L’incazzato sociale: una reazione invidiosa verso chi prosegue a vivere

In una società malata di protagonismo dove le persone non discutono tra loro ma abbaiono, la sofferenza, morale come fisica, può diventare motivo di astio sociale. Si configura in questo modo la figura, sociologicamente rilevante, dell’incazzato sociale.

E’ incazzato sociale colui che è arrabbiato con tutti e per tutto. Ovviamente non gli va bene assolutamente nulla. La radice del problema esistenziale è semplice: perché soffro io e non anche gli altri, perché è “toccata” a me?

Gli incazzati sociali sono sempre esistiti. La stessa diffusione dell’AIDS ha ricevuto da questo tipo di personalità un’espansione modello epidemia. Non sono mai stati diffusi specifici studi, perché potrebbero pesantemente colpire la comunità omosessuale, ma è credibile che è proprio nelle patologie di natura sessuale che ci sia la più ampia diffusione del morbo a carattere di vendetta. La logica è semplice: se ha colpito me che soffra anche tu. Pare che quest’abbaglio, con annesso bisogno di vendetta sull’intera società, colpisca principalmente gli uomini rispetto le donne, che godono di una soglia del dolore e di rassegnazione più elevata. Ciò non significa che vada escluso anche il genere femminile da questa rivalsa da vendetta.

Una concentrazione veramente elevata d’incazzati sociali è stata rilevata nell’ambiente del Parkinson italiano. L’Italia è già di per sé un paese “nervoso”, rispetto al resto dell’Occidente. Probabilmente ciò potrebbe essere dovuto alla frantumazione di ogni istituzione nella vita sociale. In termini storici, questa spoliazione di valori condivisi in Italia, sarebbe iniziata quando il fascismo invase lo stato creando un regime. Il precedente, di natura liberale, comunque coinvolse tutti i concittadini scolarizzati. Quello fascista, che sostituì lo Stato liberale diventando appunto regime (identificazione del partito con lo Stato nazionale) raggruppò a sé solo una parte della popolazione.

Non meglio andò con la liberazione, dove ancora una volta lo Stato (casa comune) fu invaso dai partiti. Dal 1946 in poi, quelli che furono italiani fino al 1922, poi frantumati tra fascisti e antifascisti si ruppero ancor di più. Arrivarono i comunisti contro i democristiani, in mezzo i socialisti e a guardare tutti i qualunquisti. Una tale spaccatura ha proseguito la sua azione fino ai tardi anni Ottanta. Ciò che fu “tangentopoli” spazzò via sia i partiti sia i sindacati. Dagli anni Novanta, entrando nell’era della globalizzazione, gli italiani si ritrovarono soli con se stessi. A Dio, cancellata la lettera “D” non restò alto che IO. Fu ed è la vittoria del nichilismo più esacerbato. Oggi gli italiani soffrono d’individualismo cronico.

La cura? Non può essere certamente una cura “individuale”. Servirebbe una politica di riconciliazione nazionale. Questa politica non è ancora possibile perché chi ha veramente cercato di spezzare la Nazione, il partito comunista, non ha ancora saputo svolgere alcuna azione di autocritica. Il PCI, oggi chiamato in altre forme, per quanto spezzato tra nostalgici e nuova generazione resta tuttora un attore della politica nazionale. Dal quadro di patologia sociale appena descritto, non si scorgono elementi di novità. Addirittura l’aver elevato a scelta sociale, una patologia del comportamento sessuale, quale si configura l’omosessualità, indica un’assenza di conciliazione sociale. Le attuali forze politiche responsabili della storica frattura sociale italiana, nel dettaglio la sinistra, sta cercando nuovo elettorato negli immigrati e omosessuali. In un quadro del genere non ci sono ancora spazi di recupero.

Il lettore scuserà l’excursus storico necessario a offrire una chiave di lettura alla frantumazione della personalità nazionale. Questo è in realtà uno studio di sociologia applicata alla sofferenza umana. Nonostante ciò, l’individuazione delle responsabilità è un’azione necessaria, in particolare quando il Paese soffre per una successione di governi non votati liberamente in regime di democrazia (golpe in bianco). Le responsabilità politiche e storiche dei 2 Capi dello Stato che hanno agito in regime di colpo di stato in Italia, dovranno avere i necessari approfondimenti nelle più sedi. Attualmente, in regime di nichilismo acuto, il malato, specie se “maschio”, risponde molto spesso nei termini d’incazzato sociale. Le considerazioni a carattere storico e politico (certamente discutibili) qui emerse, sono necessarie per comprendere la natura dell’incazzato sociale. Anche se si può discutere sul più o meno dell’origine socio-politica descritta, l’incazzato sociale resta un prodotto della storia moderna, vissuto a livello di dramma individuale. Ecco uno dei profili più drammatici dell’intera vicenda: quando la storia entra nella vita privata delle persone.

Sicuramente c’è una responsabilità anche in carico alla globalizzazione. L’incertezza lavorativa è stata, in questi ultimi 16 anni, dal 2000, introdotta nella relazione amorosa e affettiva. Ne è derivato un “disastro sociale” tra separazioni e divorzi. Vedi per questo approfondimento il testo “La sessualità nella società globalizzata”.

Parlare di soluzioni inizia a diventare difficile. Laddove alla crisi dell’amore (come effetto della globalizzazione) è possibile rispondere con una militanza personale e genuina, alla patologia nota come “incazzato sociale” serve, come già detto, una politica nazionale di riconciliazione con le istituzioni. La somma delle due risposte rischia d’essere complessa e anche utopica. Tornando allo specifico, in presenza di una patologia così difficile che fare?

In alcuni casi, per dimostrare ai bimbi come il loro comportamento fosse esagerato, è bastato filmarli e mostrargli la pellicola. Il minore, provando vergogna nel riconoscersi in quegli atteggiamenti, ha cambiato. Potrebbe essere seguita la stessa strategia con un adulto?

Certamente l’incazzato sociale agisce su una frattura inferta alla comunità che può essere ricomposta solo con un atteggiamento evoluto.

Ad esempio seppur è corretto elevare un’obiezione fiscale contro le spese dello Stato nell’incauto accoglimento acritico per l’attuale invasione d’immigrati clandestini, scatenarsi in termini di nervosismo sociale è altrettanto errato. Piuttosto, quando si potrà finalmente votare per un governo della Nazione, l’attuale esecutivo ne pagherà le conseguenze. Questa è democrazia! Ecco che temi di cultura civica si mischiano con la sofferenza individuale creando una patologia sociale.

La patologia sociale è quella che comporta sofferenza individuale come conseguenza di fatti collettivi o addirittura di rilevanza nazionale. La risposta, come emerge da questi appunti, che dovrebbe far capo a una politica di riconciliazione nazionale, resta sempre a carico del privato e del nucleo familiare che accoglie l’incazzato sociale.

Questa conclusione non è in contraddizione con quanto già espresso, perché cerca una soluzione immediata. Del resto “la soluzione-reazione” a un qualcosa di più grande di noi, è il tema ricorrente dell’intero studio.

L’incazzato sociale soffre sempre, a monte, di un insoddisfacente rapporto affettivo. In alternativa potrebbe anche far parte di una buona coppia ma in presenza di altre problematiche: disoccupazione, povertà economica, impotenza fisica e altro. Ne emerge come la soluzione vada ricerca nella gestione-rimozione di questi problemi di fondo, che non permettono un’umana gestione della patologia. La malattia fa parte della vita. Volerla evitare è comprensibile ma inimmaginabile. Amare la vita, anche nella malattia, è la risposta di questo studio.