L’unico economista e sociologo rimasto a credere nei dazi in un mondo compatto che incita al libero scambio. In effetti il dubbio d’essere dalla parte errata sorge ed anche in forma robusta. La prima conseguenza è stata, da parte mia, di tacere, ascoltare, pensare e ristudiare la dottrina economica dalle fondamenta. Seguendo questo percorso mi sono nuovamente affidato agli studi di John Maynard Keynes, ricerche svolte in più occasioni nel corso degli ultimi 40 anni di ricerca ed analisi ed ora riaperte nuovamente.
Ebbene, è giunta la conferma! Lo stesso Keynes in più occasioni, s’è espresso a favore del dazio sulle importazioni per difendere la forza lavoro e le imprese britanniche. Evviva, non è affatto vero che sono rimasto l’unico economista a credere nei dazi, io sono aderente alla dottrina, gli altri l’hanno dimenticata per avventurarsi nel loro personale punto di vista.
Non desidero qui ribadire le mie tesi a favore del dazio che sono state espresse in più occasioni in questo sito web di studio, al contrario, voglio e devo lasciare spazio al pensiero del fondatore della dottrina economica moderna: Keynes.
Il primo testo da considerare come riferimento ha per titolo “Come uscire dalla crisi” di John Maynard Keynes, prefazione a cura di Pierluigi Sabbatini. In uno studio dal titolo “La congiunta economia”, pubblicato all’interno del testo e datato 1930, Keynes cita testualmente:
- pagina 24: una minore imposizione diretta sui profitti e un aumento della tassazione indiretta sui consumi (ad esempio con dazi fiscali sulle importazioni)….
- pag. 26: La maggior parte dei protezionisti esagera (..) il contributo che misure protezionistiche possano dare….
- pagina 27: non credo che il problema del bilancio possa essere risolto (..) senza una tariffa, in primo luogo sulle entrate derivanti dalle importazioni di beni manufatti. (..) Non sono più un difensore del libero scambio (..) nel vecchio significato del termine libero scambio, cioè nel senso di credere ad un grado elevato di specializzazione e nell’abbandono d’ogni industria, al momento incapace di reggersi sulle sue gambe: in presenza di salari rigidi, questa sarebbe una dottrina straordinariamente pericolosa da seguire.
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