Le grandi perdite sia d’uomini sia di materiale bellico si determinano nella fase di ritirata, non nel mantenimento del fronte guardando in faccia il nemico. Giunti alla conclusione dello studio di due libri dedicati il primo alla Guerra dei sei giorni del 1967 e l’altro alla campagna dello Yom Kippur del 1973 emerge con chiarezza la prova di quanto affermato.
Di fronte a perdite israeliane per 350 uomini e 12.000 egiziane nel 1973 il dislivello è così elevato da non poter essere comparato. Dati similari sono stati registrati nel confronto tra Israele ed esercito siriano. Analizzando nel dettaglio le cause del disastro arabo si registrano ordini di ritirata pur avendo l’80% delle forze operative ed attive non ancora toccate dagli scontri! Questo dato è lampante per gli egiziani e similare per i siriani.
Si nota anche un altro dettaglio importante: gli ufficiali egiziani, siriani e giordani sono stati i primi ad abbandonare il campo sotto attacco israeliano lasciando i loro soldati a combattere e morire. Un dettaglio di questo tipo e gravità va spiegato. Gli arabi hanno considerato la carriera militare come un trampolino di lancio per quella politica, ne consegue che è mancato, nelle forze armate arabe, un corpo d’Ufficiali serio e professionalmente preparato. Mentre i soldati arabi sono morti combattendo, normalmente, venivano privati dell’azione d’indirizzo e comando.
Questo dettaglio spiega come le guerre si vincono certamente con i mezzi, ma in particolare con la direzione (il comando).
Sulla carta tutti gli eserciti arabi riuniti godevano del triplo di forze rispetto a quelle a disposizione dell’esercito israeliano, ma sono miseramente stati sconfitti con disonore.
Concludendo:
- non bastano i mezzi per battersi, serve determinazione e un comando adeguato;
- la ritirata espone gli uomini alle perdite peggiori: conviene mantenere le posizioni e battersi fino alla fine;
- impressiona il TOTALE silenzio arabo come studi e pubblicazioni sulle guerre arabo-israeliane come se nulla abbiano da scrivere e riflettere in tema.
Le grandi perdite della cultura giacciono nel silenzio.