La riconoscibilità della persona all’interno di un gruppo di pari è un evento che ha una data d’inizio ben precisa senza appartenere a tutta l’intera Storia dell’umanità. La rottura del vecchio schema autoritario condusse, nel 18° secolo e solo nel mondo occidentale, alla sostituzione tra titoli nobiliari e nome della persona ai fini della riconoscibilità.

Il nome di battesimo con cui si viene chiamati ha assunto, da quel periodo in poi, un significato sempre più grande fino al bisogno esagerato d’apparire dell’era globalizzata e post-globalizzata.

Sono trecento anni che la riconoscibilità prima, poi la personalità umana (questa a partire dagli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento) infine l’apparire (dalla fine degli anni Sessanta in poi, sempre qui in Occidente) definiscono l’agire occidentale.

E’ palese che l’apparire è qui considerato come la fase patologica della riconoscibilità.

L’autore di riferimento in argomento è Charles Taylor (1931, canadese, vivente) che ha pubblicato nel 1992 La politica del riconoscimento.

Ovviamente la riflessione partì dagli studi di Thomas Hobbes (1588 – 1679) autore nel 1651 del famoso Leviatano intravedendo un uomo che cercava negli altri la considerazione sociale di cui necessita.

Il pensiero fu portato avanti successivamente da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) con una spiccata capacità rivoluzionaria perchè nella riconoscibilità (necessaria nella società civile) intravide la disuguaglianza. Sono passi indicati nel libro Contratto sociale del 1762.

Non si sottrasse dal ragionamento Adam Smith (1723-1790) con la sua Teoria de sentimenti morali del 1759 dove a differenza di Rousseau, considerò la compassione come un’opzione possibile, ma non obbligatoria. Per il filosofo svizzero, invece, doveva appartenere all’agenda di Governo.

Smith tradusse la riconoscibilità come “simpatia” e affiatamento verso gli altri; una sorta d’unione empatica. Da tale riconoscibilità sarebbe emersa la compassione quella stessa che Rousseau avrebbe voluto come virtù repubblicana (concetto già enunciato ma che si vuole ancora ribadire).

Proseguì la riflessione Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) con Fenomenologia dello spirito del 1807 per cui la riconoscibilità dell’altro ci consente l’entrata “in società” pur dovendo soggiacere alla sue regole di rappresentatività.

Lo studio prosegue in altro intervento.