La crisi di Agadir del 1911

Premessa

E’ difficile discutere di questa terza tappa in una specie di via crucis, per giungere allo scoppio della Prima guerra mondiale perché stavolta la stupidità, assume dimensioni d’ampio respiro. La storia è piuttosto banale: la Germania ambisce a un ruolo coloniale che al momento non ha e vorrebbe avere. Per raggiungere questo status di potenza, non ricerca nuovi territori, ma desidera porre in discussione quelli già inseriti negli interessi nazionali europei. In pratica, si replica quanto accade all’asilo, tra bimbi, contendendosi un giocattolo. Il guaio è che qui le persone dovrebbero essere al massimo dell’espressività culturale dell’epoca. L’autore del libro “1914” così si esprime a pagina 507: Nessuno aveva soppesato le possibili conseguenze di un simile gesto, né si era domandato come la Germania avrebbe fatto fronte alle reazioni degli altri paesi. A quanto sembra la decisione è stata presa estemporaneamente un pomeriggio come tanti e ufficializzata nel gito di poche ore. Nessuno si è curato di prendere informazioni sulle condizioni a terra, sulle possibilità di ancoraggio e cose del genere. Come stupirsi che adesso, costretti a fare i conti con le difficili ripercussioni politiche di quella missione, non sappiamo che pesci pigliare?

La crisi di Agadir, 1911

Il 1° luglio 1911 una modesta cannoniera tedesca, la Panther, getta l’ancora nella baia di Agadir, in Marocco, per tutelare gli interessi della Germania in quel paese. Peccato che il Marocco fosse già, di fatto, sotto la tutela francese e questo dalla conferenza di Algeciras del 1906. Si apre un grande contenzioso tra la Francia e la Germania che si risolverà il 4 novembre, dello stesso anno, con una compensazione di territori africani nel bacino del Congo a favore dei tedeschi. Non solo ma c’è anche un’altra conseguenza: i francesi percepiscono il loro comportamento come vittorioso sui tedeschi, inacidendo i rapporti tra i due paesi con innegabili riflessi sulla stampa e le rispettive opinioni pubbliche.

La voglia di guerra

La crisi internazionale si va a collocare in una congiuntura economica non favorevole. Le economie europee erano in procinto di scivolare verso la recessione, gli scioperi erano diventati sia selvaggi sia numerosi e il bisogno di rallentare la corsa al riarmo navale tra Germania e Gran Bretagna, era ormai una priorità, subendo entrambi un eccessivo drenaggio di fondi, altrimenti destinati alla tenuta e compattezza sociale. Nonostante ciò, questa crisi come già per quella di Tangeri e per la Bosnia, porta le Cancellerie d’Europa a parlare nuovamente di guerra considerata come una seria opzione. Questa “voglia di guerra” cova sia nel corpo diplomatico francese (gli uomini del Quai d’Orsay, profondamente ostili alla Germania non di meno dei colleghi inglesi) che ovviamente nel governo stesso, che pur essendo della III° Repubblica (particolarmente instabile) contribuisce a complicare il momento in forme irreparabili. Ad esempio, il Ministro degli esteri francese, in carica solo per complessivi 4 mesi, non solo spinge per l’occupazione militare della capitale marocchina, la città di Fez, ma annulla ogni trattato di collaborazione con la Germania sul Marocco già faticosamente stipulato! Si trattava d’accordi per costruire insieme una linea ferroviaria e di cooperazione economica.

crisi

La sorpresa

In questa “follia” generalizzata tra l’immaturità tedesca e l’eccessiva reattività francese, s’inserisce l’opinione pubblica come elemento nuovo e isterico. Da quel momento in poi le Cancellerie d’Europa avranno a che fare con un soggetto nuovo senza saperlo gestire. Nasce da qui l’inadeguatezza dei governi liberali nel dirigere società democratiche e una contemporanea genuina spinta sociale alla guerra, da parte delle masse, per scardinare un sistema ormai obsoleto. Ovviamente l’opinione pubblica esprime solo la punta del malessere sociale. In tutta Europa e quindi anche in Germania dal 1912, i partiti socialisti e popolari crescono in forma esponenziale, creando nuovi problemi a una classe dirigente impreparata.

La rivoluzione in Russia nel 1905 aveva già espresso un bisogno di “nuovo” che lo Zar non seppe recepire e in Gran Bretagna il disagio sociale aveva ormai un nome: sciopero. Non solo, ma sempre in Inghilterra il movimento delle “suffragette” (femministe) ebbe un ruolo importante nel ripensare al rapporto sociale tra uomo e donna spingendo alla modifica di costumi sociali.

Il bisogno di chiudere la contesa navale

Finalmente in quel periodo, sia gli inglesi che i tedeschi si resero conto dei costi reali per allestire una flotta da battaglia. Il parlamento britannico esortò Grey, capo della diplomazia inglese a ricercare un accordo con i tedeschi e altrettanto fece il Cancelliere Bethmann, da parte tedesca, ma non si giunse a nulla, sia per la crisi di Agadir, che strinse ancora di più gli inglesi ai francesi, che per un famoso discorso di Grey pronunciato alla Mansion House il 21 luglio di quel 1911: ebbene io vi dico, signori, che una pace acquistata a quel prezzo sarebbe un’umiliazione per un grande Paese come il nostro. Sono bastati appena 20 giorni, dall’arrivo della Panther nella baia di Agadir, per pensare alla guerra tanto da farne discorsi pubblici e motivo d’influenza verso le opinioni pubbliche. L’autore del libro scrive a pagina 513: In Germania si parlò seriamente di guerra preventiva e sembra che perfino Bethmann ritenne che una guerra avrebbe fatto bene alla popolazione.

marocchina

 

La conclusione

Tutti gli europei, compresi gli stessi governi, erano ormai pronti ad accettare la guerra come una possibilità. L’Inghilterra aveva piacere a sottolineare di non aver stipulato alcun accordo con la Francia, ma dal 1912 i colloqui militari tra i due paesi furono ufficializzati e resi pubblici al Governo. Il Generale inglese Henry Wilson proseguì le sue passeggiate in Francia, rassicurando i francesi contro la Germania e addirittura nel 1913 le marine francesi e inglesi si coordinarono in aree d’influenza: il Mediterraneo ai francesi e la Manica sotto controllo britannico.

I tedeschi s’impegnarono nell’apertura del canale di Kiel (operativo dal 24 giugno 1914) per consentire alla flotta il transito dal Mare del Nord al Baltico.

Nel fermento di questa vicenda l’Italia, nell’autunno di quel 1911 attaccò l’Impero Ottomano per ottenere un posto al sole in Libia. In se per se l’aggressione italiana rientra in un atto di semplice politica coloniale, ma così non fu perché diede adito e motivo, nei Balcani, a un’aperta ribellione contro l’Impero Ottomano attraverso le guerre balcaniche del 1912 e 1913.