euro. Non potendo ottenere che la Grecia esca dall’euro, si ritirerebbe la Germania. Questa novità è in grado d’affossare la moneta unica. Al posto dell’euro resterebbe solo il dollaro;

– le grandi compagnie d’estrazione del ferro, australiana e brasiliana, hanno incautamente chiesto di aumentare i prezzi delle forniture dal 31 marzo, senza una effettiva necessità aziendale nella quadrature dei loro conti, provocando così quella che si definisce la “rottura del mercato”, ovvero il mancato incontro tra la domanda e l’offerta. Sostanzialmente, i prezzi della materia prima, anziché calare, aumentano “arrogantemente”. Ovviamente si può chiedere un prezzo più alto, ma chi lo compra? Forse le acciaierie potranno anche farlo, ma i consumatori finali non sembrano affatto intenzionati ad accettare aumenti minimi del 55% dell’acciaio.
In conclusione con questi grandi movimenti in atto, si può pensare che l’acciaio cresca come prezzo, perché “vittima” d’incrementi di prezzo da parte dei produttori, ma sull’effettivo mantenimento di questo rialzo, ci sono tanti e troppi dubbi. Ne consegue che conviene comprare solo la materia prima strettamente necessaria, riducendo le scorte.

Alluminio
In termini di valore il prezzo dell’alluminio era 6 anni fa, quindi nel 2004, pari a 1.663,5 dollari la tonnellata, quando al 16 marzo 2010 quota 2.200 dollari. L’apprezzamento nel corso di questi 6 anni è stato pari al 32% e del 5% su singolo anno. Il precedente incremento, registrato nel rapporto STAMPI a febbraio 2010, fu pari al 25,24% nei sei anni e del 4,20% per anno, il che indica un deciso incremento nei prezzi anche per questo metallo, oltre l’acciaio. Il 2 febbraio l’alluminio costava 2.086 dollari la tonnellata.
Non a caso si è aperto questo rapporto riferendosi al protezionismo come uno dei mezzi per difendersi dalla crisi. Attualmente in ambito UE ci si chiede se mantenere i dazi sull’alluminio. La proposta italiana, di fonte governativa e sostenuta dall’Assofermet è di smantellarli, perché produrrebbero 60 milioni di euro di risparmi. E’ vero, gli risponde l’Oea (l’associazione di refiners e remelters d’alluminio europei) di concerto con l’Eaa (industria europea dell’alluminio) ma questo “risparmio” provocherebbe il licenziamento 10mila addetti del settore in Europa (di cui il 22% in Italia) La situazione si fa delicata perché ci si potrebbe anche chiedere se 10mila disoccupati in più costino quanto 60 milioni di euro in tutta Europa.
Non è scopo di questa rubrica stampi prendere posizione sulla vicenda. Attualmente i dazi sono al 3% sull’alluminio non legato e al 6% per le leghe d’alluminio secondario. La tendenza è di ridurre i dazi dal 6 al 4% sul primario, entro luglio 2012 e se sarà possibile, distinguere senza ombra di dubbio tra primario e secondario. Oggi questa possibilità non c’è, in quanto i due prodotti derivano dallo stesso processo di produzione e non hanno codici doganali diversi.
Concludendo: cresceranno i prezzi dell’alluminio? La tendenza è a un progressivo sgonfiamento dopo un’impennata solo speculativa nel recente autunno-inverno.

Rame
In termini di valore il prezzo del rame era 6 anni fa, quindi nel 2004, pari a 3.007 dollari la tonnellata, mentre al 16 marzo 2010 quota 7.485 dollari. L’apprezzamento è pari al 148,92% nel corso di questi anni, ovvero il 24,82% per singolo anno.
Nel precedente rapporto STAMPI questi stessi dati furono rilevati in un +185,6% nei 6 anni con uno sviluppo del 30,94% annuo. Non ci sono dubbi che il prezzo del rame è avviato verso un ridimensionamento pur se in un mese ha comunque preso 40 dollari la tonnellata passando da 7.485 del 2 febbraio ai 7.485 del 16 marzo. La conclusione è semplice: non comprare il metallo se non per effettive necessità evitando lo stoccaggio in magazzino, in quanto non è credibile un suo ulteriore incremento di prezzo, non potendo il mercato assorbirlo.