Dove sta andando il mondo?

DELLA SERIE INTERVISTE ESLUSIVE

di Giovanni Carlini

A settembre avremo in Italia un convegno di portata mondiale dedicato al mondo dei garden, dove sarà possibile comprendere le tendenze di questo modo di fare impresa, a cavallo tra due importanti culture: quella agricola e la funzione commerciale.
Per capire come sta evolvendo il mondo dei garden e soprattutto quali sono le grandi sfide alla luce della perdurante crisi, GREEN UP ha intervistato il Presidente e Rappresentante Europea della IGCA, la Signora Sue Allen dal suo ufficio di Londra.

INTERVISTA
Domanda: grazie Signora Allen per aver concesso in esclusiva questa intervista a GREEN UP. Può dirci quanti associati conta nel mondo l’Associazione che rappresenta in Europa in qualità di Presidente?

Sue Allen: la IGCA è l’associazione internazionale dei 1.000 più importanti Garden-Center nel mondo, con sede in Canada (http://www.intgardencentre.org). Questa è strutturata in maniera tale da svolgere un ruolo di piattaforma per assicurare quello scambio reciproco d’esperienze, tra i diversi affiliati. Si tratta di professionisti provenienti da 18 paesi nel ruolo di manager o proprietari d’impresa. Qui però serve fare una precisazione. L’IGCA, a differenza di tutte le altre comunità professionali nel mondo, non è solo costituita da singoli imprenditori, bensì dalle rispettive Associazioni nazionali, apportando in questo modo molta più credibilità e punti di vista, rispetto le visuali che un gruppo, anche se arricchito da un forte numero di professionisti, possa avere.
Entrando più nel dettaglio, se l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America sono rappresentati nella IGCA dalle rispettive Associazioni nazionali di garden center, in altri casi come ad esempio, il Canada e l’Olanda, ci troviamo di fronte a un “ombrello” che le unisce, potendo rappresentare tutti gli aspetti dell’orticoltura dei due paesi.. Quindi non esiste nella IGCA l’Associazione Olandese a se stante, ma una categoria d’interessi comuni che collega più singole realtà nazionali.
Chiarito l’assetto interno della nostra comunità, questa è composta da 15 stati membri che sono: Australia, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Irlanda, Ungheria, Giappone, Polonia, Sud Africa, Spagna, Svizzera, Gran Bretagna e infine gli USA.
Ogni nazione paga una piccola tassa annuale, per partecipare alla vita della IGCA. L’importo del contributo è necessario per coprire le sole spese di gestione e amministrazione dell’Associazione. Attualmente l’onere di seguire nei più dettagli la IGCA è affidato al Canada. L’unica altra entrata proviene dagli introiti per le iscrizioni ai diversi congressi che organizziamo negli Stati membri, che ruotano anno per anno. I fondi così raccolti a carico dell’Associazione nazionale interessata, vengono gestiti per organizzare i simposi. E’ quanto è accaduto nel 2008 in Canada, nel 2009 in Gran Bretagna, nel 2010 in Giappone e accadrà nel 2011 in Italia e 2012 in Germania.
Noi siamo sempre disponibili ad accogliere nuovi stati membri. Attualmente abbiamo delle delegazioni che ancora non hanno formalizzato il loro ingresso a livello di stato e questo riferimento corre alla Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia.

Domanda: quale tipo di politica nella gestione aziendale l’Associazione consiglia ai suoi iscritti per affrontare l’attuale crisi economica mondiale?

Sue Allen: non siamo organizzati con un ufficio centrale di statistica, in grado d’interpretare i dati provenienti dalla congiuntura nazionale, ne tanto meno quella generale e mondiale. La forza della IGCA è nella comunicazione tra associati, che si scambiano informazioni in forma continuativa, ma questo non è un’imposizione; noi abbiamo creato il luogo e l’occasione affinchè tutti possano “dire la loro”. Che poi questo flusso spontaneo e continuo di dati e notizie, sia migliore di un bollettino mensile che spieghi le indicazioni di massima, francamente non so dirlo. Non abbiamo specialisti capaci di tradurre sul piano mondiale o per macroaree, le tendenze del mercato generale per cui in un certo momento, ad esempio, i tulipani sono più convenienti delle rose o delle piante da appartamento. Anche questa è una scelta operativa confidando nelle notizie tra associati.

Domanda: negli ultimi 10 anni come vi siete evoluti a livello d’associazione?

Sue Allen: non è stato facile e ancora non lo è. Comunque il motore di tutto è sempre stato il gusto umano di confrontarsi, raccontandosi le alterne vicende di un lavoro particolare. Gestire un garden non è come se fosse un supermercato o un negozio, qui serve una sensibilità particolare, sia verso la merce che vendiamo (che vive e richiede una relazione con noi) che nei confronti del cliente che è un essere umano e ci chiede anch’esso un contatto. In pratica il nostro imprenditore è un crocevia tra una qualità di prodotti viventi e delle istanze umane (il consumatore) Questo essere “terra di mezzo” tra viventi, cambia la vita. Se tutto ciò è vero, allora necessitiamo di un flusso continuo di relazioni con altri colleghi nel mondo, con cui confrontaci sul professionale e anche a volte in termini personali. Ecco perché esiste e come si è evoluta la IGCA.

Domanda: la globalizzazione ha significato qualcosa per i garden center?

