Kennedy il mito.

Kennedy; un mito! Ancora oggi affascinano le sue parole; perché?

L’accattivante immagine di successo (marketing) applicata nel campo politico, nasce con il 35° Presidente degli Stati Uniti.

Un sorriso coinvolgente, il viso pulito, una moglie da prima pagina sulle copertine delle riviste femminili, discorsi più brevi e l’uso di frasi ad effetto. Sono tutti aspetti che s’impongono nel panorama politico statunitense e quindi mondiale.

Difficile non ricordare la mitica frase: ….non pensate a quello che l’America farà per voi, ma a quanto Voi siete capaci di fare per l’America.

Il marketing segue a ruota. Prima di John F. Kennedy ci sono stati diversi grandi presidenti che hanno svolto un programma politico sapendolo anche esprimere.

Il riferimento corre a Abramo Lincoln e a Delano Roosevelt. Noti sono i discorsi di Roosevelt, alla radio, la domenica mattina, dal camino della stanza ovale alla Casa Bianca a un’America stordita dalla Grande Depressione.

Kennedy brilla, al contrario, per aver svolto molto poco del suo programma politico, ma per essere stato capace di lanciare un modo nuovo di pensare. 

Martin Luther King si era già permesso di dire: I have a dream, nell’agosto del 1963, lo stesso anno della morte di Kennedy. Grazie al lancio di una nuova sensibilità sociali, l’America si trasformerà grazie alle riforme attuate dal successore di Kennedy, Lyndon Johnson.

Fu proprio questi, ormai presidente, ad annunciare all’Ohio University, un grande progetto (The Great Society) frutto di quelle iniziative già bloccate dal progetto politico kennedyano, noto come La Nuova Frontiera. Il Presidente Kennedy si conferma in questo modo come un grande ispiratore, ricco di carisma però a bilancio zero, ovvero privo di “cose fatte” da presentare all’elettorato.

Un fatto di questo genere è fenomenale!

Nella storia non si contano altri eventi di questo tipo. Cosa fa la differenza? Può solo l’uso sapiente del marketing essere così potente?

Indubbiamente La Nuova Frontiera aveva una sua sostanza benché inespressa.

Allungando lo sguardo in termini storici, dal 1963 non è particolarmente difficile giungere al 1968, passando dal politico al sociale.

Dare la paternità del movimento di rivolta studentesco al Presidente Kennedy è qualcosa che non è mai stato pensato e scritto. Va però osservato come gli stessi caratteri d’indefinitezza del 1968 sono caratteristici della Presidenza Kennedy; ovvero principi e idee.

Nella storia sociale dell’uomo (dalla Magna Grecia al 1968) l’emerge di movimenti collettivi era stato spiegato come effetto diretto di conflitti o disfunzioni del sistema sociale. Solitamente qualcosa da considerare anomalo. La e le contestazioni iniziate nel 1968, cambiano completamente il panorama sociale e politico. Da allora ad oggi, il mutamento sociale diventa uno dei fattori più potenti e ricorrenti della modernità. 

Tutta la contestazione di quel periodo non conseguì risultati politici di rilevo, ma ebbe un’enorme influenza sulla nascente opinione pubblica. Le conseguenze furono un’importante crescita dei servizi pubblici, salari e riforme legislative. Come la modernità si era sviluppata, negli ultimi cinque secoli, nel segno della razionalità strumentale, con il 1968 la ragione cercò di coniugarsi con la fantasia e il desiderio. Esattamente le caratteristiche della presidenza Kennedy, in grado di consegnare una sponda istituzionale alla fantasia e al desiderio della società moderna. 

Com’è possibile non amare e appassionarsi a un sogno come questo?

I caratteri di fondo qui esaminati sono il mito, il sogno, l’idea che un qualcosa si possa fare (yes we can) indipendentemente che poi si realizzi effettivamente. Il fascino di quelle gesta incompiute, ma annunciate, che Zygmunt Bauman descrive nel transito dalla società solida a liquida. 

La potenza di un sogno condiviso ha reso possibile la globalizzazione. 

Come negli anni Sessanta “il sogno”, entrando nella vita solida, quella quotidiana, arricchì lo spirito di tutti noi, oggi il suo eccesso la inquina.

È come dire che il vino è buono e fa bene, ma al quarto bicchierino, specie se bianco e fresco, magari frizzantino, bevuto al mare senza cibo, comporta l’inizio della sbornia. Oggi siamo in piena sbornia.

I rapporti d’amore necessitano di maggiore solidità e concretezza, pur arricchiti di fantasia, le carriere aziendali richiedono più anni per crescere prima di raggiungere la dirigenza. Solitamente abbiamo baby dirigenti divenuti tali perché “sognano” o semplicemente figli del proprietario.

Le imprese vogliono atti concreti e meno voli pindarici.

Un recupero degli anni Cinquanta, dove con le pezze al sedere è stata ricostruita un’Italia da quel mucchio di macerie che era negli anni Quaranta è un passaggio indispensabile per amare di più, lavorare meglio e conservare quei valori che ci hanno sfamato.

Evviva il sogno, se innestato sulla solidità d’impegni seri.

Grazie Kennedy per averci destato dal sonno del fare, elevando lo sguardo al cielo e nello spazio, ora però serve un recupero di sostanza. Buon lavoro.