La crisi delle istituzioni in Italia è più grave di quanto immaginato. Tra i più segnali emerge la vicenda della legge elettorale.

Varata da Camera e Sanato, controfirmata dal Capo dello Stato, si scopre ora non adeguata.

Nel mare d’errori commessi, potrebbe anche essere, ma cosa ha fatto l’ultimo governo in 1000 giorni?

La legge elettorale è un’alchimia matematica per tradurre in rappresentatività il voto dagli elettori. Concettualmente dovrebbe essere semplice: chi è più votato vince. In realtà non è facile perchè vanno tutelate le minoranze. Anche questo è progresso. In questo studio non voglio entrare nel merito della tipologia della formula adottata. Mi fido della politica e affido all’istituto della fiducia. Forse non sono il solo. Votato un certo partito e assicuratomi che sia in Parlamento, faccia il suo lavoro. Quanto qui scritto, pur tralasciando i diversi modi per votare, resta particolarmente sconcertato da un altro fatto. Camera e Senato hanno lavorato e prodotto una legge. Bene! è il loro servizio alla Repubblica. In questo servizio con diritto a pensione in 4 anni, 6 mesi e 1 giorno, è stata anche varata una certa legge elettorale. Questa norma ha quindi ricevuto la firma del Capo dello Stato. Il Ministro della Giustizia ha infine recepito la legge nell’ordinamento giuridico dello Stato. Fin qui tutto regolare.

In occasione della crisi di governo renzi (quello non votato da nessuno) si scopre che non c’è una legge elettorale adeguata. Per lo meno, esiste ma, seppur mai applicata, è considerata non adeguata. Tradotto in termini più chiari la legge c’è ma non si può applicare. La domanda ora si trasforma in: perchè è stata votata? Non solo, se è vero che tale legge elettorale non sia valida, perchè in ben 1000 giorni il governo non ha agito? Eppure quest’ultimo “governo” ha fatto della riforma e innovazione la sua bandiera!

La vicenda è triste cogliendo impreparato l’intero apparato di vertice.

Non solo abbiamo 2 camere che hanno lavorato per produrre una legge non applicabile.

Per di più c’è anche il peso dell’inadeguatezza del governo e della Presidenza della Repubblica.

La povertà dei massimi vertici istituzionali italiani emerge così.

Forse non è più tempo solo di voto ma anche di dimissioni.