Sue Allen: Il fatto che si siano svolti 52 congressi della IGCA in tutti questi anni, arricchiti da delegati provenienti dal mondo intero, ci ha dimostrato che la competizione tra le industrie nazionali del mondo occidentale, nel contesto globale, sono simili. In pratica, abbiamo più o meno le stesse difficoltà, noi che viviamo in occidente. Una realtà di questo tipo non può che avere riflessi anche nei garden center, relativamente alla gestione del personale, scelta dei prodotti, prezzi e organizzazione dello spazio espositivo. Ad esempio, delle maestranze sud africane sono diverse da quelle statunitensi o italiane, per cui dovremo utilizzare politiche del personale adeguate con costi diversi, che si riflettono infine sui prezzi di vendita. Quindi se mi vuole chiedere come la globalizzazione incide nel nostro settore, la risposta e sul modo stesso di gestire l’attività. Da qui comprenderà quanto lo scambio e il flusso d’informazioni tra noi, sia molto importante per capire e adeguarsi tempestivamente in un mondo che corre più velocemente dei nostri correttivi gestionali.

Domanda: cosa rappresenta l’attuale crisi economico-finanziaria per il mondo dei garden center e se fosse confermata questa influenza in che modo condiziona il lavoro dei florovivaisti?

Sue Allen: Si indubbiamente è presente una forma d’influenza sul mondo del garden da parte dell’attuale crisi economica e finanziaria, perché ogni settore merceologico è connesso con gli altri. Da parte nostra abbiamo notato un calo nei volumi delle vendite in tutto il mondo occidentale, il che ci ha costretti a un adeguamento dell’offerta.
Più o meno non posso dire che i problemi dei florovivaisti tedeschi, siano tanto distanti da quelli olandesi o spagnoli come canadesi, anche se agiscono su spazi espositivi molto diversi tra loro e particolarmente estesi per quest’ultimi che sistematicamente associano la produzione alla vendita. Il nostro congresso annuale rappresenta quell’opportunità d’incontro e confronto per limare e perfezionare le proprie posizioni commerciali, sulla base delle esperienze apportate dalle più delegazioni che non si limitano solo a una relazione, ma consentono un adeguato dibattito.

Domanda: alcuni garden nel mondo occidentale sono falliti per effetto della crisi, cosa consiglia in questo caso l’Associazione?

Sue Allen: si è vero abbiamo subito numerose perdite, ignorarlo è sciocco. Va però detto che la stragrande maggioranza degli operatori, ha prontamente reagito allargando la propria offerta passando dal tradizionale alla formazione degli studenti nelle scuole, alla produzione non solo di piante e fiori, ma anche di frutta e verdura. Abbiamo degli esempi molto forti in tal senso da Denver (Colorado) dove il sistema di “fare garden”, si apre oltre il negozio, per entrare in città (spazi aperti appositamente organizzati nel centro cittadino dal municipio, per la cultura di ortaggi come nelle scuole). Quando l’attività imprenditoriale nella gestione del garden si apre su questi livelli, è praticamente impossibile fallire, perchè ci si basa su più settori specializzati tutti convergenti sul fatturato finale. Concludendo la crisi c’è e morde anche duramente i nostri bilanci, ma sappiamo reagire.

Domanda: quali tipi di prodotti in questo momento sono più ambiti sul mercato del florovivaismo?

Sue Allen: come appena descritto, i nuovi prodotti di punta sono i vegetali coltivati sia nel complesso del garden che nelle scuole o aree-parchi cittadini, con la supervisione della municipalità. Ma non basta. Questa iniziativa non sarebbe completa se non ci fosse anche un’azione di formazione, devoluta a favore sia degli studenti che cittadini (soprattutto della terza età). Pensare al gerden tradizionale, oggi come oggi, quale stile di direzione, sarebbe assolutamente inutile, arcaico e superato come visuale. Produzione, vegetali, formazione sono tre passaggi strategici.
Ovviamente non possiamo tralasciare il tradizionale come bulbi per fiori, piante, alberi e i segmenti commerciali di stagione come il Natale ad esempio, che permangono un ramo d’attività sempre attivo.

Domanda: l’Associazione indirizza gli iscritti verso un certo modello d’organizzazione del garden?

Sue Allen: .per gestire il futuro bisognerà focalizzare la vendita sulla superiore qualità delle piante capaci di spaziare in ogni direzione, quindi sulla pulizia dei garden come spazio per aree giochi e accoglimento delle famiglie, bagni accessibili suddivisi tra famiglie, uomini, donne e mamme con bimbi, accessi per disabili, buone informazioni dai venditori e infine possibilità d’includere altre attività nel garden del tipo ristorazione e bar (vedi l’esperienza IKEA in tal senso)
Per troppo tempo i nostri garden sono stati ospitati in vecchie strutture, con prezzi a buon mercato e parcheggi non adeguati. I nostri competitori sono department stores organizzati su ampi spazi e particolarmente accoglienti, che dettano oggi lo stile di relazione con la clientela.
Sono strutture dotate di un responsabile di marketing, capaci di svolgere una politica del personale, ufficio acquisti e quant’altro mentre i nostri garden non hanno questa cultura, perché ancora incapaci di pensare l’impresa come un’azienda. Poi mi chiede chi fallisce? Ecco detto e fatto. Il garden deve evolversi in una nuova dimensione se vuole sopravvivere. Le ho appena mostrato un esempio di cosa si discute nei nostri convegni.

Domanda: ha un messaggio da inviare a tutta la comunità dei direttori di garden?

Sue Allen: invito tutti ad incontrarci a Bolzano nel prossimo settembre, in particolare ai giovani dirigenti (under 40) sia iscritti che non all’Associazione, per unirci nello studiare nuovo prospettive nella gestione di un garden. Ci interessano i problemi della nostra categoria, la loro pazienza e passione, sia essa concentrata in un garden a conduzione familiare che di più ampie dimensioni. Nella storia della nostra categoria solo la IGCA, nell’ultimo mezzo secolo, è riuscita a garantire un tavolo di riflessione grazie al contributo di singoli, per rendere grande questo mondo.


Miss Sue Allen from London