L’ostinazione ad essere disoccupati è il vero dramma di chi vive questa condizione

Ostinazione ad essere disoccupati. E’ vero. Potrebbe apparire come una contraddizione in termini ma accade spesso. Ho avuto la fortuna d’essere accolto in un gruppo di disoccupati dove abbiamo discusso di strategie lavorative. I disoccupati “mi piacciono” perché sono, per me, la parte più viva e sofferente della società. Privati quasi di tutto, in alcuni casi anche della dignità, cercano disperatamente di resistere.

La disoccupazione è soprattutto il frutto della globalizzazione (vedi delocalizzazione). 

Oltre alle considerazioni generali e di fondo che possono colpire chiunque, qui il tema è diverso. Ho notato, non in tutti, che la sofferenza alla disoccupazione è bastarda. Vuol dire arroccamento, in pratica chiusura per difesa. Capita spesso d’incontrare persone disoccupate molto degne, sensibili e profonde, che non reagiscono. O meglio, reagisco eccome! Pretendono gli sia data una soluzione, che non gli sta bene e contestano. In pratica restano timidi e titubanti, bloccati. E’ il classico caso dell’ostinazione ad essere disoccupati.

Questa trappola all’ostinazione è drammatica quanto crudele. Il vero problema per il disoccupato è rompere le sue stesse resistenze. 

In condizioni di dramma umano come queste, le società di ricerca personale sono inutili. Viene sempre in mente il pessimo servizio alla Nazione che svolge la società di ricerca personale Michael Page. Quest’impresa, si ricorda, non seleziona nessuno over 35 anni per le posizioni di manager. Oggettivamente la crisi del sistema economico, nasce da questi atteggiamenti. Prosegue, ancora, con le dichiarazioni del Capo della Confindustria a “Porta a Porta”, contrarie al voto dei dipendenti dell’Alitalia. La crisi della democrazia è ora totale. Si comprende che imputare alla Confindustria, il mancato controllo su atteggiamenti devianti, come quelli adottati dalla Michael Page, è il minimo.

Torniamo all’ostinazione ad essere disoccupati. Come se ne esce? Serve un processo educativo di tutoraggio. I corsi di formazione rendono poco. In realtà serve la figura del tutor che individualmente agisca. In questo modo si porta il disoccupato “a fare”. La formazione sulla disoccupazione non rende, è un errore. Va al contrario assicurato al singolo disoccupato un tutor che “gli faccia fare” delle azioni di reazione. Ho notato anche degli errori gravissimi nella formazione ai disoccupati.

Il personale docente non ha capito la metodica educativa a un adulto. Mentre al ragazzino si parte dal particolare per raggiungere il quadro d’insieme. Con l’adulto si deve usare la procedura inversa. Dal generale al dettaglio. Ad esempio, un corso di contabilità. Non si parte, con gli adulti, dalla prima nota ma dal bilancio! Non solo, ma leggere e commentare in classe un testo, è l’errore mortale che spesso commette un docente, in questo tipo di formazione. Servono idee nuove nella formazione e tutoraggio alla disoccupazione.