La Crisi di Luigi Bonanate è finalmente giunto al termine della sua lettura (in realtà studio). Il testo non l’ho apprezzato in quanto non mi ritrovo nel pensiero dell’autore a cui va comunque il ringraziamento per aver scatenato una palestra concettuale nel periodo di studio. Sono stato felicemente costretto a confrontarmi con l’autore su una serie di valutazioni che non apprezzo e concordo.
Lo scrittore è anti-americano mentre io sono filo-americano, inoltre lo scrittore è pure anti-Israele mentre io sono su posizioni apertamente filo-israeliane; in pratica siamo al giorno e la notte.
Il fatto che siamo diametralmente opposti, ha anche generato noia nella lettura, ma non per questo non sono pervenuto alla fine del testo più o meno sopportando un discorso trito e ritrito.
Un passaggio interessante collocato nella penultima pagina del testo (come se fosse una polpetta avvelenata, ma in realtà di grande interesse) è quando viene citato uno studioso, Joshua S. Goldstein (nato nel 1952, vivente, professore emerito di relazioni internazionali). Questo docente ha scritto un libro del 1988 dal titolo: Cicli lunghi; prosperità e guerra nell’epoca moderna, pubblicato dall’Università di Yale. In tal studio l’autore, Goldstein, ha previsto:
- per il periodo 1995-2020 un fase di crescita della produzione;
- tra il 2000 e il 2005 e ancora tra il 2025 e il 2030 un forte aumento di fenomeni di guerra;
- e tra il 2010 e il 2035 un importante aumento dei prezzi (probabilmente un’importante inflazione).
A parte il fatto che la previsione appare molto ma molto realistica (Ucraina-Medio Oriente e Taiwan) il punto non è se “c’azzecca o no” ma quale metodo è stato utilizzato per giungere a queste conclusioni.
Su quest’aspetto non c’è una reale chiarezza nel libro ma solo una citazione dello stesso Goldstein che scrive: ….considero estremamente probabile un ritorno ai modelli precedenti agli anni Trenta del Novecento (rispetto ai quali la seconda guerra mondiale fu un’eccezione), in cui il picco delle grandi guerre si ha alla conclusione del periodo di sviluppo/aumento. Ciò collocherebbe il maggior pericolo di una grande guerra in qualche punto intorno alla decade degli anni 2020.
Il concetto è chiaro, ma il metodo utilizzato per giungere a queste conclusioni nel 1988? Forse l’autore è voluto restare sul generico invitando il lettore alla ricerca che è iniziata motivo per cui va ringraziato; grazie Prof Luigi Bonanate.