Impresa padronale – è tempo d’aprire la mente, it’s time to open our minds

di Giovanni Carlini

impresa padronale

Phoenix – Arizona, Stati Uniti – Fra qualche mese in Italia, forse anche un anno considerando i tempi degli editori, arriverà nelle librerie un nuovo libro: l’impresa padronale, per invitare una generazione d’imprenditori a svecchiare il loro comportamento aziendale. Il testo offre una serie impressionante di piccoli casi elencati non per criticare, ma da evitare.

Tra i molti esempi forniti c’è anche quel difetto delle imprese padronali nel non saper, in genere, comunicare con il mercato se non attraverso comunicati ufficiali, troppe volte corretti, dai quali non emerge la vitalità e intelligenza aziendale, perché ridotti a compiti in classe d’italiano (quando va bene). E’ il caso di quell’azienda meccanica italiana con 140 dipendenti che lancia all’interno e a sue spese, un corso d’italiano per operai immigrati (in realtà assunti 10-15 anni fa e analfabeti, che forse hanno anche acquisito il diritto di cittadinanza) che non vuole far sapere, in giro o mezzo stampa come esempio di civiltà, perché non ama “che si parli di sé”.

Certo in questo caso possono esserci dei profili di responsabilità sulla sicurezza mai approfonditi, per cui le procedure sono state sicuramente impartite a tutti, ma nessuno si è mai posto la domanda se fossero state capite. Oggi chi se ne accorge, in un mare di giustificazioni, preferisce non farlo sapere al mondo, però resta un’incapacità di fondo dell’azienda padronale a dialogare in una società globalizzata.

Ci sono altri 2 casi interessanti e direttamente qui dagli Usa.
Una certa impresa siderurgica statunitense, dopo ben 2 email e altrettante telefonate, sviluppate nell’arco di 10 giorni, per chiedere un’intervista; non risponde.

Un’altra azienda leader del mercato, quindi di successo, ma padronale, consente come unico accesso ai clienti il sito web attraverso il customer service. In questo caso non si richiedeva un’intervista, ma portare all’attenzione della proprietà una proposta commerciale per essere sinergici tra gli Stati Uniti e l’Italia. Ebbene il customer service non ha rilasciato alcun indirizzo o numero telefonico della sede centrale, “assumendosi la responsabilità” d’aver interdetto l’inoltro dell’offerta che ora seguirà comunque il suo corso per posta ordinaria, ma con un grande e grave disappunto della controparte italiana, che si sta guardando altrove.

E’ sufficiente una mancata intervista, il rifiuto a ricevere proposte d’affari o il celarsi  alle lodevoli azioni di civiltà di un’impresa, per aprire un dibattito sull’inadeguatezza delle aziende padronali nel comunicare con il mercato globale? C’è sicuramente di peggio, ma questo è solo l’antipasto per aprire un dibattito. 

Procediamo per gradi.

La “non risposta è una risposta” (il caso dell’impresa siderurgica americana). Perché rigettare un’intervista che in fondo corrisponde a una velata manovra pubblicitaria?

Qui va fatto un distinguo. Fermo restando che le interviste dovrebbero essere sempre rilasciate perché concedono visibilità in un mondo dove l’immagine è business, certamente non conviene perdere quelle opportunità dove, rispondendo è possibile offrire idee e punti di vista aziendali tali che se letti, aprano a successivi contatti d’affari.

In pratica l’intervista, se svolta in forma professionale non è solo una risposta a domande, ma il lancio di un messaggio aziendale al mondo degli operatori, per aprire prospettive non ancora concrete. Ecco perché perdere un’intervista è uno spreco immane.

Diversa e più grave è l’analisi di quell’impresa padronale statunitense, completamente chiusa a ogni confronto. Che le idee nascano solo quando tutto è ordinato e prescritto seguendo gli standard? L’inadeguatezza di questa impresa, che non vuole neppure ricevere proposte commerciali, si scontra con il suo successo: come fa ad essere leader sul mercato ed essere così chiusa?

Si apre una riflessione difficilissima: tra l’immaturità e il successo negli affari; c’è una relazione?

Apparentemente i due aspetti sembrano scollegati, ma si potrebbe anche pensare che è in atto una severa selezione sul mercato e che l’impresa padronale è un modello d’impresa in attività da generazioni, 30-50 anni, ancora al suo modello originario o a lenta trasformazione, mentre la società globale è in azione appena da una quindicina d’anni e solo adesso sta iniziando a selezionare gli operatori. Quindi la cultura della non risposta, potrebbe rappresentare l’onda lunga di una vecchia impostazione al tramonto, per aziende destinate o a scomparire o trasformarsi. Concludendo, la relazione tra capacità ed eleganza negli affari con successo, è confermata, esiste ed è garanzia di continuità nel tempo.

Il successo aziendale ottenuto nel passato e ancora goduto dai figli, che hanno ereditato l’ impresa padronale, rappresenta una cambiale in bianco nella naturale selezione, un credito o un pieno di benzina che prima o poi, terminando, lascia l’auto o di fronte a un distributore di benzina (caso fortunato) oppure in un parcheggio coperto (va ancora bene) oppure, in mezzo a un deserto (è un dramma).

L’impresa padronale sarebbe una ricchezza per la Nazione se si aggiornasse e diventasse una vera impresa di mercato, lontana dalla lottizzazione familiare dei posti di responsabilità. Nell’impresa padronale la responsabilità è spesso in mano ad emeriti incompetenti, che hanno il solo merito d’essere parenti dell’imprenditore; è come farsi operare da un personaggio che non è neppure infermiere, chi lo farebbe?

Ecco perchè le aziende falliscono con maggiore facilità rispetto al passato.