La gravidanza, quale atto di generazione di una vita nuova e culmine dell’evento erotico di coppia coniugata, va spiegato nuovamente alle giovani generazioni perchè ne hanno perso il senso e significato.

Si perviene al bisogno di procreare una nuova vita, quando si ama talmente l’altra persona che se ne desidera una miniatura d’accudire e far crescere.

Ecco che il figlio esprime la sintesi di una relazione in evoluzione che si desidera ampliare, allargare e potenziare (infatti si passa da due a tre e spesso a quattro e così via).

Intesa in questo senso la gravidanza deriva direttamente da un bisogno di dare di più al partner, un ancora di più che al momento non si era ancora riusciti a provare, conoscere, dare, chiedere.

E’ palese  che s’arriva alla gravidanza solo “dopo” una profonda conoscenza emotiva che non si limita al solo letto, ma a un insieme di concetti, percezioni, odori, sensazioni, profumi, idee che completano la storia rendendola unica.

Il figlio è un frutto di una serie infinita di dettagli inenarrabili (appunto una storia). La gravidanza rappresenta uno stadio dell’amore a cui s’accede solo dopo aver vissuto questa moltitudine di percezioni, sensazioni, concetti, certezze appena accennate.

Tutto il resto trova il tempo della fretta, del consumo, dell’era globale e informatizzata per cui si vivono più aspetti nello stesso momento senza capirne alcuno.

Sulla precisazione indicata nella prima riga di “coppia sposata” e non convivente, c’è ovviamente da precisare dei concetti che valgono per il contesto italiano, ma non quello internazionale. E’ palese che la patologia omosessuale è tagliata fuori dall’intero ragionamento qui esposto.

Pensare a un figlio significa esporsi per i prossimi 25 anni; un quarto di secolo e a volte anche oltre.

Se non si è sposati vuol dire che non si è maturi per impegnarsi con un partner nei prossimi anni e quindi come progettare un quarto di secolo con chi non sappiamo se rappresenti il nostro futuro?